Sono state modeste le conseguenze del flare della settimana scorsa
di Mario Gatti
Ma com’è poi andata a finire? Insomma, il flare di classe X2.2 di cui abbiamo parlato in un articolo la settimana scorsa non doveva fare sfracelli? Beh, le premesse per qualcosa di serio c’erano, ma di sfracelli non se ne sono visti. C’è stato sì un black-out radio prodotto dagli effetti ionosferici dovuti alla radiazione emessa dal Sole, ma niente di più. A parte qualche bella aurora polare, visibile però solo ad alte latitudini.
Guardi in cielo e vedi 'sta roba. Ma che d'è? (Cortesia: M. Zinkova)
E sì che le speranze per assistere a fenomeni del genere anche dalle nostre parti non erano poi così scarse: il flare aveva una bella energia e ad esso sono state associate due Emissioni Coronali di Massa (CME), entrambe geoeffettive, cioè in “rotta di collisione” con la Terra, come testimoniato dal loro aspetto ad alone (Halo-CME). E allora che cos’è mancato per produrre una bella tempesta magnetica?
Anzitutto la velocità del vento solare e dell’onda d’urto relativa alle emissioni coronali, che si sono mantenute al di sotto del previsto. Anche la densità del plasma interplanetario (quello che viaggiando dal Sole alla Terra trasporta con sé il campo magnetico coronale, come se fosse “congelato” dentro il mezzo) non ha raggiunto valori considerevoli. Infine le cose sono andate storte per colpa proprio del campo magnetico interplanetario, la cui componente perpendicolare al piano dell’orbita terrestre ha mantenuto quasi sempre un verso convenzionalmente positivo, cioè parallelo a quello delle linee del campo magnetico della Terra compreso nella magnetosfera, il nostro scudo protettivo contro le intrusioni del vento solare. Il verso di questa componente del campo interplanetario (che per dare i maggiori effetti geomagnetici dev’essere opposto a quello delle linee del campo terrestre) è spesso il fattore discriminante per l’arrivo di una tempesta magnetica di un certo spessore.
Per gli estimatori, un dettaglio squisitamente tecnico: la tempesta magnetica associata all’evento del 15 febbraio e ai successivi sviluppi è stata classificata come G1 dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), su una scala che va da G1 (minor) a G5 (extreme, ma di queste ne arrivano mediamente quattro per ogni ciclo di attività solare medio di 11 anni).
Effetti? A parte qualche bella aurora, nessuno. Le tempeste G1 hanno come solo altro possibile effetto sulla Terra quello di poter influenzare i flussi degli animali migratori, che anche in presenza di fenomeni così deboli e del tutto inavvertibili per l’uomo possono a volte “perdere la bussola” per colpa delle alterazioni del campo geomagnetico, al quale sono estremamente sensibili (questa affermazione è ancora tutta da dimostrare, perciò la riprenderemo in futuro con maggiori dettagli).
Insomma, la montagna stavolta si è limitata a generare il classico topolino. Provaci ancora, Sole.