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«La pace in Europa non è scontata»

Creato il 03 novembre 2011 da Exodus, Di Luca Lovisolo @LucaLovisolo

Mercoledì 26 ottobre mattina, la Cancelliera federale tedesca Angela Merkel ha reso a Berlino le proprie dichiarazioni alla Camera dei deputati tedesca prima di recarsi al vertice europeo di Bruxelles, dove sarebbero state decise drastiche misure per contrastare l’attuale crisi dell’euro. Dal discorso della Cancelliera emerge l’idea di Europa che la Germania intende sostenere in questa difficile fase storica. Riporto alcune parti del discorso, che merita un’attenta considerazione, soprattutto se confrontato con l’inconsistente dibattito che si svolge in altri Paesi.

La signora Merkel ha esordito elencando le sfide che oggi attendono l’Unione europea: trasformarsi in un’area di stabilità, vincere la crisi, trovare soluzioni per i Paesi più fortemente indebitati, correggere gli errori affinché non si ripetano, evitare il contagio di altri Paesi con misure preventive per il futuro e affrontare le cause della situazione attuale alle radici.

L’Unione deve «rafforzare al massimo i propri fondamenti, di fronte alla più difficile prova alla quale è mai stata sottoposta finora». Dopo aver lodato Irlanda e Portogallo per le misure adottate, la signora Merkel si è lungamente diffusa sulla situazione greca, ricordando le azioni ancora da intraprendere e la necessità di sostituire i controlli sporadici con una sorveglianza permanente. «Ogni aiuto – ha sottolineato – dev’essere subordinato severamente a delle condizioni», annunciando anche iniziative volte a favorire concretamente gli investimenti di aziende tedesche in Grecia, per sostenere la ripresa del Paese mediterraneo, poiché «noi vogliamo che la Grecia si rimetta in piedi».

In ogni caso, la stabilizzazione in Europa non deve avvenire a danno dei Paesi che, come la Germania, hanno guadagnato posizioni grazie alla loro competitività. E’ anzi necessario introdurre nelle Costituzioni dei Paesi membri una soglia all’indebitamento e instaurare un sistema di controllo che permetta all’Unione europea di intervenire concretamente nei singoli Paesi, quando essi non rispettano i parametri del patto di stabilità, inclusa la possibilità di denunciare alla Corte europea di giustizia il Paese che infrange ripetutamente gli standard economici. In questo contesto la signora Merkel ha lodato la Spagna, che ha rapidamente introdotto nella propria Costituzione la soglia d’indebitamento poco prima di indire le elezioni.

La crisi ha insegnato a tutti che «se un Paese viola il patto di stabilità mette in pericolo l’euro, perciò è necessario intervenire, e finora non lo si è fatto. O risolviamo adesso i problemi di concezione dell’Unione monetaria, o non li risolveremo mai più». Su questa base è necessario coinvolgere tutti i Paesi dell’Unione, non solo quelli dell’area euro, per evitare una divisione tra coloro che già adottano la valuta comune e quelli che vi aderiranno in futuro.

In vista del prossimo G20, la signora Merkel ha sottolineato che «non dobbiamo soltanto ammonirci a vicenda, ma agire». Questa crisi è per tutti un «territorio sconosciuto» di fronte al quale bisogna valutare consapevolmente i rischi: se i rischi sono sopportabili, è necessario agire anche in presenza del rischio. Anzi, ha detto la Merkel: «Voglio fare un passo in più. Oggi il rischio sarebbe non correre il rischio. Non ho soluzioni alternative migliori, dopo aver verificato tutte le possibilità.»

La Germania «è il Paese europeo economicamente più forte, ma non è l’ombelico del mondo». Il mondo, ha proseguito, «guarda all’Europa e alla Germania per vedere se siamo capaci di assumerci le nostre responsabilità nella peggior crisi finanziaria mai vissuta sinora». Nessun altro Paese trae così tanti vantaggi dall’euro come la Germania, ecco perché «ciò che è bene per l’Europa è bene per la Germania. Lo dicono cinquant’anni di pace e benessere in Germania e nel Continente.»

Particolarmente significativa la lunga parte finale delle dichiarazioni della Merkel. «Guardando la situazione non solo economica, ma anche politica di certi Paesi europei, permettetemi una considerazione personale. Nessuno dovrebbe pensare che un altro mezzo secolo di pace in Europa sia una cosa scontata. Non lo è affatto. Se fallisce l’euro, fallisce l’Europa, e non deve accadere. Abbiamo un dovere storico: difendere e proteggere con tutti i mezzi ragionevolmente disponibili e praticabili l’opera di unificazione europea iniziata dai nostri precedessori dopo secoli di odio e spargimento di sangue. Le conseguenze [di un fallimento] non sarebbero prevedibili.»

«Non si dovrà mai dire – ha concluso la Cancelliera – che la nostra generazione, che si è assunta responsabilità politiche nel primo decennio del ventunesimo secolo, ha fallito dinanzi alla Storia. Questo è il messaggio che il Parlamento tedesco lancia oggi agli Uomini in Germania, in Europa e nel mondo. Un messaggio che va ben oltre l’economia e la politica: la Germania protegge e sostiene il processo di unione dell’Europa. Potete stare certi – ha sottolineato la Merkel di fronte ai deputati e al folto pubblico presente sulle gradinate del Bundestag – che porterò questo messaggio nei non facili negoziati di oggi a Bruxelles

Parlando sempre in prima persona singolare o plurale, Angela Merkel non è mai caduta né in contrapposizioni di politica interna (pur molto accese anche in Germania) né in considerazioni propagandistiche. Ha dato l’impressione di un capo di Governo che considera l’intera Europa come il suo proprio naturale spazio d’azione, che indica percorsi e obiettivi non solo per il proprio Paese ma anche per gli altri, consapevole della responsabilità storica di una Nazione che deve alla pace e alla prosperità in Europa, alle quali ha anche significativamente contribuito, la sua ricostruzione dopo due guerre catastrofiche e quarant’anni di divisione.

La centralità della Germania può dispiacere a taluni. Essa pare sostenuta da una reale percezione della gravità del momento storico. Una percezione totalmente assente, ad esempio, in Italia, che pur avrebbe tutti i numeri per partecipare alla gestione della crisi, ma si è di fatto condannata a un ruolo subordinato. Non si vedono oggi, in verità, molti uomini politici europei in grado di rivaleggiare con una visione così globale della difficile realtà del momento, e che abbiano alle spalle un Paese con la credibilità necessaria a difendere tale visione. L’unico che può avvicinarvisi il francese Sarkozy. Una condizione che può piacere o non piacere, ma che a oggi non ha alternative concrete. | ©2011 Luca Lovisolo


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