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La parola a un medico rianimatore: chi mente su Ebola?

Creato il 13 ottobre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
400px-Bubonic_plague-es_svgdi Salvo Figura. Nel 1348 dodici galee genovesi provenienti dall’oriente portarono, a Messina una delle più grandi catastrofi epidemiologiche nella storia dell’Umanità: la peste bubbonica che presto divenne polmonare e setticemica. Alla fine dell’epidemia il settanta per cento degli abitanti di tutte le città europee era stato decimato. Si calcola che tra i venticinque e i trenta milioni di individui morirono di quella terribile malattia. La nostra fortuna, quella di noi esseri tecnologici del 2014, è che l’agente etiologico della peste è stato bene individuato, e soprattutto, è un batterio!

Facile da individuare, facile da colpire, facile da sconfiggere.

Circa trent’anni fa spuntò un nuovo ospite indesiderato: HIV, responsabile dell’AIDS.

Si gridò alla peste del secondo millennio, ma ci si accorse che bastava un profilattico e un po’ di cura nei rapporti interpersonali, per creargli dei buoni ostacoli alla diffusione.

Adesso, come evocato dalle coscienze più nere delle malvagità umane, è spuntato EBOLA: filo- virus dalla virulenza impressionante e dalla contagiosità estrema se, come pare, all’infermiera spagnola che lotta tra la vita e la morte, è bastato un errore nella sequenza della svestizione per auto contagiarsi e contagiare a sua volta altre persone.

Non voglio fare il catastrofista o il menagramo, ma la situazione odierna è milioni di volte peggiore di quella pestilenza cui ho prima accennato, e almeno cento volte peggiore dell’AIDS.

È inutile che la graziosa e sorridente ministra della salute, Lorenzin, dirami dispacci tranquillizzanti: siamo nella cacca.

Le direttive per gli ospedali e i soccorritori sono “stringenti” come recita la circolare dell’8 ottobre. Stringenti significa che i soccorritori e i medici sono ad altissimo rischio se non adottano, e nella giusta sequenza, i presidi di protezione individuale.

Bene, si sappia che occorrono oltre 15 minuti per la vestizione con scafandro, maschera totale, cappuccio, guanti scarpe e quant’altro. Che questo “novello marziano” potrà resistere al massimo 50 minuti dentro quella barriera, dopodiché rischia la disidratazione, e recita l’adagio del 118 “soccorritore morto non soccorre nessuno” e che occorrono altri 35-40 minuti per la svestizione che a sua volta deve seguire un protocollo rigidissimo e sequenziale se non si vuole un nuovo infetto.

Adesso provate a immaginare un “povero” militare di “Mare Nostrum” che debba abbordare, così vestito, un barcone di 400 disgraziati, alcuni o anche uno solo dei quali sospetto di portare Ebola!

Sì perché tra le altre cose, il “nostro” virus ha una incubazione di tre settimane e la sua contagiosità avviene solo a malattia conclamata il cui primo segno è la febbre.

A nulla serviranno i termometri alle frontiere, alle dogane agli aeroporti. Se un soggetto risulterà negativo, ciò non significa che nella due settimane successive, il virus che covava in corpo non possa esplodere e infettare altre persone. E allora?

Ecco un estratto dall’incipit di Jim Garamone che l’8 ottobre scorso, in un suo pezzo, citava fonti del Dipartimento della Difesa USA:

WASHINGTON, Oct. 8, 2014 – The potential spread of Ebola into Central and Southern America is a real possibility, the commander of U.S. Southern Command told an audience at the National Defense University here yesterday.

“By the end of the year, there’s supposed to be 1.4 million people infected with Ebola and 62 percent of them dying, according to the [Centers for Disease Control and Prevention],” Marine Corps Gen. John F. Kelly said. “That’s horrific. And there is no way we can keep Ebola [contained] in West Africa.”

If it comes to the Western Hemisphere, many countries have little ability to deal with an outbreak of the disease, the general said.

Da dove prende queste cifre il militare? Semplice: un individuo è in grado di infettarne altri 2-6, come affermato da fonti informate.

Basta quindi fare un piccolo calcolo esponenziale ed ecco il nostro milione e mezzo di infettati di cui oltre un milione sarà morto entro la fine dell’anno in corso.

Vi ho riportato solo degli stralci di queste dichiarazioni per motivi di spazio, ma posso assicurare che si tratta di documenti e dichiarazioni ufficiali.

Qual è allora il problema vero?

È quello che non si dice abbastanza sul problema, I comunicati sono edulcorati mentre nell’arco di quindici giorni, si è passati dai 1500 agli oltre 4000 morti in Africa.

Ma problema ancora più grave e soluzione che NON si vuole prendere, è quello degli sbarchi indiscriminati in Sicilia. Come ho già ripetuto, il controllo coi termometri serve solo a identificare i casi manifesti, ma a quel punto, tutte le persone venute a contatto col soggetto infetto saranno state a loro volta infettate. È necessario a mio avviso mettere in atto un sistema di quarantena da attuare in mare aperto a bordo di una nave ospedale idoneamente attrezzata. Altra soluzione ancora più drastica, ma occorrerebbero interi eserciti internazionali, sarebbe quella di porre la quarantena nei posti di imbarco!

Non è più ammissibile più che si facciano sbarcare 400-600 rifugiati col solo controllo del termometro. Stiamo giocando davvero col fuoco. Ebola ha una mortalità di oltre il 65% e il contagio avviene per contatto diretto o con le droplets(le goccioline di saliva di uno starnuto). Non c’è da meravigliarsi se nel frattempo, il virus si stia attrezzando per la diffusione aerea e allora sarebbe davvero una catastrofe.

È orribile ma pare di assistere a un film di fantascienza o a un libro di Ludlum. Non vorrei si arrivasse al coprifuoco anche in Europa, al blocco degli scali o alla giustizia fai da te per gli immigrati.

Ripeto, situazione di allarme rosso, ma non di allarmismo. Per fortuna nel frattempo i laboratori italiani, americani e anche russi pare siano in grado di produrre un vaccino da qui a sei mesi. Ma dovremo confrontarci con quel milione di morti che nel frattempo si avranno.

Salvo Figura.

Medico Rianimatore

Ragusa.

Featured image, difusión de la Peste negra. En verde, las áreas de menor incidencia.

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