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La morale è l’insieme di emozioni che ci porta a giudicare gli altri

Creato il 24 agosto 2010 da Rufo
Un pomeriggio in cui ammirava il panorama dalla terrazza del suo palazzo, re Davide vide un fenomeno che “lo obbligò a trattenere gli occhi prima che gli sporgessero dalla testa al di là di ogni possibile recupero”, come leggereste nella Bibbia se fosse opera del grande P. G. Wodehouse. Il fenomeno era la giovane Betsabea, che nel cortile di una casa faceva il bagno così com’era stata fatta dal vero autore del libro. Questi, poco incline alle iperboli dell’umorista inglese, scrive solo che Betsabea era “molto bella d’aspetto” e che Davide ordinò ai servi di informarsi subito su chi fosse la donna che gli aveva procurato quel fastidio agli occhi.
I servi gli dissero che la giovane era Betsabea, moglie di Uria, un guerriero fedele e di vigore indiscutibile che in quel momento stava massacrando adulti e bambini nella terra degli Ammoniti, dove Davide aveva spedito l’esercito di Israele in una delle sue tradizionali missioni di autodifesa. Preso atto che Uria era trattenuto da questi impegni, Davide inviò i suoi messaggeri da Betsabea perché la conducessero alla reggia.
Betsabea rimase incinta.
Fra i pochi inconvenienti di regnare, uno dei più scoccianti è l’interesse morboso dei sudditi per le cadute di chi li comanda. Se il re si mette un dito nel naso a una parata militare, è certo che ogni spettatore se ne accorgerà e tramanderà l’episodio ai conoscenti che non hanno avuto il bene di assistervi. Dopo anni, le madri rimprovereranno i bambini che fanno quel gesto dicendo “Aronne, credi di essere il re?”. Figuriamoci – rifletté Davide – cosa avrebbe detto il popolo dopo avere saputo che il re si era portato a letto la moglie di un soldato mentre il cornuto combatteva per la patria. Ne avrebbero parlato per millenni. Ci avrebbero scritto sopra romanzi.
Davide stava per strapparsi i capelli quando gli venne in mente un modo elementare di scampare allo scandalo: richiamare Uria, così che facesse con sua moglie ciò che un guerriero di vigore indiscutibile ha la tradizione di fare appena torna dal fronte, e avesse a credere che il bambino fosse suo. Un minuto dopo Davide scriveva a Ioab, il capo dell’esercito di Israele, perché spedisse Uria a informarlo sull’andamento della guerra.
Uria tornò e si presentò al re. Al termine dell’udienza, un Davide sorridente donò a Uria una portata della tavola e lo invitò ad andare a casa a cenare.
È una regola delle storie che iniziano con un colpo di fortuna magnifico, qual è vedere una bella donna nuda affacciandosi alla terrazza, che la continuazione sia devastata da disgrazie imprevedibili. Quando si fu congedato dal re, Uria pensò ai cari compagni che aveva abbandonato al fronte. Parve al guerriero fedele che tornare a casa, a godersi la gioia di una donna nel letto, fosse un insulto agli amici che in quel momento sopportavano le durezze dell’accampamento. Preso dal senso di colpa, Uria decise di restare alla reggia e di simulare una camerata andando a dormire con i servi.
Davide inorridì quando ne fu informato. Recatosi a vedere la mostruosità, fece svegliare Uria e gli chiese perché non fosse a casa. Uria disse:
L’arca, Israele e Giuda abitano sotto le tende, Ioab mio signore e la sua gente sono accampati in aperta campagna e io dovrei entrare in casa mia per mangiare e bere e per dormire con mia moglie? Per la tua vita e per la vita della tua anima, io non farò tal cosa! (Sam 2, 11; 11).
Il re tornò ai suoi appartamenti, mormorando una tirata sull’idiozia dei soldati che avrebbe un posto fra i classici dell’antimilitarismo di ogni epoca, se il vero autore della Bibbia non ci avesse fatto il torto di ometterla.
