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La Gran Bretagna non subisce invece alcuna revisione in negativo, malgrado il debito aggregato accumulato da Londra sfiori il 250% di un Prodotto Interno Lordo che è a sua volta costituito, in larga parte, dagli istituti di credito della City (che versano in condizioni non migliori rispetto alle restanti banche europee).
Ma ciò non stupisce.... dal momento che gli stessi analisti di Standard & si erano guardati
bene dal mettere in discussione l’affidabilità della banca d’affari Lehman Brothers, che godette del massimo giudizio fino alla fine dell’estate 2008, a poche settimane dalla bancarotta, e della compagnia assicurativa AIG, cui era stato affibbiato e mantenuto il giudizio A3 fino a una paio di giorni prima che la Federal Reserve erogasse un prestito di 85 miliardi di dollari per salvarla dal fallimento.
Appare quindi difficile credere, nonostante i reiterati proclami dei suoi dirigenti di punta, che l’agenzia in questione emetta i propri giudizi al netto di qualsiasi considerazione politica, così come è difficile credere lo stesso rispetto alla potente banca d’affari Goldman Sachs, che nei mesi scorsi ha inviato una lettera – poi arrivata, guarda caso, ai principali organi di informazione – ai propri azionisti invitandoli a “snobbare” i titoli di debito erogati dai paesi europei.
Considerati singolarmente, questi segnali potrebbero effettivamente preannunciare l’imminenza di una maestosa manovra speculativa, che l’Unione Europea potrebbe agevolmente abbattere piegando le strenue resistenze tedesche per poi esercitare forti pressioni sulla Banca Centrale Europea, che acquistando titoli di debito dei paesi membri dell’eurozona scoraggerebbe le vendite allo scoperto e renderebbe la pariglia agli speculatori, facendoli apparire come quegli “stolti” descritti da Mao Tze Tung, quelli cioè che «Sollevano pietre che poi ricadono sulla loro testa». Ma sarebbe superficiale e, in fondo, estremamente autoconsolatorio assecondare un così rigoroso minimalismo, riducendo le operazioni finanziarie in atto alla mera speculazione internazionale, che sferra i propri attacchi con l’unico obiettivo di incamerare liquidità al minor sforzo possibile.
L’attuale congiuntura storica sta infatti conoscendo sconvolgimenti geopolitici letteralmente epocali, che tirano in ballo interessi capitali e configgenti tra loro specialmente per quanto riguarda la ridefinizione di un assetto mondiale che rispecchi gli effettivi rapporti di forza internazionali. L’economia rappresenta quindi un terreno di battaglia primario, in cui la speculazione finanziaria segue giocoforza strategie politiche pianificate nei più influenti ambienti mondiali (Gruppo Bilderberg, Commissione Trilaterale, ecc.) che, nel caso specifico, fanno capo agli Stati Uniti.
Non è un caso che allorquando Standard & Poor’s si azzardò a tagliare il rating degli Stati Uniti, l’ira di Washington si abbatté sul Presidente Deven Sharma, che venne prontamente rimosso dall’incarico e sostituito con l’ex Amministratore Delegato di Citibank Douglas Peterson. In quel frangente gli Stati Uniti versavano in condizioni estremamente critiche, in cui il debito pubblico era giunto a lambire quota 15.000 miliardi di dollari (maggio 2011), spingendo il Segretario al Tesoro Timothy Geithner a decretare la sospensione del versamento ai fondi pensione dei dipendenti federali, in attesa che il Congresso approvasse un innalzamento del tetto massimo del debito. Il tetto venne innalzato il successivo 2 agosto, e conseguentemente il Tesoro ottenne l’autorizzazione tecnica per riprendere ad erogare obbligazioni. Ora dagli Stati Uniti sono cominciati a giungere tiepidissimi segnali di ripresa occupazionale ma nei prossimi mesi molti Buoni scadranno, e il problema che il governo si troverà ad affrontare sarà quello di piazzare gli oltre 10.000 miliardi di dollari di titoli che verranno emessi dal Tesoro.
L’attacco concentrico sferrato da Standard & Poor’s e Goldman Sachs – cui andranno presumibilmente ad aggregarsi le altre agenzie di rating Fitch e Moody’s, oltre alle grandi banche d’affari anglo-americane JP Morgan Chase, Citigroup, ecc. – converge quindi, assai significativamente, verso gli interessi nazionali degli Stati Uniti, che usufruiranno della compiacenza garantita dalla prima (Standard & Poor’s) per mostrare, dinnanzi ai mercati internazionali, la solidità dei propri titoli a scapito di quelli europei, che si trovano sotto il fuoco speculativo della seconda (Goldman Sachs).
E Barack Obama, dal canto suo, potrà incassare la relativa plusvalenza strategica a pochi mesi dalle elezioni presidenziali. Nonostante il Commissario agli Affari Economici e Monetari dell’Unione Europea Ollie Rehn si renda conto che compagnie come Standard & Poor’s siano «non istituti di ricerca imparziali ma soggetti che hanno i loro interessi e svolgono il loro ruolo molto in linea con il capitalismo finanziario Usa», le istituzioni politiche ed economiche dell’Eurozona (governi, banche centrali e private, ecc.) anziché rispondere al fuoco non solo non rinnovandole, ma liquidando le esorbitanti riserve di titoli statunitensi detenute nei propri forzieri allo scopo di ottenere la liquidità necessaria per togliere dal mercato i titoli emessi dei paesi ad essa aderenti, incassano i colpi del tutto passivamente, e molto probabilmente finiranno per fare l’unica cosa di cui sono capaci, ovvero stringere ulteriormente il capestro che sta lentamente soffocando gran parte del tessuto sociale europeo in nome della cosiddetta “austerità”, nuovo dogma che ben descrive lo zeitgeist contemporaneo. fonte
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