Più volte in questa sede ci siamo soffermati a riflettere sulla nozione di progresso, nella sua relazione con l'arte e la sua storia, e in modo particolare ci siamo lasciati illuminare dalle interpretazioni del Magistero. A questo riguarda, la recente enciclica Laudato sì di Papa Francesco costituisce una occasione preziosa di riflessione.
Infatti, "l'invito a cercare altri modi di intendere l'economia e il progresso" costituisce uno degli "assi portanti che attraversano tutta l'Enciclica", uno dei temi che "non vengono mai chiusi o abbandonati, ma anzi costantemente ripresi e arricchiti" (n. 16).
Si sottolinea una maggiore consapevolezza che consente di superare la "fiducia irrazionale nel progresso" a lungo dominante (n. 19). Viene messo in evidenza che la crescita economica e il progresso tecnologico degli ultimi due secoli non hanno significato "un vero progresso integrale e un miglioramento della qualità della vita", portando invece anche "vero degrado sociale", "silenziosa rottura dei legami di integrazione e di comunione sociale" (n. 46).
Questa visione complessa consente di evitare posizione estreme: sia l'esaltazione acritica del progresso che la parimenti acritica condanna di ogni azione umana sul mondo: "Da un estremo, alcuni sostengono ad ogni costo il mito del progresso e affermano che i problemi ecologici si risolveranno semplicemente con nuove applicazioni tecniche, senza considerazioni etiche né cambiamenti di fondo. Dall'altro estremo, altri ritengono che la specie umana, con qualunque suo intervento, può essere solo una minaccia e compromettere l'ecosistema mondiale, per cui conviene ridurre la sua presenza sul pianeta e impedirle ogni tipo di intervento. Fra questi estremi, la riflessione dovrebbe identificare possibili scenari futuri, perché non c'è un'unica via di soluzione. Questo lascerebbe spazio a una varietà di apporti che potrebbero entrare in dialogo in vista di risposte integrali" (n. 60).
La fiducia illimitata nel progresso è tipica dell'uomo moderno, incapace di coniugare potenza e coscienza del limiti; citando ripetutamente La fine dell'epoca Moderna di Romano Guardini, Papa Francesco scrive: "Si tende a credere che "ogni acquisto di potenza sia semplicemente progresso, accrescimento di sicurezza, di utilità, di benessere, di forza vitale, di pienezza di valori",come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell'economia. Il fatto è che "l'uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza" perché l'immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell'essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza" (n. 105) .
In modo particolare "La sua libertà si ammala quando si consegna alle forze cieche dell'inconscio, dei bisogni immediati, dell'egoismo, della violenza brutale. In tal senso, è nudo ed esposto di fronte al suo stesso potere che continua a crescere, senza avere gli strumenti per controllarlo. Può disporre di meccanismi superficiali, ma possiamo affermare che gli mancano un'etica adeguatamente solida, una cultura e una spiritualità che realmente gli diano un limite e lo contengano entro un lucido dominio di sé" (n. 105).
Ma la libertà umana può anche essere capace di allargare lo sguardo e valutare i limiti: "É possibile, tuttavia, allargare nuovamente lo sguardo, e la libertà umana è capace di limitare la tecnica, di orientarla, e di metterla al servizio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale" (n. 112).
Un progresso autentico non può dunque essere valutato solo entro una prospettiva economica o entro "il paradigma tecnocratico", ma deve essere "sano", "umano", "sociale" e soprattutto "integrale".
La menzogna che il progresso economico rechi automaticamente felicità è del resto sempre più evidente:" la gente ormai non sembra credere in un futuro felice, non confida ciecamente in un domani migliore a partire dalle attuali condizioni del mondo e dalle capacità tecniche. Prende coscienza che il progresso della scienza e della tecnica non equivale al progresso dell'umanità e della storia, e intravede che sono altre le strade fondamentali per un futuro felice" (n. 113). E tuttavia, nonostante questa consapevolezza, il progresso continua ad esercitare una enorme attrattiva: "L'umanità si è modificata profondamente e l'accumularsi di continue novità consacra una fugacità che ci trascina in superficie in un'unica direzione. Diventa difficile fermarci per recuperare la profondità della vita" (n. 113). L'enciclica invita però a non rassegnarsi a questo oblio delle dimensioni umane come se fosse inevitabile lasciarsi trascinare dalla corrente impetuosa della tecnocrazia: "Non rassegniamoci a questo e non rinunciamo a farci domande sui fini e sul senso di ogni cosa. Diversamente, legittimeremo soltanto lo stato di fatto e avremo bisogno di più surrogati per sopportare il vuoto" (n. 113).
Occorre dunque una "coraggiosa rivoluzione culturale" (n. 114). Non si tratta di fermare il progresso ma di intenderlo diversamente, in modo più ampio e integrale: "Nessuno vuole tornare all'epoca delle caverne, però è indispensabile rallentare la marcia per guardare la realtà in un altro modo, raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili, e al tempo stesso recuperare i valori e i grandi fini distrutti da una sfrenatezza megalomane" (n. 114).
L'uomo e il suo lavoro devono essere il punto di vista di questa più ampia prospettiva, occorre "investire sulle persone" (n. 128).
Si tratta di un approccio non facile da comprendere e soprattutto da accettare:Quando si pongono tali questioni, alcuni reagiscono accusando gli altri di pretendere di fermare irrazionalmente il progresso e lo sviluppo umano. Ma dobbiamo convincerci che rallentare un determinato ritmo di produzione e di consumo può dare luogo a un'altra modalità di progresso e di sviluppo" (n. 191).
Servono dunque "nuovi modelli di progresso" (n. 194) che non siano semplicemente delle diplomatiche "vie di mezzo": "Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell'ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso" (n. 194). Per questa "ridefinizione" del progresso è fondamentale l'educazione, si tratta di una vera "sfida educativa" (n. 209), nella quale è centrale una "educazione ambientale" essa stessa ampia e integrale, che comprenda anche "una critica dei "miti" della modernità basati sulla ragione strumentale (individualismo, progresso indefinito, concorrenza, consumismo, mercato senza regole)" (n. 210).
Il vero progresso deve rispettare tutti "i diversi livelli dell'equilibrio ecologico: quello interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio " (n. 210).
In questa percorso culturale ed educativo per una vera nozione di progresso, è fondamentale la ricerca della bellezza: "La liberazione dal paradigma tecnocratico imperante avviene di fatto in alcune occasioni. [...] quando la ricerca creatrice del bello e la sua contemplazione riescono a superare il potere oggettivante in una sorta di salvezza che si realizza nel bello e nella persona che lo contempla" (n. 112).
Rodolfo Papa, Presidente della Accademia Urbana delle Arti