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La mia su Prometheus. Attenzione, alta concentrazione di spoiler
Creato il 18 settembre 2012 da SaramarmiferoCosa ci fa un cavaliere Jedi sul pianeta Terra? Ah no, è solo l'albino del Codice Da Vinci che ha messo su un bel contorno di muscoli, ah no è un ingegnere alieno che, dopo aver trangugiato una non meglio identificata sbobba nera, inizia a sgretolarsi fino a cadere in una cascata, dove i filamenti del suo dna si spezzano e poi cristallizzano in una nuova spirale, principio della vita. Il prologo del “prologo” di Alien, che come tutti han precisato è molto più che un semplice prequel, è decisamente una figata e, con una raccapricciante scarnificazione datata all'alba dei tempi, promette agli appassionati esplosioni di cervella e interiora, virate splatter che faranno esclamare più di un "bleah". Ad essere cambiata radicalmente, è la portata filosofica di cui Prometheus, fin dal titolo mitologico, si fa carico nel suo ambizioso inseguimento di una antropogonia che molto ha a che fare con Blade Runner e che, volendo fare il verso allo spin-off sullo scontro tra Predator e la creatura di Ridley Scott, potrebbe tradursi in creazionisti versus darwiniani. Parrebbe infatti che il gigante palestrato e la sua per nulla invitante bevanda siano all'origine della nascita della specie umana.
Una coppia di antropologi (Noomi Rapace e Logan Marshall-Green) crede di aver scovato sulle pareti di una caverna la mappa per giungere ai propri creatori, ed organizza una spedizione spaziale finanziata dalla Wayland Corporation. A vegliare sul sonno criogenico dei viaggiatori troviamo il droide David,imbambolato, stile Wall-E con Gene Kelly, davanti al capello color platino di Peter O'Toole in Lawrence d'Arabia, del quale gli sceneggiatori gli faranno pronunciare una serie di citazioni in momenti precisi del plot, in modo che appaiano come suoi caustici commenti allo svolgersi degli eventi. Pur non essendo chiarite, ma soltanto suggerite, le ragioni profonde del suo agire (perchè infetta il compagno della Rapace?), il robot che prende il posto che in Alien fu di Ian Holm è di gran lunga il personaggio più convincente, e questo al di là dell'interpretazione del sempre ottimo Michael Fassbender. Nessuno sembra rendersi conto della gamma di umanissimi sentimenti che si sono fatti strada tra i tessuti meccanici di David, e non per forza nei confronti dei propri creatori l'atteggiamento sarà di gratitudine, come avrà modo di intuire lo spettatore. Il clone col silicio al posto del sangue offre la sponda per un interessante parallelismo tra i quesiti esistenziali che l'uomo vorrebbe sottoporre agli ingegneri e quelli identici che assillano i robot - “perchè secondo lei mi avete creato?” chiede David all'antropologo, mentre gli allunga un letale calice di champagne - entrambi destinati a ricevere una risposta deludente: “perchè ne siamo stati capaci” è la spiegazione data a David, che, laconico, ribatte “pensi che delusione se il suo creatore le rispondesse così”. Più avanti vedremo che la reazione dello Space Jockey cui dobbiamo la vita sarà ben più terribile.
