La nascita dell’Universo
Creato il 10 luglio 2012 da Dino Licci
…E l’uomo va sorretto dal dubbio, sospinto dalla brama del sapere. La sua lenta evoluzione ha qualcosa di magico, di trascendente, di misterioso. Non è semplice adattamento all’ambiente. In esso alberga la capacità d’astrazione, la sete di conoscenza, l’eterna domanda sul proprio destino! E il bisogno di Dio. Quando, nel silenzio ovattato di una notte sublime (che intuizione Kant a definirla tale), sazio la mia sete celestiale col ricorso alla musica, voluttuosamente ravvolto tra i clarini e le viole, elevo la mia mente fino al limite estremo, sento di toccare il culmine del possibile e mi avviluppo in me stesso conscio che oltre questo c’è il nulla o l’intuitivo infinito che mi sgomenta e spaurisce.La scienza moderna pone dei limiti precisi alla possibilità di conoscenza. E la conoscenza non può superare la capacità d’astrazione. E non c’è oggi strumento che possa esplorare l’Universo oltre i 13,7 miliardi di anni, che coincidono pressappoco col Big Bang iniziale. Eppure c’è chi ipotizza i viaggi nel tempo come Michio Kaku, fisico teorico dell’Università di New York o chi più sapientemente elabora la famosa equazione di Einstein come fa Stephen Hawking descrivendo matematicamente il tempo, facendoci correre un brivido lungo la schiena.L’Universo che ci racchiude non è una massa sterminata di stelle fisse e inamovibili. L’universo è anch’esso in continua evoluzione. Ogni anno, ogni mese nasce una nuova stella e un’altra cambierà il suo stato, nascono le giganti rosse e le nane bianche poi arriveranno le nane nere con processi che durano a volte altri milioni o miliardi di anni.E’ la fine che farà anche il nostro sole. Quando la sua energia sarà esaurita, quando la sua massa rallenterà i suoi movimenti tenuti desti da milioni di reazioni di fusione nucleare, esso cambierà il suo stato. Finito l’idrogeno a sua disposizione, dovrà bruciare elio e, così facendo, aumenterà di molto la sua temperatura, poi anche l’elio si esaurirà e brucerà carbonio e così fino alla sua fine.Rivado con la mente a Leopardi, al suo struggente “Infinito”, alla sua malinconica intuizione di tanta meraviglia, di tanto mistero. E rivivo le angosce di Agostino, una delle menti più eccelse della filosofia mondiale, costretto a formulare una teoria che non tradisse la Chiesa, cui egli apparteneva e che condizionava pesantemente il suo sapere. E torno a gustarmi la mia notte cullato dalle soavi note dei violini che rompono un silenzio assoluto vibrando dolcemente nel buio. Già, ma cos’è il buio?Se guardiamo il cielo in una notte serena, il fondo del cielo ci appare completamente nero e trapunto di stelle, puntini luminosi che ispirano la nostra fantasia e quella degli artisti, dei musici, dei poeti. Ma l’occhio dello scienziato deve chiedersi il perché delle cose. E’ così che la conoscenza progredisce: apportando continuamente nuovi tasselli alle vecchie conquiste, tasselli che ci svelino correttamente l’inizio del nostro viaggio e ipotizzino vagamente il nostro futuro destino. Cercare di capire cos’è il buio ci porterà molto lontano dovendosene ricercare l’origine in un passato così profondo, che le stelle non avevano ancora avuto il tempo di formarsi e tutto l’universo era concentrato in una massa non più grande di un piccolo frutto e talmente carica di energia che esplodendo, circa 13,7 miliardi di anni fa, avrebbe scatenato la comparsa delle stelle, delle galassie, dei pianeti e, molto più tardi, almeno qui, sulla nostra piccola terra, avrebbe innescato anche il processo della vita. Per capire qualcosa in questo enigma che avvolge la realtà del buio, dobbiamo osservare l’Universo alla luce delle moderne conoscenze. Già Olbers nel 1826 si era posto qualche problema al riguardo, ma fu circa un secolo dopo che le osservazioni di Hubble ci mostrarono un universo in espansione con le galassie che si allontanano le une dalle altre con una velocità tanto più grande quanto più grande è la loro distanza reciproca. E un’osservazione più attenta possibile grazie ai moderni telescopi e ai satelliti che abbiamo mandato in esplorazione, ci hanno mostrato queste galassie come se stessero ferme nello spazio pur allontanandosi velocemente le une dalle altre. L’evento avviene come se fosse lo spazio a dilatarsi costringendo le galassie, sia pure immobili, ad aumentare la loro reciproca distanza. Gli scienziati sono soliti paragonare il fenomeno a quello di un palloncino gonfiabile con tanti puntini rossi disegnanti sulla sua superficie. Quanto più gonfiamo il palloncino, tanto più i puntini, pur fermi, si allontanano tra di loro. Insomma la dilatazione dell’Universo è insita nella natura stessa dello spazio, che non è immutabile ma in continua espansione e c’è da chiedersi da dove provenga la spinta iniziale, quella che precedette il Big