Cosa prevede il comma 29 del ddl di riforma delle intercettazioni, sinteticamente definito comma ammazzablog?
Il comma 29 estende l’istituto della rettifica, previsto dalla legge sulla stampa, a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”, e quindi potenzialmente a tutta la rete, fermo restando la necessità di chiarire meglio cosa si deve intendere per “sito” in sede di attuazione.
Cosa è la rettifica? La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere di questi media e bilanciare le posizioni in gioco, in quanto nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, questi potrebbero avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie. La rettifica, quindi, obbliga i responsabili dei giornali a pubblicare gratuitamente le correzioni dei soggetti che si ritengono lesi.
Quali sono i termini per la pubblicazione della rettifica, e quali le conseguenze in caso di non pubblicazione? La norma prevede che la rettifica vada pubblicata entro due giorni dalla richiesta (non dalla ricezione), e la richiesta può essere inviata con qualsiasi mezzo, anche una semplice mail. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”, ma ad essa non possono essere aggiunti commenti. Nel caso di mancata pubblicazione nei termini scatta una sanzione fino a 12.500 euro. Il gestore del sito non può giustificare la mancata pubblicazione sostenendo di essere stato in vacanza o lontano dal blog per più di due giorni, non sono infatti previste esimenti per la mancata pubblicazione, al massimo si potrà impugnare la multa dinanzi ad un giudice dovendo però dimostrare la sussistenza di una situazione sopravvenuta non imputabile al gestore del sito.
Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto? La rettifica prevista per i siti informatici è quella della legge sulla stampa, per la quale sono soggetti a rettifica tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni ritenute dai soggetti citati nella notizia “lesivi della loro dignità o contrari a verità”. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia, è quindi un criterio puramente soggettivo, ed è del tutto indifferente alla veridicità o meno della notizia pubblicata.
Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false? E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.
Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica? La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi sarà il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.
Sono soggetti a rettifica anche i commenti?Un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento (e contenuti similari) non dovrebbe essere soggetto a rettifica.
Quanto alle considerazioni di Mantellini sul Post, citate da Valigia Blu, sull'indignazione automatica della Rete a qualunque vero o presunto tentativo di ingabbiare o imbrigliare o bloccare in qualunque modo internet o la libertà d'espressione, replico che è vero, ma che purtroppo è l'unico modo per farsi ascoltare. Con il ragionamento pacato i politici, tanto per usare un francesismo, ci si nettano il derrière, cosa che ho verificato in una mia piccola questione personale, mentre se fai casino è capace che, per lo meno, si degnano di prenderti in considerazione. Non di ascoltarti, perchè ti ascoltano anche se, per dirla con Mantellini, provi a usare il ragionamento, ma di prenderti in considerazione, anticamera del concederti qualcosa, che è un'altra questione. Per sperare di cambiare una loro decisione, giusta o sbagliata che sia, devi usare la forza: del numero, della legge, della convenienza. Così è. Se fosse possibile ragionare, senza dover organizzare, preparare, viaggiare in lungo e in largo, semplicemente scrivendo al computer della scrivania di casa, perchè uno non dovrebbe farlo, con un bell'incipit retorico:
Gent.mo onorevole Tal dei Tali...Ma speri di convincerli? Alzare la voce è l'unico modo di chi ha poco o nessun potere di far fronte a un'ingiustizia, vera o presunta che sia. E' vero che c'è un rischio di automazione nell'indignazione e che questa può essere molto mal riposta. Non è questo il caso. Ma è comunque un prezzo da pagare per non cadere nell'uniformità nebbiosa dei punti di vista. Trovo però che l'esercizio del potere democratico debba essere gravato di questo obbligo: prendere in considerazione. Se poi l'intelligenza, ascoltando le buone ragioni dell'altro, prevale sull'orgoglio, allora tanto meglio. In quel caso l'automazione non serve.