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La nuova "Primavera" /Pierangelo Sequeri riflette e ci fa riflettere sulle parole di Papa Francesco

Creato il 16 marzo 2015 da Marianna06

 

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Costruire una nuova primavera per Tutti.

 

Come?

 

Pierangelo Sequeri, teologo, raffinato musicista e sacerdote, in un recente editoriale del quotidiano “Avvenire”, commentando le parole di Papa Francesco a proposito della necessità, assolutamente non tramandabile ai nostri giorni, di una “Chiesa in uscita”, ci ricorda che il centro di Tutto, il centro del Messaggio cristiano è per noi, come lo è per gli altri, soprattutto per quei credenti ormai tiepidi o che stanno rischiando d’intiepidirsi, soltanto Gesù.

E c’invita, nuovamente, a intraprendere i passi nella giusta direzione.

Vangelo alla mano.

E in questo anche Papa Francesco, da parecchio tempo a questa parte, è stato molto chiaro.

Basta poco- ha ricordato più volte il Papa- per soffermarsi a riflettere sulla Parola ma l’importante è farlo. Ogni momento è buono.

Il nodo da sciogliere è, piuttosto, il non fermarsi al già fatto, al già vissuto, magari guardandolo pure  con un certo ché di soddisfatto compiacimento.

Non è così, infatti. Se così fosse, di cristianesimo abbiamo capito poco o nulla.

Ci stiamo solo auto-gratificando. Pratichiamo quello che comunemente si dice l’ “auto-incensarsi”. E non è questo che occorre alla Chiesa.

I doni che lo Spirito ci dà, a ciascuno in maniera differente, vanno spesi- sottolinea don Sequeri – per l’utilità di tutti, proprio come ha precisato fino dagli inizi San Paolo, il primo grande missionario.

Questo auto-compiacersi lo si vede molto di frequente nei gruppi e nei movimenti ecclesiali (e non solo in essi) e decisamente non è un bel vedersi in quanto non produce nulla di innovativo.

Non aggiunge. Sottrae, semmai.

E’ più un chiudersi, un isterilirsi che un aprirsi ai fratelli.

E il discorso vale anche per il singolo,sovente convinto d’essere persino un buon praticante.

Il teologo  Sequeri invita, perciò, ciascuno a essere capace, quando ci si accorgesse dello scatto della trappola, di mettersi da parte per fare spazio a quel cammino che conduce a Gesù e farlo, proprio come suggerisce Papa Francesco, nella maniera la più semplice possibile.

Perché la fede è cosa semplice.

E’ quell’affidarsi senza riserve (come il neonato con la madre) al Padre (Dio è padre e madre) che ci ama da sempre e che ha testimoniato il suo amore per noi attraverso il suo unico Figlio e, ancora,  che ci fa dono dei carismi affinché noi impariamo a spenderli e bene e per il bene di tutti.

E di richieste di necessità di bene nel mondo ce ne sono tantissime.

Giungono da ogni parte. Basta sapersi guardare intorno. Non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Difficile (come il giovane benestante che voleva seguire Gesù e poi rinunzia) è mettere da parte, piuttosto, le comodità e le sicurezze, alle quali siamo abituati.

Perché l’andare ai fratelli, nel vicino o nel lontano che sia, comporta proprio questo : il distacco dai nostri beni per portare bene ad altri.

Più chiaramente: lo “scomodarci”.

E Sequeri chiama questo superamento del “sé” col nome appropriato e cioè svuotamento ,ossia kenosis,  che arricchisce di grazia colui che dona.

Le parole di Pierangelo Sequeri scaturiscono, come ugualmente lo è per Papa Francesco, e per tanti altri uomini e donne di buona volontà, capaci di leggere i “segni dei tempi”, dalla consapevolezza delle enormi difficoltà di questa fase storica di transizione,che stiamo vivendo oggi, una fase nel corso della quale non bisogna perdere, tuttavia, le speranze di un possibile rinnovamento.

Di una rinascita. Di una nuova primavera, appunto. E le speranze vanno alimentate allo stesso modo in cui si attizza il fuoco, perché non divenga cenere.

E le nuove dinamiche, su cui occorre puntare, includono comunque la”missio ad gentes”.

La missionarietà come carisma, tanto nel vicino che nel lontano, sarà, infatti, sempre attuale a dispetto di coloro che la considerano retaggio di una cultura passata e superata.

Le ingiustizie, l’illegalità erte a sistema, le guerre, i soprusi, i nuovi martiri, chiamano, oggi come ieri, da laggiù in lontananza o da qui, cioè da più vicino a noi, perché si ponga, senza essere eroi, in qualche modo  un po’ di  riparo a danni certi. E  noi, che diciamo di amare Gesù, non possiamo fingere di non ascoltare.

Ecco, allora, che può rinascere, e  rinasce effettivamente, quella voglia di andare, che porta “Bene”(aiuti materiali) e “Buona novella”(Parola di Dio) a tanti uomini, donne, anziani, bambini,che ancora purtroppo abitano i difficili territori della Storia odierna.

Perché presenza, ascolto, comprensione dei problemi dell’altro a qualunque latitudine è appunto declinare con essi e per essi “Amore” proprio come fa il Padre nostro con noi.

 

                                  Marianna Micheluzzi  (Ukundimana)

Il dipinto in alto a corredo del testo è dell'artista albanese  Georgio Gjergi Kola

 

Missionario


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