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La morte che sveglia la vita

Creato il 13 febbraio 2013 da Cultura Salentina

La morte che sveglia la vita

13 febbraio 2013 di Redazione

di Donato Merico

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Carlo Margiotti, “Nascita, vita e morte”. Olio su tela (2010)

Morte e vita devono arrivare a fondersi tra di loro in modo che da questa sintesi nasca una forma di vita superiore a quella che esisteva precedentemente. Quando nell’ottobre del 1994 è morto il piccolo americano Nicholas Green, stroncato da una pallottola mentre era in viaggio in Italia con la sua famiglia, una potente vibrazione di nuova energia e di nuova vita ha scosso l’intero pianeta e da lì in poi la donazione degli organi ha accelerato la sua corsa in tutti i continenti salvando migliaia di vite umane. Qui vita e morte si sono fuse insieme ed è nata una nuova coscienza mondiale che unisce tra loro migliaia di persone sconosciute di ogni razza e di ogni paese. Nell’immenso dolore di due genitori, vita e morte si sono incontrate e si sono fuse insieme e da questa fusione è nata una nuova speranza e una nuova vita per tutti. In essi non c’è stato vittimismo, non c’è stato odio né volontà di vendetta, ma la vita come dono e la vita come opera d’arte. Vorrei che si potesse dire la stessa cosa delle nostre esistenze. Dipende da noi. Ogni giorno la vita ci mette alla prova e noi possiamo allenarci al dono e all’arte, invece che alla rabbia e alla violenza.

(Antonio Mercurio)

Dedico questo articolo ai genitori di Alberto, miei cognati

Mi accingo a scrivere nel nuovo anno con un dolore tagliente e profondo in seguito alla morte del mio amato nipote, Alberto Leo, che con due altri suoi amici, uno di questi deceduto con lui (Armando Viceconte) ed un altro in coma (Antonio Rubrichi), la notte di Natale 2012 si sono schiantati contro un albero di ulivo, su una stradina del Salento, producendo una sinergia di accadimenti  dolorosi e solidali inconcepibili prima nella nostra comunità. E da quella fatidica notte riconsidero continuamente il binomio morte – vita in quanto il mio primogenito Ruben, quella notte, poteva essere su quell’auto, invitato ripetutamente da suo cugino e dai suoi amici fraterni a salire sull’auto. E mi sovviene, commuovendomi ancora, un sabato pomeriggio a Frascati (Roma), quando un mio caro collega e compagno di viaggio, Dr. Francesco Sollai, apprese con grande sgomento, seduto al mio fianco durante un Convegno di Cosmoart, la morte di suo figlio sedicenne Elias, durante allenamenti in palestra. Nasciamo perché muore il feto che eravamo. La morte è parte integrante della vita. Così come il buio sta alla luce. Il Tutto è alchimia ed armonia di opposti: maschile e femminile, odio ed amore, paura e coraggio, confusione e chiarezza, dolore e gioia, ecc. Lo spermatozoo (filiforme) penetra l’ovulo (tondeggiante) e crea l’embrione del futuro nascituro che, posizionandosi nell’utero, dà vita ad innumerevoli morti e rinascite al suo interno e moltiplicandosi cresce rispondendo ad un ordine naturale superiore. Per comprendere pienamente la magia dell’esistenza è sufficiente constatare il nostro respiro: ad una inspirazione segue una espirazione, ad un atto vitale ne segue uno di abbandono, di morte. Così ad ogni sistole cardiaca segue una diastole. E ciò ci fa respirare e vivere. E quanto siamo consapevoli della magia del respiro e del battito cardiaco ci permette di vivere in salute ed armonia. Nella nostra esistenza siamo governati da due forze energetiche apparentemente in antitesi: eros e tanatos. Queste forze alimentano specie la nostra sessualità, e sovraintendono alle nostre pulsioni, ai nostri istinti che pregnano la nostra esistenza, a seconda di come abbiamo vissuto ed appagato bisogni primari con l’ambiente che contattiamo da subito. E da tutto ciò scegliamo in futuro se e quanto amarci ed amare od odiarci ed odiare nella nostra libertà. Il mondo di eros rappresenta ciò che ci soddisfa, ci fa sentire vivi, apprezzati, visti, amati nella relazione con la madre e l’ambiente. Il mondo di tanatos, invece, include le nostre frustrazioni, insoddisfazioni, rabbie, rancori, vendette. Solo una decisione coraggiosa di vedere e di affrontare questi mondi, in un’alchimia che possa sciogliere le varie parti di questi mondi in una nuova mappa esistenziale individuale, può dare la tangibile sensazione di una vita appagante.

