Facile collegare quanto sta emergendo intorno ai lavori per l’Expò 2015 di Milano con ciò che accadde oltre vent’anni fa nello stesso capoluogo lombardo. Allora, quella che era considerata la capitale morale d’Italia si ritrovò al centro di un sistema diffuso di intrecci illeciti tra politica ed economia, attraverso il quale venivano offerte corsie preferenziali all’imprenditoria in cambio di tangenti destinate al finanziamento dei partiti, con la costituzione di appositi fondi neri. Era un sistema che coinvolgeva tutti i partiti italiani, chi più chi meno, chiamando direttamente in causa i vertici nazionali. Non si parlava di mazzette, ma di maxi-tangenti, divise in porzioni direttamente proporzionali alla rilevanza di ogni singolo partito. Ci furono arresti su arresti, suicidi, errori giudiziari, latitanze e, ovviamente, una pioggia di condanne. Fu la fine ingloriosa di un sistema di potere durato 45 anni, basato sulla centralità della Dc nel governo nazionale e sulla forte presenza territoriale del Pci, con i partiti minori a cercare di infilarsi negli spazi giusti per non essere schiacciati. Un sistema che aveva rilanciato l’Italia tra le potenze mondiali, ma su basi inquinate dalla speculazione e dalla corruzione, dalla connivenza con la malavita organizzata e dall’esercizio eversivo di taluni poteri costituzionali. Fino alla fine degli anni settanta, questo sistema aveva mantenuto una certa discrezione nel suo espletarsi, ma con il finto boom degli anni ottanta, la lievitazione dei costi della politica, ormai in balia della bolla mediatica, aveva portato i partiti ad avere la necessità di trovare quote di finanziamento illecito sempre maggiori. Il mariuolo Mario Chiesa colto con le mani nella marmellata fece scoperchiare la pentola e venne fuori tutto il marcio del sottobosco partitico italiano.
Oggi quel sistema non c’è più. C’è la corruzione, c’è l’infiltrazione malavitosa, ma non più con una organizzazione accettata e riconosciuta da buona parte della politica. Non perché la politica sia diventata virtuosa, ma perché la Magistratura e altri elementi, come la personalizzazione e la frammentazione politica, non hanno consentito che prassi illegali si potessero diffondere in maniera sistematica, costringendo i male intenzionati a una certa anarchia nella pratica della mala politica. Prova ne sia che tentativi di costituire associazioni criminali come la P3, così come le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel nord, siano state fronteggiate tempestivamente dalla Magistratura, disinnescando la P3 ancor prima che si rendesse pienamente operativa e ridimensionando gli intenti della ‘ndrangheta di entrare pervasivamente nelle amministrazioni locali. I fatti emersi sull’Expò milanese dell’anno prossimo sono esemplari, sotto questo punto di vista. Quattro ex-politici – due dei quali, Greganti e Frigerio, già coinvolti e condannati per vicende legate a Tangentopoli – incapaci di accettare la marginalità della loro posizione, mettono su una combriccola per cercare di condizionarie gli appalti per l’evento meneghino, in forza di un potere che pare più millantato che effettivo. In effetti, dei quattro, l’unico ancora attivo politicamente è Luigi Grillo, Senatore Pdl fino al 2013, oggi vicino ad Alfano, comunque senza incarichi istituzionali; Greganti e Frigerio, all’epoca di Tangentopoli importanti dirigenti rispettivamente di Pci e Dc, oggi paiono più dei disperati che cercano di rimanere attaccati a un mondo che non c’è più, come dimostra la malinconica tessera del Pd fatta dal compagno G nel 2012 in una sezione torinese; il quarto, Cattozzo, è addirittura un doppio ex – sindacalista e dirigente Udc – riciclatosi come procacciatore d’affari, con predilezione per gli appalti pubblici.
Non c’è da minimizzare sui reati eventualmante commessi, ma appare chiara la natura dilettantesca della combriccola messa su dai quattro irriducibili pensionati. Anzi, trovo in questa vicenda un indizio di normalizzazione del fenomeno corruttivo in Italia. Un evento come l’Expò attirerebbe intenzioni poco oneste in qualsiasi democrazia occidentale, Germania compresa. Certo, in Italia rimaniamo dei veri stakanovisti nel settore, ma il fatto che la Magistratura sia intervenuta in corso d’opera, bloccando tempestivamente gli affari della combriccola, è segno che il controllo sugli intrecci illeciti tra politica ed economia stia iniziando a funzionare come dovrebbe, anche grazie alla legiferazione a cui la politica è stata costretta, sotto la pressione della stessa magistratura e dell’opinione pubblica. Piuttosto, desta inquietudine lo scontro aperto tra il Procuratore di Milano Bruti Liberati e il suo Aggiunto Robledo, con le accuse di intralcio alle indagini del primo e la denuncia al Csm per irregolarità nell’assegnazione delle indagini presentata dal secondo. Uno scontro che non aiuta certo a creare un clima di serenità all’interno della Magistratura.