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La morte accarezza a mezzanotte: intervista agli Abysmal Grief

Creato il 30 maggio 2014 da Cicciorusso

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A distanza di un anno da Feretri, tornano i genovesi Abysmal Grief con la loro prima compilation. We Lead the Procession raccoglie otto tracce registrato dal gruppo nel periodo che va dal 1998 al 2009, alcune inedite, altre presentate in una nuova versione, con l’aggiunta di due cover: Raise the Dead dei Bathory e Profanation dei Death SS. Il fondatore e leader storico del gruppo, Regen Graves, ci accompagna in questa nuova marcia funebre, ideale colonna sonora per chi vuole sfuggire alle inutili, festose ed imminenti atmosfere estive per calarsi in una rinfrescante cripta.

Tra un anno festeggiate il primo ventennio di carriera. We Lead the Procession è un modo per ripercorrere il cammino passato o piuttosto un punto di partenza verso direzioni musicali diverse?
Non abbiamo voluto dare a We Lead The Procession un significato così profondo, né un valore “celebrativo” per quel che sarà il nostro ventennale (che, per la precisione, cadrà tra due anni, dato che ho fondato gli Abysmal Grief nel 1996), quanto più per regalare a chi ci segue dagli inizi una testimonianza di tutto quello che siamo stati al di fuori delle release ufficiali e dei concerti. Anche se il nostro primo album lo realizzammo dopo quasi otto anni di attività, in quello spazio di tempo componemmo e registrammo un gran numero di canzoni, alcune delle quali incluse in svariati 7”, altre riprese a distanza di anni, e altre ancora mai pubblicate in maniera “ufficiale”, e che ora hanno avuto il loro giusto spazio su questa raccolta. Non ti nascondo che non sono solo questi i pezzi “inediti” degli Abysmal Grief! In realtà potremmo mettere insieme e pubblicare ancora un altro disco intero solo con canzoni strumentali, improvvisazioni o pezzi esclusivamente suonati con synth e tastiere, risalenti sempre al decennio scorso, ma al momento non credo che il nostro pubblico possa essere “pronto” per una release di questo tipo, quindi se ne riparlerà in futuro…

Alla batteria è rientrato Fog, che aveva lavorato con voi ai tempi di Funereal. Sarà un rientro in pianta stabile oppure la sua presenza si limiterà ai live?
Ovviamente si tratta di un rientro in pianta stabile, e lo testimonia il fatto che Fog ha già registrato tutte le parti di batteria per il nuovo album tuttora in fase di produzione presso il mio Chrismon Studio qui a Genova. Risuonare insieme a lui è stata una cosa immediata, e sembra tutto molto più facile ora, dato che l’alchimia di un tempo è rimasta esattamente la stessa. Non capita spesso…

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Nel disco sono presenti due cover, Profanation dei Death SS e Raise the Dead dei Bathory. Sulla prima c’è poco da dire, visto che col gruppo di Steve Sylvester condividete una certa affinità stilistica e non avete mai nascosto la vostra ammirazione nei loro confronti. La seconda è decisamente più sorprendente come scelta…
Lo credi davvero? Molta gente e “addetti ai lavori” continuano a considerare gli Abysmal Grief un gruppo doom, ma se devo essere sincero questo termine mi è sempre stato stretto, e oggi come oggi non nascondo il desiderio di volermene liberare al più presto. Noi suoniamo musica nera, il vero Dark Sound, e i nostri ascolti spaziano dal doom al black, al gothic fino alla musica classica e alle colonne sonore dei film degli anni ‘70/’80, quindi non ci sentiamo assolutamente a disagio a reinterpretare a modo nostro una cover di un gruppo come i Bathory. Qualche tempo fa stavo riascoltando i primi due demo degli immensi Evol e ho notato molte più affinità tra loro e noi che non tra noi e i Black Sabbath o i Candlemass, per farti un esempio.

Procession sembra quasi un pezzo tratto da Anno Demoni di Antonius Rex. Pur affrontando tematiche diverse, ho sempre trovato grandi similitudini tra la vostra musica e quella delle varie “creature” di Bartoccetti. Suppongo sia una delle principali figure di riferimento nella vostra formazione musicale
Si, anche gli Jacula e Antonius Rex hanno giocato un ruolo fondamentale nella nostra formazione musicale, è chiaro. I suoni e le atmosfere create in quei dischi erano inconfondibili e irripetibili, anche dallo stesso Bartoccetti nelle sue ultime releases (purtroppo!). Resta comunque un maestro per noi, e uno dei nomi più rappresentativi di quel Dark Sound di cui gli Abysmal Grief sono i fieri continuatori.