La sera seguente Davide invitò Uria a cena e lo fece ubriacare. Quando ritenne di avere distrutto ogni dignità nella vittima, e di avere proferito un numero sufficiente di battute sulle “lance dei guerrieri”, il re accompagnò Uria a braccetto all’uscita della reggia, gli diede una pacca sulle spalle e gli disse di andare da sua moglie.
Appena Uria uscì dalla vista di Davide, tornò indietro e andò a dormire con i servi.
Appreso il fallimento del piano, il re passò la notte guardando il soffitto della camera da letto.
Al mattino, Davide disse a Uria di tornare al fronte e consegnare una lettera sigillata a Ioab. Nella lettera era scritto:
Ponete Uria in prima fila, dove più ferve la mischia; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia (Sam 2, 11; 15).
Ioab ubbidì. Uria fu trafitto dagli arcieri nemici durante l’assedio israeliano alla città ammonita di Tebez. Quando giunse la notizia, Betsabea prese il lutto, mentre Davide fu udito fischiettare in terrazza. Appena il lutto fu concluso, Davide sposò la vedova di Uria. Il popolo salutò il bambino come figlio del re.
È noto che nella vita vera Dio lascia i malfattori impuniti, tanto che molti di loro non solo conservano la salute, ma si arricchiscono e salgono la scala sociale fino alla vetta. Forse Dio vuole illuderli, per poi punirli dopo morti. Nella Bibbia vige però un regime diverso, dove i bambini che dileggiano Elia sono subito sbranati dagli orsi.
Fu così che Natan, il profeta di corte, chiese al re un colloquio a quattr’occhi. Ignaro del missile che stava dirigendosi su di lui, Davide acconsentì. Natan gli disse:
Vi erano due uomini nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero; ma il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina che egli aveva comprata e allevata; essa gli era cresciuta in casa insieme con i figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno; era per lui come una figlia.
Un ospite di passaggio arrivò dall’uomo ricco e questi, risparmiando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso, per preparare una vivanda al viaggiatore che era capitato da lui portò via la pecora di quell’uomo povero e ne preparò una vivanda per l’ospite venuto da lui (Sam 2, 12; 1-4).
Davide si fece assorbire dalla storia, che vi è lecito immaginare più lunga e meno ripetitiva di quanto sia nella Bibbia. Quando Natan finì, Davide era infervorato e disse:
Per la vita del Signore, chi ha fatto questo merita la morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto un tal cosa e non avere avuto pietà (12; 5-6).
Natan disse:
Tu sei quell’uomo! (12; 7).
Davide, prima euforico, entrò in quello stato di preoccupazione che vi prende quando vi informano che avete i pantaloni in fiamme. Natan disse che come il ricco scellerato aveva rubato al povero la sua unica pecora, così Davide, cui Dio aveva dato lo scettro e un harem (in quel tempo gli ebrei erano poligami), aveva rapito a Uria l’unica moglie che avesse. Poi il profeta ripercorse i punti principali della faccenda della lettera a Ioab.
Davide taceva. Il passo successivo era l’annuncio della pena.
Natan disse:
Così dice il Signore: Ecco io sto per suscitare contro di te la sventura dalla tua stessa casa; prenderò le mogli sotto i tuoi occhi per darle a un tuo parente stretto, che si unirà a loro sotto la luce di questo sole; poiché tu l’hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele. (12; 11-12).
Da buon re antico che ha cura del suo onore virile, Davide si irrigidì come se un serpente gli si fosse parato davanti. Neanche il ghigno del profeta – che non vedeva l’ora di assistere alla scena – gli giovò.
Allora Davide fece ciò che nelle circostanze disperate un vero uomo deve essere capace di fare: piangere.
Il pianto funzionò. Natan inarcò le sopracciglia, sospirò, e disse che il Signore acconsentiva a tramutare la pena annunciata in quella – evidentemente meno grave – della morte del bambino. Il piccolo si ammalò all’istante. Dopo sette giorni era stecchito. In seguito Betsabea diede a Davide un altro figlio, Salomone, che costruì il Tempio e fu il re più grande della storia di Israele.
(Parti precedenti / Continua)
Una versione precedente è già apparsa in Universi Paralleli

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