Andiamo verso un futuro ma non lo conosciamo. Siamo come nella nebbia ma non sappiamo di esserci. Chi è fuori, sopra questa coltre bianca si gode i riflessi del sole e del cielo sulla stessa massa bianca. Bianca come la neve, come la panna, come qualcosa di perfetto e immutabile che nessuno ha mai calpestato. Per chi vi è immerso è un’altra storia. Per quelli tutto è confuso, poco chiaro, grigio. Si sente come un’oppressione costante al vivere, come un peso che frena, che non fa decollare verso l’alto. I bordi poco nitidi di tutte le cose portano a navigare in maniera approssimativa. Tutto è attutito, irreale, non troppo distinto per essere preso davvero sul serio. Quindi tutto diventa temporaneo e momentaneo, qualsiasi decisione viene presa e deve essere confermata per tutti gli istanti successivi perché tutto cambia e si arriva a un punto che la decisione presa deve essere ripensata, perché si è giunti a definire finalmente un contorno di quello che era nella …. Nella nebbia. O nel futuro? Per chi sta fuori invece il tutto prende un contorno di magia, vengono smussati i contorni, addolciti, nascoste le brutture e le cose belle diventano quasi magiche.
Luce è il contrario di buio, sole di nuvoloso, ma cos’è il contrario di nebbia? Si potrebbe dire che il contrario di indefinito è il definito ma la nebbia è un attutire è uno sfuocate soffuso che tutto dipende dall’osservatore. E se ci fosse un popolo sempre immerso nella nebbia? Se dovessimo abituarci a viverci sempre nella nebbia, nell’indefinito, nell’incertezza di tutto? Forse …. Forse inizieremmo a piantare pali come i popoli che vivono ai bordi dei fiumi o dei mari. Mari da cui far partire tutto, pali per avere un punto fermo. Mano alle accette e ai martelli quindi!
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