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La nave che affonda: gli Schettino e i De Falco d'Italia

Creato il 20 gennaio 2012 da Tiba84
La nave che affonda: gli Schettino e i De Falco d'ItaliaIl paragone tra la Concordia, la nave da crociera che ha fatto naufragio nei pressi dell'Isola del Giglio una settimana fa, e la nave Italia è lampante ed è stato "azzardato" da tanti. Sia per l'indolenza del capitano, la spericolata necessità di compiere manovre pericolose senza seguire una rotta sicura prima, la negazione del pericolo e della lacerazione dello scafo poi, per giungere all'atteggiamento pusillanime della fuga. Sia per la metafora della magnificenza della nave, macchina mirabolante e luccicante ma dalle fondamenta fragili: oggi relitto pericoloso per l'ambiente circostante e inutile ricordo di un passato glorioso.
Personalmente non condivido l'attacco a Schettino, che è per lo più una metafora dell'italiano spavaldo e fifone, che fa lo spavaldo proprio perché non è coraggioso di fronte alle situazioni, perché mi è difficile ricostruire con esattezza tutti i passaggi e, d'altro canto, non mi interessa particolarmente accusare qualcuno di assassinio. Mi interessa, appunto, solo per la metaforicità della situazione. E, accanto a Schettino, esempio lampante di un uomo che non vorrei essere: smidollato nel momento sbagliato e insicuro di se stesso, non posso che affiancare il capitano De Falco, seguendo il suggerimento di F. Merlo. Sono convinto che ci sono gli Schettino perché ci sono i De Falco, cioè quell'insieme di individui preposti alla "formazione", all'educazione, all'addestramento e al controllo, che sono totalmente inadeguati, probabilmente troppo preoccupati di loro stessi da aver colto realmente qual è il senso "formativo" che hanno. Non che De Falco sia stato il sergente istruttore di Schettino, ma ascoltando quella telefonata ho provato più di un brivido, e non per la codardia di quest'ultimo. Perché il ruolo di De Falco non era solo quello di ordinare al naufrago cosa fare, né di farlo col tono da scaricatore di porto che oggi ha tanta fortuna. Perché il suo compito era quello di salvare almeno una vita, una soltanto: quella del povero Schettino.
Io non voglio difendere questi, perché non è mio compito, ma mi sento dalla sua parte perché è da solo contro tutti, abbandonato dalla compagnia per la quale lavorava e abbandonato anche dai suoi superiori nel momento del bisogno: De Falco era a terra, avrebbe dovuto impartire sicurezza nel pavido comandante. E se Schettino ha tantissime colpe, di certo non le ha tutte. Perché è stato promosso comandante di una nave di quel genere da qualcuno; e, a posteriori, si può vedere benissimo quanto avesse torto...
Se la nave è l'Italia, se Schettino è Berlusconi (che festeggia con la bionda moldava mentre la nave affonda), De Falco è la metafora della scuola e dell'università italiane. Più capaci di ordinare dall'alto di un distaccato sentimento, che di stare a fianco degli studenti e formarli. Più capaci di valutare un compito senza sbavature, piuttosto che di aiutare l'ultimo della classe a migliorare e ad essere un uomo vero.
Perché si può sbagliare, e si può commettere anche il peggior errore possibile. Reiterare l'errore è diabolico, e mentre Schettino ha sbagliato una volta sola, i De Falco sbagliano continuamente istruendo allievi capaci solo di rispondere alle domande di un quiz...
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