Magazine Religione
In una fetta del mondo che va crescendo sempre di più, i cristiani non possono riunirsi e pregare in maniera sicura. I cristiani in Egitto, Cina, Iraq, India, alcune parti dell’Africa e dell’Indonesia - per citare alcuni esempi - devono stare nell’ombra quando vanno in chiesa, devono evitare certe persone, raggiungere i luoghi di culto per vie traverse, affrettarsi per affollare una chiesa tenuta al buio. Molti sperano che non vi siano bombe che esplodano durante il culto oppure che non vi siano terroristi o poliziotti ostili che facciano irruzione, infine si augurano di poter tornare a casa sani e salvi. Secondo la Conferenza internazionale sulla libertà religiosa, che si è svolta lo scorso settembre a Washington e che ha riunito rappresentanti ortodossi, protestanti, cattolici, ebrei e islamici, i cristiani sono diventati i rappresentanti della confessione religiosa che oggi viene maggiormente perseguitata al mondo. Questo odio ha un titolo: cristianofobia. Di recente ho avuto l’onore di parlare alla convention dell’Anti-Defamation League a New York. Il passaggio del mio intervento che ha ricevuto più riscontro e applausi è stato il seguente: «Gli ebrei e i cattolici devono essere ancora più uniti oggi dal momento che ebrei o cattolici innocenti sono nel mirino dell’arma di fanatici che li odiano solamente a motivo della loro fede». Secondo l’International Society for Human Rights, un associazione che si autodefinisce 'laica' e che ha base a Francoforte, l’80% di tutti gli atti di intolleranza religiosa nel mondo sono diretti verso coloro che professano la divinità di Gesù Cristo. Il noto giornalista John Allen, cronista del National Catholic Reporter , ha scritto: «Le minacce ai cristiani non arrivano solo dal crescente islam estremista, ma anche da una sconcertante varietà di forze: la crescita dell’induismo radicale in India; le politiche di regimi ufficialmente atei come Cina e Corea del Nord; antiche rivalità etniche e tribali in alcune parti dell’Africa». E aggiunge, in maniera incalzante: «Così come dal pregiudizio laicista contro ogni fede religiosa in alcune parti dell’Europa e del Nordamerica». I governi rimangono fermi. Chiedete a uno degli oltre 300 cristiani rimasti feriti o alle famiglie e agli amici delle 27 vittime massacrate al Cairo il 9 ottobre 2011 in quella che John Allen ha chiamato «la notte dei cristalli dei cristiani in Egitto», quando i soldati non solo non proteggevano i cristiani, ma anzi partecipavano alla furia della violenza. Il cardinale Kurt Koch, responsabile dei rapporti con le altre confessioni cristiane nel mondo, ha parlato di un 'ecumenismo dei martiri': oggi persone di qualsiasi fede devono fare esperienza di una solidarietà più viva da parte di chiunque creda. In questo modo si può difendere meglio la libertà religiosa e la sicurezza di quanti stanno versando il proprio sangue a causa della loro fede. L’arcivescovo Dominique Mamberti, 'ministro degli esteri' del Vaticano, ha chiesto l’istituzione di una 'Giornata mondiale di preghiera per le vittime delle persecuzioni religiose'. Un paio di anni fa, nel periodo di Natale, ho visito un campo di rifugiati in Orissa, in India. Migliaia di cattolici sfollati affollavano quel luogo; le suore di madre Teresa di Calcutta se ne prendevano cura, aiutate dal Catholic Relief Service. Quelle persone erano state cacciate dai loro villaggi, avevano visto le loro donne stuprate, decine di vicini ammazzati coi machete durante un attacco di estremisti indù. Era troppo pericoloso tornare a casa. Il governo non sembrava molto predisposto a garantirne la sicurezza nei loro villaggi di origine. In quel campo una bambina mi ha sussurrato: «Io spero che il nostro albero di Natale, il nostro presepe e i nostri regali siano ancora là. Siamo dovuti scappare appena prima della messa e ho lasciato tutto a casa…». Ora, sono solito ricordarmi delle parole di questa bambina ogni volta che a Natale mi inginocchio davanti al presepe nella nostra cattedrale di S.Patrick.
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