Mi sta molto meravigliando la superficialità con cui certa stampa ha trattato la protesta silenziosa delle cosiddette “Sentinelle in piedi”, che la settimana scorsa è sfociata in durissime contestazioni e violenze in numerose piazze italiane. Mi sta meravigliando anche il comportamento disarmante di tanti giornalisti che, più o meno in buona fede, sui social network stanno avallando una grande mistificazione: quella che descrive le sentinelle in piedi come delle persone che manifestano contro i diritti civili altrui e contro le quali, dunque, è permessa qualsiasi ingiuria.
Questa è una affermazione che si può accettare da semplici utenti dei social network che non hanno regole da rispettare, non sono tenuti ad informarsi e dunque possono tranquillamente scrivere e commentare in base ai loro convincimenti ideologici (senza però insultare come avviene solitamente), ma non da giornalisti che – ferma restando la possibilità di esprimere liberamente le proprie opinioni – devono informare l’opinione pubblica attenendosi a precise norme deontologiche che impongono di cercare la verità sostanziale dei fatti e di essere leali, sia con i lettori/ascoltatori che con i colleghi. Norme che, è opportuno ricordarlo, valgono anche se un giornalista scrive sui social network.
Se si volesse approfondire l’argomento senza approssimazione si capirebbe che le ragioni sostanziali delle cosiddette “Sentinelle in piedi” sono ampie e articolate. Quanto all’oggetto specifico delle recenti proteste, il famigerato ddl Scalfarotto all’esame del Parlamento (ecco il testo accompagnato dalla relazione), se si va a consultare oltre il testo anche la relazione introduttiva, non è così scontato che persegua solo le effettive discriminazioni, offese e violenze (già di per se punite dalla vigente legislazione italiana) oppure viceversa, grazie all’interpretazione data dai singoli magistrati, possa in qualche modo limitare il diritto di manifestare un’opinione e di affermare liberamente, senza il rischio di esser tacciati di omofobia, che lo Stato deve tutelare la famiglia formata da un uomo e una donna che mettono al mondo dei figli e, per questo, hanno una specifica funzione sociale (sempre più evidente, visto che in Italia non si fanno più figli e la società sta sempre più invecchiando).
Dalla relazione al Ddl Scalfarotto: “La fattispecie delittuosa descritta dalla legge Mancino-Reale è molto chiara e precisa, individuando condotte che vanno ben al di là della semplice manifestazione di un’opinione. Infatti, essa punisce l’istigazione a commettere una discriminazione o una violenza, non mere opinioni, quand’anche esse esprimano un pregiudizio. La differenza tra un mero pregiudizio e una reale discriminazione dipenderà ovviamente dalle condizioni di tempo e di luogo, nel corso delle quali si manifesterà il messaggio, dalle modalità di estrinsecazione del pensiero, da precedenti condotte dell’autore, e così via, in modo da verificare se il fatto si possa ritenere realmente offensivo del bene giuridico protetto“.
Nessuno nega che la società sta cambiando, che ci sono nuove istanze di una parte della popolazione che dovranno essere regolamentate in maniera opportuna e che è necessario combattere qualsiasi forma di violenza e discriminazione. Ma c’è modo e modo di discuterne, soprattutto senza cadere nelle ideologie, nei pregiudizi e nel muro contro muro. Peraltro, esigere che una legge all’esame del Parlamento preveda una fattispecie di reato che sia certa e non sia suscettibile di un’interpretazione discrezionale da parte di chi la applica è una garanzia per tutti. Soprattutto per chi, per mestiere, è tenuto ad informare la gente.
Per questo motivo soprattutto nella trattazione di questi temi sensibili, veri nervi scoperti della nostra società, ad un giornalista è richiesta la massima correttezza e cautela. Bollare con disprezzo e superficialità quella delle cosiddette “Sentinelle in piedi” come una “manifestazione contro i diritti civili altrui”, sia che avvenga su una testata giornalistica che su un profilo facebook, è una grave mistificazione dei fatti che non fa altro che suscitare altro odio e violenza gratuita.
I diritti civili
In Italia i diritti civili sono disciplinati dagli articoli 13 e seguenti della Costituzione, tra i quali spicca l’articolo 21 che disciplina la libertà di opinione e manifestazione di pensiero. A livello europeo, anche la Convenzione dei diritti dell’Uomo mette ai primi posti la libertà di manifestazione del pensiero e tra l’altro, all’articolo 12, prevede il diritto al matrimonio limitandolo però ancora a un uomo e una donna.
I diritti civili possono cambiare, seguono l’evolversi di una società e di tutte le sue istanze, sono spesso frutto di aspre contrapposizioni. È nell’ordine delle cose. Ed è ciò che sta succedendo adesso in Italia e in Europa.
Durante i fatti violenti di domenica scorsa, dunque, l’unico diritto civile effettivamente leso è stato quello di manifestare liberamente il proprio pensiero, garantito espressamente sia dalla Costituzione italiana che dalla Carta Europea dei diritti dell’Uomo. E questo una stampa corretta e non mistificatrice dovrebbe in ogni caso ammetterlo.
Diritti e doveri del giornalista (articolo 2 della legge professionale 69/1963:“E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori”.