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La moneta della discordia

Da Gabriele Damiani
Voglio parlare oggi di un argomento affascinante.I soldi.Chi mi conosce sa che sono un pagano politeista. Il monoteismo non mi si addice. Sono, le monoteiste, religioni che obbligano e vietano, peggio del codice della strada. E poi, nel corso dei secoli, si sono sempre mischiate con la politica, provocando a volte conflitti sanguinosi. Per carità, lasciamole perdere.Le divinità che adoro sono la dea Moneta e la dea Venere. Bacco no, essendo un dio a misura di cocainomani e alcolizzati. Quelli cioè che senza alcol, cocaina e Viagra non batterebbero un chiodo.Negli ultimissimi anni devo però dire che la mia fede nella dea Moneta si è fortemente affievolita. Non che sia divenuto del tutto miscredente. Ma insomma, quasi quasi...Queste mia crisi spirituale non nasce da ragioni astratte, ma da eventi recenti e concreti. Come ogni persona con un minimo di sale in zucca sa e ammette francamente, i soldi danno la felicità. E’ per questo che li amiamo. Senza soldi non si batte un chiodo, per rimanere entro l’ambito della metafora già ricordata. E allora come mai, negli ultimi tre anni, l’euro ha reso infelici tutti fuorché i tedeschi? Non avrebbe dovuto essere uno strumento per realizzare la gioia dell’Europa unita?Sì, avrebbe dovuto.E allora perché succede quello che sta succedendo? Di chi è la colpa?Le più comuni risposte a tali angosciose domande sono di due tipi. C’è chi sostiene che una moneta senza uno stato – e né l’Unione Europea né l’eurozona sono stati – non funziona né può funzionare. A prescindere, per così dire.Altri addebitano i guai odierni al trattato di Maastricht, che vieta alla Banca centrale europea di finanziare gli stati con lo scoperto di tesoreria o acquistando le loro obbligazioni alle aste.Sembrerebbero tesi plausibili e un granello di verità forse ce l’hanno. Però spiegano l’attuale infelicità di sedici stati su diciassette entrati nell’unione monetaria. Non spiegano, infatti, la felicità della Germania.Dunque, se l’euro rende tutti infelici, salvo i tedeschi, la ragione non sta nell’euro in sé, semplice strumento, ma in come lo si è usato. Cerchiamo perciò di capire come l’hanno ben usato i tedeschi e male gli altri.L’aspetto cruciale è uno e uno soltanto. Aderendo alla moneta unica ciascun paese ha rinunciato alla potestà di batter moneta. Cosa ne deriva? Semplice, gli stati privi di sovranità monetaria possono finanziare le proprie spese solo attraverso il prelievo fiscale e il debito pubblico, ma non più stampando moneta.Ciò impone dei vincoli di politica economica ben precisi. Se non si vuol perdere la fiducia dei sottoscrittori delle obbligazioni pubbliche e se si desidera che il flusso delle entrate erariali, a parità di pressione fiscale, si mantenga stabile, è necessario che l’apparato produttivo di un paese venga adeguatamente salvaguardato.La Germania è riuscita a salvaguardare e rafforzare il proprio sistema economico, i paesi dell’Europa mediterranea no.Ebbene, come e perché i tedeschi ci sono riusciti?Be’, hanno bloccato la crescita salariale. Fatti pari a 100 i salari medi tedeschi del 2002, l’indice, calcolato al netto dell’inflazione, dieci anni dopo segnava 98. Lo stesso indice, riferito ai salari italiani, registra per il medesimo periodo una progressione che parte da 100 e arriva a 125. L’artefice di tale scelta fu l’allora cancelliere Gerhard Schröder, un socialista, mica uno sporco servo dei capitalisti.Quale sono gli effetti di un blocco dei salari? Elementare, Watson. Se i salari non salgono si favoriscono i profitti. E il profitto è il motore dell’investimento. Realizzando maggiori profitti le aziende hanno più soldi da spendere in opifici, macchinari e scorte, da destinare all’innovazione dei prodotti, o allo studio e al lancio di nuovi prodotti, nonché all’introduzione di nuovi processi produttivi, al fine di abbassare i costi medi. Grazie a tutto questo l’industria tedesca, anno dopo anno, ha aumentato la propria produttività, ossia il valore della produzione per addetto, diventando più competitiva nei confronti dei concorrenti dell’eurozona. Non a caso i maggiori successi l’export tedesco li ha riscossi giusto nei mercati dell’eurozona, non tanto nel resto del mondo.Gli altri paesi hanno invece seguito un’altra strada. Hanno sostenuto i consumi accrescendo il debito pubblico, sperando che la riduzione dei tassi d’interesse sui loro titoli di stato durasse in eterno.Sostenere i consumi, in un mercato aperto, non va a vantaggio dei soli produttori nazionali. L’accresciuta domanda in parte si rivolge ai mercati esteri, provocando l’aumento delle importazioni. Salari che salgono deprimono inoltre i profitti e gli investimenti, impedendo alla produttività di aumentare. E se la produttività non sale i costi di produzione non si riducono, a discapito delle esportazioni. Insomma, si rivela alla lunga un cattivo affare.Quando nel 2010 è scoppiata la crisi dei debiti sovrani, perché era venuto alla luce che i greci avevano spacciato per veri conti pubblici fasulli, si sono di conseguenza aggravati i dolori di pancia. Il governo della repubblica federale tedesca non si è lasciato sfuggire l’occasione per danneggiare gli apparati produttivi dei suoi concorrenti dell’eurozona, imponendo loro politiche economiche procicliche, giustificando l’amabile consiglio con la necessità e l’obbligo, da parte delle cicale, di risanare le finanze pubbliche dissestate.Non si è però mai visto, nella storia millenaria dell’umanità, che politiche economiche procicliche abbiano risanato alcunché. I tedeschi questo lo sanno bene, avendolo sperimentato sulla propria pelle. Dal 1930 al 1932 l’allora cancelliere Heinrich Brüning, aumentando le tasse e tagliando la spesa, creò sei milioni di disoccupati, spianando la strada a Hitler. Il caporale austriaco, operando in maniera diametralmente opposta, ridusse in tre anni la disoccupazione allo zero per cento.I risultati delle cure propinateci dall’alleato germanico sono strepitosi. Nell’Europa mediterranea la disoccupazione sale a livelli astronomici, mentre in Germania scende come non mai. Deutschland, Deutschland über alles.Capite adesso perché la mia fede nella dea Moneta, giorno per giorno, si sta estinguendo?Sì, è colpa dell’euro.I soldi, diceva uno, bisogna saperli spendere. Noi, mi sa, l’euro l’abbiamo speso male.

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