La natura può ispirare una nuova economia
Serve urgentemente un nuovo modello economico. E la natura può essere una fonte di ispirazione. Le logiche che applichiamo nelle nostre attività economiche spesso sono lontane da quelle naturali. Per raffreddare un edificio i sistemi di condizionamento pompano aria fredda verso l’alto. Per depurare l’acqua immettiamo sostanze chimiche che vi annientano tutte le forme di vita. Per produrre una batteria impieghiamo un’energia di gran lunga superiore a quella che fornirà. Produciamo e consumiamo intaccando risorse non rinnovabili o danneggiando in modo permanente l’ambiente. Invece la natura ci fornisce esempi e modelli di riferimento che dovremmo imitare, anche in campo economico. Ci insegna che la crescita a tutti i costi non ha senso. E che la biodiversità è un’espressione di libertà.
La Blue economy propone proprio la concreta attuazione delle tecnologie ispirate dal funzionamento della natura. Per rispondere alle emergenze del Pianeta, che l’Ipcc ha denunciato, abbiamo bisogno di un nuovo modello di riferimento. Finora abbiamo costruito le soluzioni ai problemi ambientali imponendo dei limiti alle emissioni e pensando a come ridurre i danni. È una logica sbagliata, dovremmo invece parlare di come fare bene le cose, cambiando il modello economico alla radice. Solo quando passeremo dal “fare un po’ meno male” al “fare meglio” inizieremo a cambiare davvero. Abbiamo bisogno di un nuovo modello di business per fare di più e meglio.
La circular economy è una visione valida, ma da sola non basta. Dobbiamo guardare la realtà da diversi punti di vista per costruire un modello di business nuovo. Non basta il riciclo, non basta l’energia rinnovabile. Servono tante iniziative come l’economia circolare messe insieme. Prendiamo ad esempio la carta, riciclarla va bene, ma non basta. Possiamo reinventarla senza abbattere alberi. Nel libro proponiamo un progetto che realizza la carta dagli scarti dell’attività mineraria. Senza acqua e senza cellulosa. È una soluzione economica, funzionale,
efficiente, non serve acqua e usa il 60% di energia in meno.
Il migliore modo per realizzare il cambiamento è fare, senza perdere troppo tempo in analisi preventive. La regola per me è: se funziona da qualche parte del mondo, può funzionare anche per me. Quindi basta trovare modelli già testati e attivi (e nel libro ne proponiamo moltissimi)
e imitarli. Per fare un esempio, una delle prime iniziative che abbiamo lanciato cinque anni fa è la coltivazione di funghi dai fondi del caffè. Oggi lo fanno 1.200 piccole imprese. In tutti i progetti che presentiamo la gente migliora la propria vita, produce cibo sano, recupera scarti,
che usa per creare nuovi prodotti. Per esempio gli scarti della produzione dei funghi possono essere mangiati dagli animali.
Le responsabilità del cambiamento sono in capo ai singoli e alle comunità, prima ancora che ai governi. Le comunità devono iniziare da piccoli progetti. Non bisogna pensare che il cambiamento arrivi dall’alto come un big bang. Cambiare la società è possibile perché un gruppo di persone si mettono insieme e fanno delle cose.
L’editoriale è frutto di un’intervista condotta da Elisabetta Tramonto a Gunter Pauli a Milano, l’8 aprile.