Né i pescatori né l'estrazione illegale dei
minerali. Non si sa ancora cosa abbia ucciso circa 500 delfini sulle coste
settentrionali del Perù, ma gli esperti escludono l'azione umana. Non sono
stati i pescatori, che magari hanno gettato in mare qualche sostanza tossica,
non sono state le estrazioni illegali dei minerali, una delle piaghe del Perù
contemporaneo, con inquinamento da mercurio o sostanze tossiche nel mare. Eppure
nelle scorse settimane centinaia di cetacei sono morti sulle spiagge del Perù
settentrionale.
Alla fine di gennaio, alcuni ricercatori dell'Instituto del Mar del Perú (IMARPE) hanno realizzato una
spedizione scientifica tra Pimentel, in provincia di Lambayeque e Illescas, in
provincia di Piura, e hanno verificato la morte di almeno 500 cetacei. Alcuni
pescatori da loro contattati hanno confermato che i delfini spesso rimangono
imprigionati nelle loro reti e muoiono, per mancanza di ossigeno (un delfino
può stare sott'acqua per massimo 15 minuti, poi deve risalire in superficie per
respirare). Sulle spiagge i ricercatori hanno trovato circa 400 delfini morti,
da aggiungere a un centinaio trovato nelle scorse settimana. Impossibile attribuire tutte queste morti alle reti dei pescatori. Le prime analisi
scartano gli avvelenamenti per l'attività umana e la ricerca si sta orientando
verso qualche alga tossica, che i delfini hanno ingerito.
La morte massiccia dei delfini sta preoccupando le autorità peruviane: in
questo periodo i cetacei si avvicinano alle coste in cerca dell'anchoveta, di
cui si alimentano, e per la riproduzione. Le morti misteriose, in questa
stagione, potrebbero dunque avere conseguenze catastrofiche.