Facciamocene una ragione. Il giornalismo digitale ha stravolto completamente il mondo dell’informazione. Archiviata l’era dei vari Montanelli, Scalfari e Biagi che donavano ai lettori il loro sapere pigiando i tasti della Lettera 22 e preso atto che i grandi giornalisti sono attualmente molto pochi, questa è l’epoca delle testate online che – come richiede una platea sempre più distratta e frettolosa – propongono cronaca spicciola e sintetica in tempo reale, magari riportando le notizie scovate direttamente dai loro lettori. I politici twittano direttamente le news senza aspettare l’ufficialità dei comunicati stampa, i fatti corrono velocissimi, postati in tempo reale sui social network e sui blog prima ancora di arrivare nelle redazioni delle agenzie di stampa. E il giorno successivo, quando sono ormai passato remoto, le stesse notizie finiscono con approfondimenti di vario tipo sulle pagine dei giornali. La categoria dei giornalisti è rappresentata sempre più spesso da cronisti faidatè che non hanno avuto alcuna possibilità di imparare il mestiere nelle redazioni o lo hanno imparato solo teoricamente nelle scuole di giornalismo. I maestri in grado di trasmettere qualche trucchetto del mestiere sono ormai personaggi mitologici, eroi dell’età dell’Arcadia dell’informazione. In questo scenario, la funzione del giornalista è cambiata profondamente. E oltre le tecniche di storytelling – la scrittura è diventata enormemente più sobria ed essenziale rispetto a quella cui ci aveva abituato la tradizionale carta stampata – è radicalmente cambiata la prospettiva dalla quale il giornalista deve saper guardare la realtà.
Dei nuovi scenari del giornalismo digitale e delle opportunità di crescita che questa sfida offre alla categoria parlerà il prossimo 10 maggio il giornalista de L’Espresso Federico Badaloni, che terrà a Cagliari una lezione nell’ambito del Programma di formazione continua per il 2014 organizzato dall’Ordine dei Giornalisti della Sardegna.
Esperto di architettura digitale, Badaloni lo scorso anno ha tenuto una lezione molto interessante durante il corso di formazione annuale organizzato dall’Ucsi a Fiuggi. Ecco, masticati, personalizzati e reinterpretati dal sottoscritto, alcuni dei temi trattati in quella lezione.
La rivoluzione del giornalismo digitale
Fermo restando che qualsiasi lavoro, anche quello giornalistico, dovrebbe essere sempre pagato in maniera adeguata, è incontrovertibile il fatto che il giornalismo digitale ha imposto una chiave di lettura, una “cifra” direbbero quelli più bravi, che non può essere trascurata: l’essenza stessa del web è infatti la condivisione dei contenuti, che assumono valore solo ed esclusivamente se circolano e vengono scambiati il più possibile.Se in passato esistevano pochi mezzi di comunicazione ai quali l’opinione pubblica attribuiva una eccezionale autorevolezza (“Lo ha scritto il giornale”. “Lo ha detto il telegiornale”) oggi praticamente tutti, con un blog o con i social network, possono tranquillamente scrivere tutto e il contrario di tutto. Questo processo assolutamente democratico ha sconvolto completamente i canoni della vecchia informazione. Se prima l’assunto era la veridicità delle notizie divulgate dai mass media, oggi su internet si parte dall’esatto opposto: dalla loro falsità fino a prova contraria.
Oggi, più che i contenitori e gli involucri sono importanti i contenuti, le informazioni che si vogliono trasmettere e condividere con il maggior numero di persone.
In questo bombardamento di notizie il professionista del giornalismo digitale – navigando un mondo potenzialmente infinito e scivoloso – per sopravvivere ed essere credibile ha l’obbligo di essere estremamente serio e autorevole. Deve instaurare un rapporto di fiducia con i suoi lettori o con i suoi ascoltatori. Deve instaurare relazioni.
Se i mezzi di comunicazione tradizionali hanno sempre carpito con l’inganno l’attenzione del pubblico (l’esempio è quello della tv che, al momento di massima tensione di un film interrompe il programma e manda in onda la pubblicità), nel web il solo mezzo per attirare l’attenzione è la fiducia. Il giornalista digitale diventa autorevole e acquista il diritto di esprimere la propria opinione quando – oltre a offrire contenuti corretti e veritieri – ascolta i propri lettori, rispetta la loro privacy, risponde, dà valore alle persone con cui dialoga e interagisce, cita correttamente le fonti che utilizza. E ammette anche i propri errori: il galateo digitale vuole infatti che gli sbagli non vengano eliminati ma barrati e resi comunque visibili.
Fiducia, condivisione, ascolto, correttezza, umiltà: a pensarci bene i valori del giornalismo digitale potrebbero benissimo rappresentare un ritorno alla vera essenza del mestiere del giornalista. Valori che ultimamente, questo lo afferma il sottoscritto, tendono ad essere calpestati da un’informazione spesso altezzosa, supponente e allo stesso tempo servile e pronta a calarsi le braghe davanti ai poteri forti.
Allora il passaggio al digitale, con le nuove sfide che esso comporta, può essere una buona occasione per dare nuovo smalto al giornalismo, inteso come ricerca della verità e correttezza nell’esercizio della professione.
Per questo, l’Ucsi, accogliendo il suggerimento del sottoscritto, ha proposto all’Ordine dei Giornalisti della Sardegna una giornata di formazione sul giornalismo digitale tenuta proprio da Federico Badaloni. Nella convinzione che provare a pensare ad una visione “alta” del giornalismo, inteso come una missione, una condivisione e in un certo qual modo un dono di sé, possa stimolare, motivare e far crescere un po’ tutti.
Soprattutto chi fa questo mestiere da tanto tempo e magari ormai tira a campare e riempie pagine senza neppure più creder troppo in quello che sta facendo; chi si è visto sbattere in faccia troppe porte e sta pensando seriamente di cambiare mestiere e chi infine si affaccia adesso al giornalismo pieno di belle speranze e ha bisogno di motivazioni forti per affrontare l’amaro che gli toccherà bere.
Rivolgere lo sguardo in alto non può che far bene a tutti, anche in una realtà come quella del giornalismo sardo che – oltre che naturalmente da tanti buoni e onesti professionisti – è fatta, è inutile nasconderlo, anche di tanta precarietà, sfruttamento, prepotenze e ingiustizie.
Allora bisogna auspicare che il giornalismo digitale, oltre ad essere uno strumento di condivisione di buoni contenuti, possa diventare anche un dignitoso strumento di sopravvivenza per chi lo esercita.