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La morte a Venezia – Thomas Mann

Creato il 05 giugno 2012 da Maxscorda @MaxScorda

5 giugno 2012 Lascia un commento

La morte a Venezia
Ero curioso, molto curioso di leggere cio’ che ben conoscevo grazie al quasi omonimo film di Visconti, quel "Morte a Venezia" tanto celebre e tanto drammatico e del resto devo gia’ anticipare l’incrocio analitico tra libro e romanzo che fanno del post una specie di parte uno di due.
Non nutro particolari affinita’ con Mann per quanto mi sia impossibile non dirmi affascinato dalle sue opere anzi e’ proprio quel fuoco che non s’accende ma che si rifiuta di spegnersi ad alimentare la voglia di andare oltre la conoscenza superficiale dell’autore e insistere con le letture.
E’ indubbio che il cinema abbia giocato un ruolo fondamentale nella scelta di affrontare il romanzo breve o racconto lungo che dir si voglia ma mi hanno colpito alcune affermazioni ascoltate di recente in merito alla pubblicazione dei diari di Mann, frasi piu’ o meno testuali che cito a memoria "Si pensava che "La morte a Venezia" fosse una straordinaria intuizione etero sull’omosessualita’ invece i diari rivelano qualcosa di piu’."
Ora, a prescindere che credo poco alla dietrologia e mi si perdoni l’involontario e non voluto gioco di parole, ritengo che da Visconti in avanti, ci fosse chi attendeva un cenno seppur minimo, per affermare la ragione del regista che nella sua opera ha declinato totalmente il soggetto all’omossessualita’ latente e svelata laddove Mann pone dei paletti ben precisi sui sentimenti di Gustav von Aschenbach il protagonista, che mai tracimano oltre l’estetica.
L’autore si spertica nel rafforzare l’idea di come la bellezza non sia descrivibile, riconoscibile ma non riproducibile e in fondo quel "ti amo" rivolto all’adolescente Tadzio non fosse altro che l’estremo tentativo di esternare un sentimento altrimenti inesprimibile.
Emerge dal romanzo il riferimento forte al classicismo, al rapporto maestro-allievo di stampo ellenico, la sessualita’ e’ bandita a favore dell’esaltazione della natura che ha voce attraverso il corpo del ragazzo e la volutta’ nell’osservare Tadzio e’ la medesima del svegliarsi all’alba per godere del sole che sorge.
Anche la trasformazione proposta da Visconti di trasformare il protagonista da letterato a musicista, e’ si un modo per ricondurre la trama al suo possibile soggetto ispiratore ovvero Mahler ma a mio avviso sottrae la dimensione letteraria necessaria per comprendere i veri sentimenti del protagonista.
Per chi ha ancora innanzi le scene del film, il romanzo manca di pathos, e’ persino freddo nel descrivere un sentimento che in fondo e’ parola di un’emozione gia’  vissuta e solo alla fine, fatta carne ma e’ in fondo il problema delle trasposizioni cinematografiche dalle quali una delle due parti si depotenzia.
Lettura da abbinarsi al film, questo non deve mancare per una visione espansa dell’opera


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