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In questi ultimi anni la politica e il giornalismo italiano sono ruotati tutti intorno a una grande bugia: la falsa convinzione che Silvio Berlusconi e il berlusconismo fossero maggioranza nel Paese. I numeri, per la verità, hanno sempre detto il contrario. Anche quando Berlusconi era all’apice della sua forza (le elezioni del 2008) mai ha saputo raccogliere il 51 per cento dei consensi. Il Cavaliere si è invece fermato al 37 per cento dei votanti (cosa diversa rispetto agli aventi diritto al voto), per poi perdere seguito ad ogni tornata elettorale. La grande menzogna, però, è stata ripetuta, raccontata, enunciata e analizzata talmente tante volte, da finire per essere presa per vera. Con rassegnazione, e senza necessariamente riferirsi solo al Cavaliere, in molti dicevano che il nostro Paese ha la classe dirigente che si merita. Che una nazione fatta di furbi, di evasori fiscali, di fannulloni, di corrotti e di raccomandati, poteva solo essere rappresentata da Berlusconi e dai suoi vari cloni.
Aggiungo solo che, come spiegato da Grillo qualche giorno fa, nel 2008 il pdl berlusconiano ebbe 4 milioni di voti. Non sono pochi ma non sono la maggioranza degli aventi diritto nè di chi andò a votare.Nel 2009 alle europee il sultano prese circa 2.500.000 preferenze (dopo 15 anni in politica di cui oltre la metà al governo e 30 anni di impero mediatico). Luigi De Magistris dopo pochi mesi di campagna elettorale con l'unico supporto del blog di Grillo ne ottenne 500.000. Un'altra dimostrazione di quello che scrive Gomez.
Ebbene, si sbagliavano. L’Italia era (ed è) un’altra cosa. Gli italiani – sia a destra che a sinistra – sono in maggioranza un popolo straordinario. Fatto di donne e di uomini che si ammazzano (quando ce l’hanno) di lavoro. Che s’impegnano in quasi 500.000 organizzazioni di volontariato. Che vanno all’estero (4 milioni) per riuscire a fare quello che in patria è impossibile. Questo non è (solo) il Paese delle mafie più potenti del mondo, della classe politica più corrotta di tutta l’Europa occidentale. Questo è, invece, il Paese di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino, delle associazioni anti-racket, della Confindustria e dei commercianti che in Sicilia dicono di no al pizzo. È il paese di Giorgio Ambrosoli, di Libero Grassi, di Peppino Impastato, dei giornalisti minacciati in Calabria, dei poliziotti che si pagano da soli la benzina per le loro auto, dei dipendenti pubblici che si portano da casa i computer per far funzionare i loro uffici, degli operai che occupano le fabbriche e salgono sui tetti chiedendo solo di poter lavorare.
Aggiungo che è il paese delle maestre che rinunciano ad un pasto pur di far mangiare un bambino meno abbiente degli altri.
L’Italia, insomma, è molto meglio di chi al Governo e in Parlamento immeritatamente la rappresenta. E in questa domenica di febbraio, grazie alle donne, cominciamo ad accorgercene. Mai prima d’ora si era assistito a manifestazioni tanto imponenti organizzate non dai partiti, ma dalla gente. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza non per moralismo, ma per dignità. Senza odio, senza violenza, hanno detto che loro alla grande bugia non ci stanno più.
Questo è ciò che mi piace, perchè pensavo che la manifestazione fosse il solito pretesto per attaccare il sultano (che dovrebbe cadere perchè non sa governare), invece è stata tutt'altra cosa.
Berlusconi che pure, grazie alla compravendita dei deputati, ha ancora la maggioranza alle Camere, è sempre più minoranza nel Paese. Come dimostrano i vari flop delle manifestazioni organizzate dal Pdl, anche tra chi ha votato il Cavaliere è ormai difficile trovare qualcuno disposto a spendersi per lui. Il Re, non solo metaforicamente, è nudo. Inutile però illudersi. Il presidente del Consiglio non si dimetterà. Non lo farà ora. Per costringerlo a lasciare ci vorranno molti altri 13 febbraio, molte altre piazze, e una finalmente chiara richiesta di elezioni anticipate. Solo così chi in Parlamento milita al fianco di Berlusconi- non per lealtà, ma per interesse – azzarderà due calcoli. E comincerà a capire che reggere il sempre più pesante trono di un vecchio Sultano in agonia non conviene. Perché al momento dell’inevitabile caduta tutta la corte finirà travolta.
Molto interessante il finale poichè Gomez non lascia adito ad alcun facile entusiasmo, com'è giusto che sia. Già oggi leggo su Affari Italiani che il sultano è pronto a dimettersi: impossibile. http://iofuoridalcoro.blogspot.com/feeds/posts/default?alt=rss
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