Elucubrazioni filosofiche a parte, lo sport preferito dai critici di Prometheus sembra consistere nel confrontarlo con l'illustre capostipite e, sul metro di questo paragone, misurare pregi e difetti del semi-prequel. Volentieri non mi sottraggo all'inevitabile fatica. Punto di forza di Alien era il restyling della sci-fi, la sua ibridazione, dilatandola con la suspence del thriller, macchiandola con il trash dell'horror, e infine adagiandola negli angusti spazi delle astronavi progettate da Hans Ruedi Giger. Un terrore che si nutre di ombre (c'è sempre qualcosa pronta ad afferrarti nel buio), e di simbologie anatomiche: esseri falliformi e vaginoformi, gravidanze sui generis che fanno leva su una paura ancestrale come quella del concepimento mostruoso, topos operante anche in Rosemary's Baby e nelle maternità extra-uterine di Cronenberg, qui rivisitato dall'auto-cesareo con cui Noomi Rapace dà alla luce un ributtante calamaro assassino, prima di ricucirsi la pancia con una specie di spara-graffette e sortire incolume, ma soprattutto in stato cosciente, dalla capsula medica. In Alien c'era poi la paranoia della minaccia virale, con lo xenoforme assunto per bocca attraverso il face hugger e il feto diventato mostro, che dopo un periodo di incubazione fuoriesce dal grembo dell'organismo ospite sfondandogli il torace. Un predatore extraterrestre tanto più sinistro in quanto non uccide né per difesa né per cibo, ma per moltiplicare le fila della propria specie.
Come giustamente molti hanno notato, l'elemento più fragile di Prometheus si rintraccia dalle parti della scrittura, laddove il principale indiziato sul banco degli imputati è la penna di Lost, Damon Lindelof, che qui, come già nella serie tv, si diverte ad elencare una sfilza biblica di domande, senza darsi poi troppa pena nel fornire le risposte. Manovre da sceneggiatore consumato che prepara il terreno per la probabile futura serializzazione del film o, come denunciano i più, sviste da novellino? Qualche esempio. 1) Il parecchio triste riempitivo sessuale tra il timoniere e l'algidissimo stoccafisso Charlize Theron, nei panni della misteriosa Miss Vickers, che fa il suo ingresso in scena tutta gocciolante e fiera dei suoi bicipiti d'acciaio, del tipo “se te prendo te disfo”, si rende protagonista del colpo di scena più inutile della galassia e poi finisce schiacciata sotto i rottami dell'astronave per un banale errore di calcolo della traiettoria. 2) Imperscrutabili le ragioni dell'ingaggio del troppo giovane Guy Pearce nelle vesti del decrepito Wayland: tutta quella fatica per invecchiarlo, per giunta con risultati assai discutibili, solo per un teaser promozionale destinato al viral marketing del film? Bah. 3) Il personaggio in questione, all'inizio è un deus ex machina che resta occultato, dichiarato morto dal proprio stesso ologramma, poi si scopre vivo, anche se un po' stagionato, a bordo della navicella spaziale, per perire sul finale nel giro di qualche minuto, senza troppi convenevoli. Ari-bah. 4) Dal punto di vista ritmico, il count down dei morti risulta mal dosato, con il cumulo di cadaveri che si alza di colpo quando uno dei geologi alienizzato, o zombieficato fate voi, bussa alla porta dell'astronave e in pochi secondi fa fuori metà equipaggio. Nulla a che vedere con l'Alien di Scott, in cui le uccisioni erano centellinate e ad ognuna veniva dato il giusto peso, in termini di tensione e sangue versato. 5) Poco o per nulla sfruttata la tecnica del far vedere (l'alieno) il meno possibile, adottata dal regista inglese nel primo capitolo della saga e utilizzata anche da Spielbergnel suo Squalo per lasciar cuocere a fuoco lento l'ansia del pubblico. C'è chi obietta che, a dispetto di tante perplessità, visivamente il film sia un vero schianto. Ma per Dio, ci mancherebbe altro! Con tutti i paperdollari iniettati nel progetto, sarebbe stato uno scandalo il contrario, anche se l'uso deludente della stereoscopia nella gran parte dei kolossal fino ad oggi girati fa spezzare una lancia a favore del buon 3D confezionato da Scott. Il tenore della fantascienza si è notevolmente impennato dopo che James Cameron ne ha cambiato i connotati in Avatar. Senza dimenticare che Prometheus ha il vantaggio di potersi dotare dello straordinario immaginario costruito dal genio Giger (con il contributo di Carlo Rambaldi, è giusto ricordarlo) per gli Alien. Un patrimonio genetico di razza, prezioso dna per ogni forma di sequel futura.
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