Trattare con serenità l’argomento della morte è molto difficile, anche per menti e cuori allenati. La morte è la nostra ombra durante l’esistenza terrena,e solo un consapevole approccio con essa può aiutarci ad essere compiuti come individui. La morte è costantemente al nostro fianco, alle nostre spalle, davanti a noi, sopra di noi, e pazientemente ci osserva. E ci dimensiona nella nostra integrità, nella finitezza della nostra persona, dando la storica possibilità ad ognuno, di svegliarsi al proprio progetto esistenziale. La morte è lì ad urlarci di muoverci, di svegliarci dal sonno profondo del conformismo, del condizionamento. Ci sprona ad intraprendere il viaggio della leggenda del progetto personale che altrimenti, rammenta con enfasi il mio maestro Antonio Mercurio, non intraprenderemo mai, lasciando sfuggire la nostra esistenza in un grigio vegetare, magari vivendo la vita di altri. Per comprendere appieno che la morte è essenziale alla vita possiamo addentrarci nelle azioni e reazioni che avvengono ogni istante nel Cosmo e nel nostro microcosmo organico, dove succedono istantaneamente fusioni chimiche e fisiche tra molecole dando origine ad un incessante crescendo di stati precedenti ad altri nuovi e più appropriati alla materia oscura, perfezionando la natura delle cose.

La morte è orgasmo cosmico e microcosmico, che fa assaporare e conoscere un mondo di cose sconosciuto prima. Il buio preesiste nel Cosmo ed è lì che vedono la luce nuove stelle dalla fusione di elementi inorganici; così nel buio dell’utero cresce la nuova vita di una persona che vedrà la luce alla nascita. Come il seme sottoterra dà la vita alla nuova pianta. E’ quello che avviene quando una persona decide con amore di solcare orizzonti sconosciuti di se stesso, per approdare su lidi sconosciuti della propria anima, per dare finalmente il senso alla propria esistenza: scoprire chi è, dopo una lunga notte esistenziale. Quando immaginiamo un porto sicuro, un rifugio interno od esterno, una o molte case, una famiglia, un’ideologia stiamo fuggendo da noi stessi, ci stiamo espropriando del nostro Sé, portandoci inevitabilmente alla morte, una morte artificiale costruita ad hoc da noi stessi. Così moriamo lentamente quando rinunciamo ad una passione d’amore, ad un nostro desiderio profondo, a proferire gentilmente ad una persona cui teniamo che gli vogliamo bene, ad abbracciare il prossimo facendo circolare energia, ed ancora quando rinunciamo a un sogno per i bisogni degli altri. Chi muore ogni attimo, ogni giorno, invece, è oltre la morte. Morire è amare. Amore è a-mors, oltre la morte, senza la morte, togli mento della morte.

Cogliere la bellezza dell’amore significa oltrepassare l’immagine dei ricordi del passato o del domani. L’amore non ha passato, non ha futuro e con le sue passioni è oltre ciò che possiamo supportare da noi stessi. Solo se moriamo scopriamo l’amore celato da mille maschere dentro di noi. E questo significa affrontare un immenso dolore gravidico, insopportabile, assurdo, inaccettabile, non concepibile dalle nostre menti razionali e finite. Un dolore che se condiviso con l’umiltà delle nostre forze può darci la possibilità di generarci uomini e donne nuovi, predisposti finalmente all’abbraccio vero, alieni dalle precedenti ipocrisie malsane, pronti a creare relazioni appaganti e felici, alimentando l’energia della forza amorosa della voglia di vivere. Ma c’è voluta proprio la morte a svegliare tutto ciò? Purtroppo sì!

Le nostre menti sono troppo rattrappite in scrigni materialistici custoditi gelosamente da ognuno di noi, che fabbricano trincee insormontabili di paure e protervie, impedendo di comunicare le nostre angosce al prossimo, confidando nei poteri limitanti ed effimeri delle illusioni dell’accumulo materiale. Il potere guaritore del silenzio che reca la morte è salvifico, dove si ha la possibilità di cogliere che il desiderio e il piacere arrecano dolore. Il pensiero conosce il dolore e ricerca continuamente il piacere, che se non ottiene, apre la via al dolore. Liberarsi dal dolore significa scoprire l’amore, e, quindi, la gioia. Chi teme la morte teme la vita, perché, non si è dato la possibilità di vivere appieno le gioie che la decisione di amarsi gli avrebbe donato, nella libertà e nella verità.

La morte, con la sua tremenda e dolorosissima esperienza, può creare Bellezza Seconda, che prima non c’era e non poteva esserci, armonizzandosi con la vita.

Una carezza, Alberto.

 

“Quando la morte mi chiamerà forse qualcuno protesterà dopo aver letto nel testamento quel che gli lascio in eredità. Non maleditemi, non serve a niente, tanto all’inferno ci sarò già. Quando la morte mi chiederà di restituirle la libertà forse una lacrima, forse una sola sulla mia tomba si spenderà. Forse un sorriso, forse uno solo dal mio ricordo germoglierà. Se dalla carne mia, già corrosa, dove il mio cuore ha battuto il tempo, dovesse nascere un giorno una rosa, la do alla donna che mi offrì il suo pianto … Questo ricordo non vi consoli, quando si muore, si muore soli.”(Fabrizio De André)

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