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La NASA manda in pensione Deep Impact

Creato il 23 settembre 2013 da Media Inaf
La sonda Deep Impact della NASA (Crediti: NASA/JPL-Caltech)

La sonda Deep Impact della NASA (Crediti: NASA/JPL-Caltech)

Lanciata in orbita nell’inverno del 2005, la sonda della NASA Deep Impact termina la sua missione quasi decennale, e con all’attivo 500mila immagini scattate e inviate ai ricercatori del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California. Dall’8 agosto scorso la NASA non è in grado di comunicare con la sonda, e non potendola più guidare in remoto ha deciso di mettere la parola fine alla missione. Deep Impact è la sonda dedicata alle comete più prolifica della storia, essendosi avventurata fino 7,58 miliardi di chilometri di distanza dalla Terra. ”Deep Impact ha rivoluzionato le nostre ricerche sulle comete e sulla loro attività”, ha detto Mike A’Hearn, ricercatore dell’Università del Maryland.

La sonda ha portato a termine con successo la sua prima parte di missione nel 2005, quando in sei mesi ha studiato da vicino la superficie e la composizione interna di una cometa. Dal 2007 al 2010 ha poi continuato con altri flyby e con obbiettivi scientifici diversi, tra cui le osservazioni di pianeti in orbita attorno ad altre stelle, inviando a Terra migliaia di dati e immagini. La sua “preda” più importante è stata la cometa Tempel 1, con la quale si è scontrata causando il rilascio di materiale nello spazio, poi analizzato dai telescopi. Nel 2007, invece, gli astronomi hanno fissato la traiettoria in direzione di Hartley 2, raggiunta nel novembre del 2010.

Nel suo percorso tra le comete, la sonda ha anche studiato sei stelle e i pianeti orbitanti attorno ad esse, scattando numerose immagini anche della Terra, della Luna e di Marte, contribuendo a confermare l’esistenza di acqua sul nostro satellite e la presenza di metano sul pianeta rosso. Lo scorso anno a gennaio, Deep Impact ha fotografato la cometa C/2009 P1 e quest’anno ha invece scattato importanti immagini della cometa ISON.

Temple 1 e Hartley 2 (Crediti: NASA/JPL-Caltech/UM)

Temple 1 e Hartley 2 (Crediti: NASA/JPL-Caltech/UM)

Per più di un mese i ricercatori hanno cercato di riattivare i contatti con la sonda, senza successo. I motivi del problema sono ancora in fase di analisi. Gli specialisti presumono che ci sia stato un guasto ai computer di bordo che avrebbe influenzato il posizionamento delle antenne radio, rendendo difficile la comunicazione. Un’altra causa potrebbe trovarsi nei pannelli solari, che a loro volta impediscono alla navicella di ottenere potenza e calore per far funzionare le apparecchiature di bordo, sostanzialmente congelando la sua batteria e sistemi di propulsione. Resta adesso da stabilire come e se è possibile riattivare tutte le strumentazioni.

Per saperne di più:

Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni


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