Frida ha stregato Roma. Chi vive nella capitale, lo sa bene: libri, pamphlet e scritti sull’artista più famosa del Messico hanno invaso gli scaffali di tutte le librerie. Frida Kahlo è un mito, un’icona, un simbolo; la sua vita è un crogiolo di emozioni, dolori, passioni, speranze, lotte. Quando si parla di Frida tutto è elevato all’ennesima potenza. Quella che potete ammirare presso Le Scuderie del Quirinale (fino al 31 agosto) è la prima retrospettiva in Italia della messicana più famosa al mondo e presenterà oltre 160 opere tra dipinti e disegni. Il progetto è a cura di Helga Prignitz‐Poda, autrice del catalogo ragionato dell’artista. L’esposizione documenta l’intera carriera artistica di Frida Kahlo riunendo i capolavori assoluti dei principali nuclei collezionistici, raccolte pubbliche e private, provenienti da Messico, Europa e Stati Uniti. Oltre quaranta straordinari ritratti e autoritratti, tra cui il celeberrimo ʺAutoritratto con collana di spineʺ del ʹ40, mai esposto prima d’ora in Italia e immagine della mostra; l’“Autoritratto con vestito di velluto” del ’26, dipinto a soli 19 anni, il suo primo autoritratto, eseguito per l’amato Alejandro Gòmez Arias con l’intenzione di riconquistarlo, in cui lei si ispira a Botticelli e al Bronzino con l’intento di fare del suo autoritratto un’icona moderna, intrisa di glamour ed erotismo. Completa il progetto una selezione di disegni, tra cui lo “schizzo a matita per il dipinto Ospedale Henry Ford (o Il letto volante)” del ’32; il famoso “corsetto in gesso” che tenne Frida prigioniera subito dopo l’incidente e che dipinse ancor prima di passare ai ritratti (un pezzo unico che si credeva perduto fino a poco tempo fa) ed infine alcuni eccezionali ritratti fotografici dell’artista, in particolare quelli realizzati da Nickolas Muray, per dieci anni amante di Frida, e tra questi “Frida sulla panchina Bianca, New York, 1939” diventato poi una famosa copertina della rivista Vogue. Le opere di Frida non possono essere comprese da chi non conosce il vissuto di questa donna che ha ammaliato uomini e donne [La pittrice ebbe (fra le tante) una relazione con Chavela Vargas, la più famosa cantante messicana di tutti i tempi]. El elefante y la paloma (l’elefante e la colomba), così soprannominarono Frida e Diego Rivera subito dopo il loro matrimonio. In tanti sapevano che Frida sarebbe divenuta famosa ma oggi possiamo affermare senza tema di smentita che “la paloma” è riuscita a distanziarsi anni luce dalla fama del marito, il noto pittore e muralista. Le opere di Frida non sono soltanto un ritratto della sua vita, delle sue passioni e dei suoi dolori; sono anche simboli e cultura precolombiani (interpretati ed inseriti in contesti moderni e/o spirituali), desiderio di uguaglianza, spirito rivoluzionario, femminismo, libertà. “Ero solita pensare di essere la persona più strana del mondo ma poi ho pensato, ci sono così tante persone nel mondo, ci dev’essere qualcuna proprio come me, che si sente bizzarra e difettosa nello stesso modo in cui mi sento io”.
Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón diceva di essere nata nel 1910, mentre in realtà era nata il 6 luglio 1907 a Coyoacán (Città del Messico). Amava considerarsi figlia della rivoluzione messicana che iniziò nel 1910 e terminò nel 1917: “Sono nata con una rivoluzione. Diciamolo. È in quel fuoco che sono nata, portata dall’impeto della rivolta fino al momento di vedere giorno. Il giorno era cocente. Mi ha infiammato per il resto della mia vita. Sono nata nel 1910. Era estate. Di lì a poco Emiliano Zapata, el Gran Insurrecto, avrebbe sollevato il sud. Ho avuto questa fortuna: il 1910 è la mia data”. Nel “Autoritratto con scimmie” (in esposizione alla mostra) possiamo ammirare Frida circondata dal suo piccolo stuolo di studenti, raffigurati scherzosamente sotto forma di scimmiette in adorazione. Personalmente ho sempre invidiato Guillermo Monroy, Fanny Rabel, Arturo García Bustos ed Arturo Estrada: Los Fridos; così si soprannominarono gli allievi di Frida. Chi conosce la vita di Frida sa quanto l’aura che circonda le sue opere sia in grado di far sgorgare slanci vitali. Nelle sue opere la voglia di lottare ed il desiderio di volare convivono con la presenza costante dell’oscurità, con un passato (visibile sul suo corpo) di cui Frida non riuscì mai a liberarsi. A pagina 134 del suo diario possiamo leggere “Pies para qué los quiero, si tengo alas pa’ volar” (“Piedi perché li voglio, se ho ali per volare”). Chi conosce ed ama Frida, capirà e comprenderà.
di Alessandro Cotugno