La mostra personale di Anish Kapoor al Martin-Gropius-Bau di Berlino, visitabile sino al 24 novembre, è imponente.
Una mostra sconsigliata a chi non conosce Kapoor: non ci capirà nulla nel suo obbligatorio transitare tra cera, gomma e specchi in acciaio completamente delocalizzati.
Tra le opere in mostra, la principale è l’allestimento Symphony for a Beloved Sun, del 2013, realizzata appositamente per il Martin-Gropius-Bau, ma che ricorda e richiama molto della storia dell’artista indiano naturalizzato britannico: un enorme sole rosso (il tipico sole senza luce di Kapoor) domina la sala grande del museo.
Attorno, si arrampicano quattro rampe nere, dotate di tapis roulant in un movimento estenuantemente lento, a trasportare blocchi di cera rosso sangue sino in cima, e di lì li lasciano cadere, con tonfi inquietanti e mollicci, su un cumulo di cera che piano piano si scioglie e cola sul bel pavimento della sala.
Tutti con le mani sulle orecchie o le cuffie in attesa del colpo. Poi, cera rossa dappertutto. Una gioia infantile da scoppio di mortaletto.
Poi, ammassate nelle sale laterali a quella centrale in cui la cera si spiaccica su altra cera, ci sono The Death of Leviathan (2011-2013) consiste in una enorme struttura in pvc gonfiata tra una stanza e l’altra, rendendo impossibile vederla nella sua interezza ed è semplice immaginarla come un mostro marino agonizzante, accasciato sul
Una sala è dedicata agli specchi, concavi o convessi, in cui lo spettatore ha una visione distorta di se stesso e si fa un sacco di fotografie con i cellulari e un’altra è piena di cera rossa in campane o masse geometriche immobili ed incomprensibili.
Un rigonfiamento nel muro. Una campana.
Qualcuno ha creduto che la foglia in un angolo fosse un’opera d’arte.
Visitabile dal 18 maggio 2013 al 24 novembre 2013
Anish Kapoor, Kapoor in Berlin
Martin-Gropius-Bau, Berlin
Written and Photo by Silvia Tozzi