Bang . E qui la Scienza si ferma riconoscendo, (e come potrebbe fare altrimenti?), i propri invalicabili limiti.Ma torniamo al nostro Universo e vediamo come Gerge Gamow nel 1946 formulò per la prima volta la teoria del Big Bang avvalendosi delle osservazioni di Hubble. Se l’Universo si espande e si raffredda, percorrendo il cammino a ritroso nel suo passato, ne verrà di conseguenza che la stessa quantità di energia o di materia (le due cose sono intercambiabili in determinate condizioni), dovevano essere contenuti in un volume sempre più piccolo ed infine talmente concentrato da avere una temperatura e una pressione elevatissime. Quando noi osserviamo la Luna dobbiamo considerare che quella che vediamo è la Luna qual era un secondo prima della nostra osservazione, perché la luce ha impiegato un secondo a compiere la distanza che la separa dalla terra. Similmente il Sole che osserviamo è tale qual era 8 minuti prima, perché appunto tale è il tempo che la luce impiega a raggiungerci dal Sole e, se osserviamo la luminosissima stella Arturo, la sua luce è quella che emetteva 36,7 anni fa. Man mano che osserviamo le stelle più lontane, la loro immagine è quella che avevano nel momento in cui la luce partì da loro diretta verso di noi. Quindi, spingendoci sempre indietro nel tempo, arriveremo a un punto in cui vediamo il momento in cui ancora non c’erano stelle e tutto era buio. Ecco perché il fondo del cielo è nero. Perché è l’immagine che è partita circa 13,7 miliardi di anni fa, quando ancora l’universo era compresso in un volume piccolissimo ed ancora non esistevano gli astri. Che un segnale debolissimo di questo periodo primordiale caratterizzato da una temperatura altissima ci potesse ancora raggiungere con un viaggio di 15 miliardi di anni luce, fu ipotizzato dagli studi teorici di Gamow e due suoi allievi ma fu casualmente captato da altri due scienziati Penzias e Wilson che lo scoprirono mentre lavoravano su una grossa antenna per telecomunicazioni accaparrandosi per questo un premio Nobel nel 1978. Questo segnale che Penzias e Wilson hanno registrato, è una sorta di luce fossile, il “Fondo Cosmico”, che ha viaggiato per 15 miliardi di anni prima di raggiungerci e che perciò ci porta un messaggio tangibile delle condizioni fisiche dell'universo primordiale. L'abisso nero del cielo, oltre le stelle e le galassie, porta il segno dell'origine il che mi affascina e mi sconcerta. Penso con curiosità crescente come avvenimenti relativamente recenti accaduti qui sulla terra, stiano ancora viaggiando nel tempo e che un osservatore posto lontano da noi, possa riviverli come se fossero il loro presente. Tutto è relativo e se domani si dovesse inventare una macchina del tempo così veloce da superare la luce (ma sappiamo che non è possibile), potremmo riabbracciare i nostri cari le cui immagini viaggiano in una dimensione spazio-temporale che, vista fuori dalla nostra miope ottica terrena, perde di significato divenendo pura sensazione facilmente falsificabile dall’ innata imperfezione dei nostri recettori sensoriali. Con i moderni satelliti artificiali è stato possibile studiare il “Fondo Cosmico” arrivando a “vedere” come era l’Universo nella sua prima infanzia, appena cioè si era raffreddato abbastanza da permettere la formazione degli atomi. Temperature elevatissime riducono la materia allo stato di plasma infatti, dove protoni ed elettroni vagano liberamente venendo a mancare perfino la forza nucleare forte. La luce non attraversa gli spazi in tali condizioni ma qualcosa si può ipotizzare con buona approssimazione anche nei primi momenti che seguirono la grande esplosione. E quello che si “vede” è che la temperatura doveva essere di circa un miliardo di gradi e come tutto l’Universo fosse paragonabile a una Stella nel cui interno avvenivano le stesse reazioni termonucleari che caratterizzano i nostri astri e che l’uomo ha sperimentato con le esplosioni di fusione nucleare che avvengono nella bomba H. Il mistero si dirada. Ma seppur l’uomo riuscisse a capire appieno tutti i misteri della natura, una domanda rimane a ricordargli la sua caducità. Perchè? Perché tutto ciò è accaduto? e ……..dove tende? Che ne sarà di noi?Fin qui la parte razionale del mio io, ma anche il sentimento rivendica il suo spazio, così ho dovuto scrivere una poesia corredandola da un dipinto che sintetizza quanto ho scritto fino a qui:
La LuceL’interruttore scatta,una scintilla…e la luce si perde all’improvvisoe sei nel buioa domandartidove sta proiettando,rubate agli occhi tuoi,le immagini ed il tepore che ora devi provare a ricordare.E non sai comee perchée dovevagano per lo spazio con furorevolti che ritenevi tuoi,cose d’amore,che forse incontreranno altre scintille,si fonderanno,correranno insiemetra mille stelleo torneranno al Sole!!!
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