La pagina di un libro/33 - Il libraio di Selinunte

Creato il 06 febbraio 2012 da Mapo
Il libraio di Selinunte, di Roberto Vecchioni, è il libro che ha dato il nome a questo blog che, perdendo pezzi qua e là, è arrivato sino a questo 2012 a cui, salvo finisca davvero l'universo e quindi, inevitabilmente, anche il sottoscritto, proverà caparbiamente a sopravvivere.Ricomprarlo, vederselo arrivare a casa in un pacchettino imbottito e leggerlo tutto d'un fiato mentre fuori nevica ha il sapore di un ricordo d'altri tempi, qualcosa di antico e prezioso.

"Il libraio era lì dentro, e di lì non sarebbe mai uscito, non poteva essersi salvato in nessun modo. Intrappolato lassù nella sua stanza, con quell'unica stretta scala per scendere a pianterreno.L'incendio doveva essere scoppiato all'improvviso, e partito da più punti, a giudicare dall'ampiezza. Colto di sorpresa, forse non aveva avuto nemmeno il tempo di venir giù nella libreria, che comunque doveva essere già un inferno, perchè c'erano i libri, troppi libri divorati dalle fiamme. I libri! Guardai intorno a me, fissai il cielo sopra la mia testa: pagine intere, ritagli, frammenti danzavano qua e là, prendendo l'aria, risalendo col vento, lasciandosi cullare, per ricadere e di colpo tornar su. Alcuni erano candidi, intonsi, come strappati a mano dai volumi e gettati tutti interi fuori dalla finestra. Altri erano abbruttiti, accartocciati, piegati su se stessi. Qualcuno ancora conservava deboli scintille accese lungo i margini: fumavano, s'incrociavano, si urtavano, parevano piccole farfalle malate, piccoli uccelli accecati che non san più la via e lasciano le ali al vento, per farsi portare.Fu un gesto irrazionale, lo so, ma presi a correre e saltare come un pazzo lì in mezzo per raccoglierne quanti più potevo. Come un ubriaco che tornando a casa fa gran balzi per acchiappare le stelle, la luna. E gli altri commentavano e ridevano.Nessuno capì, tutti lo presero per un gioco; qualcuno mi gridò di stare attento, che era pericoloso. Arrivarono mamma e papà trafelati, mi strattonarono, mi pregarono di venire via di lì. Ma più mi tiravano e più mi liberavo, e intanto catturavo fogli, angoli, pezzi di pagine che poi non sapevo dove mettere, perchè avevo due tasche sole, ormai gonfie, e una mano ne teneva sì tantissimi, ma l'altra dovevo lasciarla libera per acchiappare al volo. Non c'era un senso o uno scopo in quel che facevo: quei piccoli ritagli erano ormai illeggibili e anche se li avessi presi tutti non avrei potuto ricostruire una sola frase, un solo verso. Ma così è la disperazione, come una preghiera senza destinatario".Roberto VecchioniIl libraio di SelinuntePag. 49



Sperando che chiunque di noi, ora e sempre, sia disposto a gettarsi nel fuoco per difendere le parole e quello che rappresentano.

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