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Si è parlato di grande cinema ieri sera a Caffè Letterario con Simone Emiliani che ha presentato il suo ultimo volume, scritto a quattro mani con Carlo Altinier, “Fughe da Hollywood” ed edito da Le Mani nel 2009. Tema del libro e della serata il cinema americano della seconda metà degli anni sessanta e della prima metà degli anni settanta. Quel periodo insomma di grande rinnovamento del cinema statunitense che fu chiamato “New Hollywood”.Ad Andrea Bruni , il critico cinematografico massese ormai di casa a Caffè Letterario quando si parla di cinema, Il compito di introdurre la serata e di dialogare con l’autore fino alle numerose domande finali da parte del pubblico e del brindisi finale che come sempre sancisce la conclusione dei nostri incontri. Generalmente si fa nascere la “New Hollywood” nel 1967 col l’uscita dei film “Il laureato” e di “Gangster Story” o nel 1969 con il grande successo di pubblico e di critica di “Easy Rider”, ma indipendentemente dalla sua data di nascita questo nuovo modo di vedere il cinema, nato nel turbolento e per tanti versi rivoluzionario periodo del “sessantotto”, prese vita soprattutto dalla grave crisi che investì l’industria cinematografica di Hollywood sin dall’inizio degli anni sessanta. Il crollo degli spettatori nelle sale fu provocato non solo dal successo ineludibile del mezzo televisivo ma anche dal successo di critica e soprattutto di pubblico dei film provenienti dall’Europa. La rivoluzione più grande della New Hollywood fu quella riguardante i registi, che finalmente, attraverso anche la nascita di produzioni indipendenti, ottennero il completo controllo sui loro film. Tanti i grandi autori citati da Emiliani, come Altman, Dennis Hopper, Spielberg, Arthur Penn, Martin Scorsese (di cui abbiamo visto un piccolo spezzone di “Mean Streets”, del 1973, uno dei suoi primissimi film con due giovanissimi Robert De Niro e Harvey Keitel) e tanti altri. Simone Emiliani ha poi parlato della figura importantissima, ma non così conosciuta, se non dai cinefili più agguerriti, del produttore e regista Roger Corman, autore fin dagli anni ’50 di film horror e a basso costo. «Quasi tutti i “ragazzi terribili”, - ha detto il critico romano - i più grandi registi che cominciarono ad affermarsi in quel periodo, avevano lavorato e collaborato nei film e nelle produzioni di Corman. Jonathan Demme (autore di film come “Philadelphia” e “Il silenzio degli innocenti” ) altro grande regista nato artisticamente in quel periodo, dopo aver diretto “Qualcosa di travolgente” (1986) disse di averlo girato come se il regista fosse stato Roger Corman. Corman poi, oltre che produttore e regista, fondò anche una casa di distribuzione, e grazie a lui gli americani poterono vedere film europei come “Sussurri e grida” di Bergman, “Amarcord” di Fellini, “Adele H. una storia d’amore” di Truffaut.Da allora anche negli Stati uniti i registi cominciarono ad essere chiamati gli “autori” delle loro opere come fossero scrittori o pittori, come artisti insomma, che avevano non solo una loro idea di cinema, ma una propria idea di mondo.» Personalità eclettica e instancabile, Corman, ha avuto anche il merito di scoprire tantissimi autori della New Hollywood come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Peter Bogdanovich, James Cameron, Joe Dante e molti altri. E tanti altri sono stati gli argomenti toccati nella lunga chiacchierata che i due critici hanno intrattenuto col pubblico e tante le domande in finale di serata, che allietata dalla indimenticabile colonna sonorade “il laureato” di Simon e Garfunkel, si è conclusa come sempre con il brindisi di rito.
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