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La notte di Roma: Suburra continua.

Creato il 24 novembre 2015 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

La notte di Roma 350
Primavera 2015.
Il Samurai è in carcere. Sebastiano regge le fila del suo impero, ma con difficoltà. C’è chi sgomita per un posto al sole, e chi invece vorrebbe solo una fetta dell’ennesima, grande torta: il Giubileo…

Che “La notte di Roma” sia un’operazione commerciale è palese. Ma è altrettanto vero che quasi tutti i sequel lo sono, e che il grande pilastro del genere “mafia”, “Il Padrino”, fu scritto solo e soltanto per motivi commerciali. Puzo aveva i debiti e, davanti a un’offerta in denaro, mise da parte i suoi sogni letterari per produrre un grande romanzo popolare, nel senso positivo del termine.

Peccato che “La notte di Roma” sia ben lontano non solo da quel capolavoro, ma anche da Suburra.
Se dovessi sintetizzare le carenze del romanzo in una frase, sceglierei uno slogan tipo: “troppa politica, poca mafia”. Ma dato che ho lo spazio per una recensione, andrò avanti a snocciolare tutte le pecche, con la precisione un po’ cattiva del fan deluso.

Innanzitutto, i personaggi. Ok, credibili, verosimili, pure troppo, ma manca gente affascinante. Manca un personaggio capace di colpire, di appassionare, in un senso o nell’altro. Mancano degli equivalenti del Samurai (ridotto a comparsa per ovvi motivi), del Numero 8, di quel Marco Malatesta riuscitissimo e abbandonato, per motivi a me oscuri, sia nel film che in questo seguito non troppo convincente.

E dunque, venendo meno il fascino dei personaggi, cosa resta?
Sperare in una trama avvincente. Peccato che dopo un’introduzione a effetto e dei primi capitoli promettenti, il romanzo si perda dietro le dinamiche squallide e insulse dell’arrivismo e del trasformismo politico. A condire il tutto, le vicende di Martin Giardino, alter ego dell’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino.

Non è che la trama abbia delle falle o non sia credibile, è che proprio non appassiona. Mancano il ritmo e la tensione che rendono belle le quasi cinquecento pagine di Suburra. Restano solo la grande scorrevolezza dello stile e la facilità di lettura del primo romanzo, ecco quanto. Il libro scivola via facilmente, ma alla fine è difficile dirsi soddisfatti.
Peccato.
Probabilmente il sequel è arrivato troppo presto.

suburra_de cataldo_bonini

Aniello Troiano



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