Uno degli aspetti più interessanti degli Abysmal Grief è che, a dispetto dell’iconografia, fatta di bare e pipistrelli e che per certi versi riporta alla mente un immaginario horror meno serioso, nella vostra musica non c’è assolutamente nulla di ironico. Da quale punto di vista affrontate la Morte, tema centrale in ogni vostro album? È una Morte intesa come passaggio, come fine definitiva oppure la vostra musica è, più semplicemente, la colonna sonora per un funerale?
Facendo una panoramica dei miei testi nel corso di questi 20 anni circa, ti posso dire che in realtà ho affrontato il caro tema della Morte sotto i più svariati punti di vista, a seconda dei miei studi, delle mie esperienze, e del particolare momento in cui vivevo. I primi testi erano sicuramente più influenzati dall’elemento “fantastico” e cinematografico (anche con qualche banalità, a esser sinceri…), per poi diventare estremamente più nozionistici e ritualistici, fino a un’evoluzione di stampo molto più personale e filosofico. Non direi che questo lo si possa notare a livello di concept nei vari dischi, singoli ed Ep, ma se ci si sofferma sulle varie tematiche di ogni lavoro si potrà notare un filo di continuità, se non tematica, sicuramente concettuale e filosofica molto chiara, fino ad un approfondimento più serio sulla “Morte nella vita” che affronterò nel prossimo disco, forse proprio con quell’elemento in più di ironia che, come tu stesso hai notato, non ha mai preso campo più di tanto nelle composizioni passate.

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A proposito di colonne sonore, quando ti intervistai per la prima volta, dopo l’uscita di Exsequia Occulta, mi dicesti che, tra le passioni condivise dai membri del gruppo, c’è anche quella per il cinema italiano degli anni ’70, in particolare i gialli, gli horror ed i thriller, passione che, casomai ce ne fosse bisogno, avete messo bene in chiaro anche sulla copertina di Feretri. C’è un film, tra questi, del quale avresti voluto curare la colonna sonora? Personalmente credo che “Il profumo della signora in nero” sia il film ideale per gli Abysmal Grief, con quell’atmosfera di Morte che aleggia dall’inizio alla fine
Ce ne sarebbero per così, e non saprei proprio sceglierne uno in particolare. A noi rimane sempre quel “sogno nel cassetto” di poter lavorare a una colonna sonora di un film in futuro, possibilmente italiano, ma se devo esser sincero i registi moderni fanno tutti cagare.

Ho avuto modo di vedervi dal vivo allo Stoned Hand of Doom a Roma, quasi dieci anni fa, in una delle vostre rare apparizioni in concerto. L’impatto scenico era veramente devastante, un vero e proprio rito funebre tradotto in musica. La scelta di suonare poco dal vivo è dettata da una vostra scelta precisa oppure dall’assenza di strutture adeguate?
All’inizio era dettata solo dall’impossibilità di trovare batteristi capaci e professionali con cui intraprendere un rapporto serio e continuativo. Poi direi che, quando finalmente siamo stai in grado di suonare dal vivo, abbiamo trovato grandi difficoltà coi promoter, in quanto, a detta di molti, gli Abysmal Grief erano “troppo cari”, solo perché chiedevamo un po’ di più per pagarci un furgone capiente per la scenografia, e un paio di persone che venissero a montarcela prima della nostra esibizione… Ora le cose vanno un pochino meglio, ma le difficoltà, specialmente in Italia, ci sono sempre…

Vent’anni sono un’era geologica a livello musicale. Dai demotape spediti alle fanzine, ai press kit condivisi direttamente in cloud, quanto e come è cambiato il modo di fare musica?
Press kit? E cosa sono? Questa è la cosa che più mi da fastidio. Noi siamo nati e cresciuti con i flyers fotocopiati, i demotape e gli album su cassetta o LP. Niente internet, e il cd costava ancora troppo per le pubblicazioni autoprodotte. Ora è tutto troppo facile, tutti si improvvisano artisti e godono di un’enorme visibilità solo facendosi un account su Facebook. A tutto ciò abbiamo reagito rimettendoci a pubblicare i nostri dischi su cassetta, oltre che su cd e vinile (l’unico vero formato per il Metal), e fanculo a chi trascorre le sue serate ad ascoltare musica davanti ad un monitor!

Genova, in passato, ha visto nascere alcune band tra le più originali ed interessanti in ambito metal nostrano. Esiste una vera e propria scena genovese? C’è qualche nuova leva che promette bene? I Mope, ad esempio, mi sembra che siano, per certi versi, “in linea” con certe vostre sonorità.
Si, ho avuto modo di ascoltarli e sono molto bravi, ma purtroppo non posso dire che tra i vari gruppi genovesi ci sia un legame tale da poter parlare di una “scena”. Mi ricordo che c’è stato un qualcosa del genere fino agli anni ’90, forse, ma poi, per mancanza di locali adeguati e di partecipazione, ognuno si è creato un proprio spazio isolato. Dal canto nostro, non trascorriamo molto tempo nei club o in mezzo alla gente, quindi non saprei dirti cosa stia accadendo dal lato prettamente “umano”. Da quello discografico direi che si, Genova continua a essere la città al top del Metal italiano, ma più in generale di tutta la musica più estrema e oscura.

Grazie per l’intervista, lascio a te l’ultima parola.
Ti ringrazio per l’interesse. In Morte. R.G.



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