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La crisi di questi giorni in Kosovo è stata causata dal tentativo di Pristina di forzare la situazione e saggiare la capacità di imporre la propria autorità sul nord del territorio, dove i serbi sono maggioranza, si rifiutano ostinatamente di arrendersi alla realtà dell'indipendenza proclamata dagli albanesi e hanno costruito istituzioni parallele che non riconoscono altro governo che quello di Belgrado.
La reazione violenta dei serbp-kosovari potrebbe però essere anche diretta proprio contro il governo serbo che in pochi mesi ha consegnato al Tribunale internazionale gli ultimi due super-ricercati per crimini di guerra e ha avviato negoziati tecnici con la controparte albanese, mettendo da parte per ora, con lungimiranza e realismo, la questione dello "status". Proprio l'atteggiamento pragmatico mostrato da Belgrado potrebbe aver indotto nei serbo-kosovari la sensazione di essere stati abbandonati dalla madrepatria spingendoli a reagire con durezza alla provocazione degli albanesi.
Come si può dare una prospettiva di soluzione ad una situazione in cui le opposte intransigenze bloccano qualunque compromesso? Non con le alchimie politico-diplomatiche, ma piuttosto con l'economia. Affrontando i problemi pratici della popolazione, come i negoziati tecnici tra Belgrado e Pristina hanno cominciato a fare. Dando un futuro ad una terra, il Kosovo, totalmente in mano alle mafie politiche e criminali, da una parte, e, dall'altra, avviando concretamente il processo di integrazione europea della Serbia.
Questo, in estrema sintesi, il contenuto dell'intervista a Matteo Tacconi per Radio Radicale.
Giornalista esperto di Europa centro-orientale e Balcani, Matteo è autore, tra l'altro, di Kosovo: la storia, la guerra, il futuro (Castelvecchi, 2008) e curatore del blog Radio Europa Unita.
Ascolta qui l'intervista a Matteo Tacconi
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