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La parola al libraio. Marco Guerra di Pagina 348 (2)

Creato il 28 ottobre 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

locandina_7nov_webCOSA SI FA CON UN LIBRO?

Cosa si fa con un libro? Un libro si vende. La parola al libraio

Venerdì 7 novembre alle 21 – Marco Guerra di Pagina 348
Via Caffaro, 10 (Garbatella) – sede di Altrevie

INGRESSO LIBERO

 

Uno degli autori preferiti di Marco Guerra è Fabio Bartolomei, scrittore romano che ha esordito nel 2011 con Giulia 1300 e altri miracoli (e/o).  qui la nostra prima intervista.
Dopo il grande successo Bartolomei ha smesso gli abiti del pubblicitario per indossare quelli dello scrittore a tempo pieno, pubblicando sempre per e/o La banda degli invisibili , We are the family, e l’ultimo uscito Lezioni in paradiso.

I libri di Fabio Bartolomei vanno a ruba da Pagina 348. Lo abbiamo incontrato in libreria nelle vesti di “libraio per un giorno”. Qui l’intervista.

Sono iniziate le riprese del film di Edoardo Leo tratto dal primo romanzo Giulia 1300 e altri miracoli.

Nel mese di ottobre il libro più venduto è proprio Lezioni in paradiso, che sarà presentato in libreria sabato 8 novembre alle 17:30, con l’autore.

Qui  proponiamo il primo capitolo.

Era lì per lo stesso motivo per cui la salsedine si deposita sugli scogli e la muffa spunta negli angoli delle pareti umide. Trovarsi sulla cima di quel palazzo di periferia era nella natura delle cose, Costanza non poteva essere altrove. Per quanto ne sapeva, era giunta a destinazione senza compiere alcun tragitto, senza flettere un solo muscolo. Senza nemmeno averne avuta la volontà.

La cosa non la stupì. Su quella terrazza sconosciuta tutto le apparteneva. Le crepe nell’intonaco, le antenne arrugginite, ogni singola mattonella di scadente granito erano parte di una vita vissuta, la sua, della quale però non aveva coscienza.
Smarrimento e delusione emersero senza più alcun vigore, con perimetri incerti, come le rovine di un impero dimenticato.
Di fatto, si sentiva fiduciosa.
Intorno a lei, le corde vocali di acciaio e gomma avevano smesso di vibrare. La città era annichilita da suoni primordiali. Ragnatele che tremavano al vento, polmoni che filtravano aria, radici che assaggiavano il terreno.
Non più urla ma il fremito dell’acqua di una pozzanghera, non accensioni di motori ma vortici d’aria. Lo schiocco di un ramo esausto.
Costanza aveva la pelle di un bianco ostinato, gli occhi azzurri e i capelli neri che si avvitavano dolcemente dal collo in giù. La sua bellezza possedeva ancora l’incanto della materia terrena: nitida, raccontata con discrezione dalle linee ondulate della sua veste leggera, un confine di cotone e acrilico tra lei e la perfezione del creato.
Nulla era cambiato, nulla era più come prima, pensava.
Di chiaro, in quei primi istanti, avvertiva solo il propagarsi di una sensazione di completezza. Dentro di sé, dove per una vita aveva percepito le assenze – delle persone, delle parole, dei gesti, degli attimi –, ora sentiva solo le presenze. Tutto ciò che la circondava era lì per lei.

lezioni
Si guardò intorno. La volta celeste che aveva sempre immaginato era in realtà una terrazza decrepita in una periferia soffocata dai palazzi; ne prese atto con un sentimento che il suo cuore decifrò come gioia. E gioiosa era l’altezza. Non una visione dall’alto dei cieli, ma comunque qualcosa di notevole, un quindicesimo piano.
Davanti a lei, sulla terrazza del palazzo accanto, circondato da lenzuola bianche stese al sole, apparve un uomo calvo dall’aspetto fragile, chino su una scrivania. Una fila di grandi mutande pendeva afflitta sulla sua testa, come la decorazione di una festa del bucato appena conclusa.
L’uomo la guardò e lei fu lì, davanti alla sua scrivania.
Alle leggi della dinamica si era sostituito una sorta di principio di ineluttabilità. Costanza accettò il fenomeno con fiducia, senza capire il mistero dell’assenza di tempo e di spazio ma accogliendone il risultato.
Una vecchia scrivania come ne aveva viste tante, con tubolari di ferro sverniciato, un piano di legno coperto da una lamina scheggiata di plastica verde chiaro. Davanti alla scrivania due sedie, sue figlie mai cresciute. L’uomo le fece cenno di accomodarsi. Prese da un cassetto una cartellina logora, di un celeste sbiadito, ne estrasse dei fogli e li lesse. Guardò la ragazza. Tornò a leggere.
«Lei non ha nessuna esperienza, ma in fondo è un buon curriculum» disse l’uomo corrugando la fronte. «Una sola bestemmia in trentatré anni, notevole».
«Ho bestemmiato?» chiese lei, sinceramente incredula.
«Venticinque febbraio duemilatredici, ore ventuno e diciassette. Subito dopo le prime proiezioni sul risultato delle elezioni. Ne sono arrivate a milioni» minimizzò l’uomo.
La ragazza ricordò e sorrise, scoprendosi incapace di provare imbarazzo.
«Come le sarà noto, noi siamo un’azienda leader del settore. Cerchiamo persone motivate, desiderose di imparare un mestiere prestigioso e gratificante…».
«Io sono molto motivata» l’interruppe Costanza.
Con uno sguardo prolungato l’uomo dimostrò di non aver gradito. Le mutande stese sopra di lui fecero una prova di volo, offrendosi con timido entusiasmo a un vento passeggero.
Costanza tossì. L’uomo indugiò ancora e le fissò le labbra, quasi a scongiurare l’eventualità che ne fuoriuscissero altri suoni.
«Dicevo… lei non ha nessuna esperienza» continuò.
In parte era vero, in parte no. Costanza non aveva nessuna esperienza di lavoro, aveva però quasi dieci anni di esperienza in fatto di stage, corsi di apprendistato, tirocini, lavoretti in nero e colloqui con persone che invariabilmente le dicevano: «Lei non ha nessuna esperienza».
La fiducia della quale si sentiva pervasa le suggerì di non replicare. L’uomo distolse lo sguardo dai fogli, la fissò di nuovo a lungo e chiarì, una volta per tutte, che sperava di arrivare alla fine del discorso senza altre interruzioni, comprese quelle telepatiche.
«Ma l’azienda è disposta a investire su di lei. Se vuole dare un’occhiata…» le disse mettendole davanti un contratto.
Costanza lo guardò a lungo, ne sfogliò persino le pagine, ma l’emozione non le permise di leggere una sola riga.
«È a tempo determinato?» gli chiese.
«Qui ne facciamo solo a tempo eterno. Conoscenza e beatitudine le saranno retribuite secondo la normativa vigente. Non si preoccupi, è tutto in regola». Poi si fece serio.
«È una mia scommessa personale, non mi faccia pentire della scelta».
Con le gambe che scodinzolavano sotto la scrivania, Costanza attese diligentemente il permesso di parlare: «Non se ne pentirà» disse infine con entusiasmo.
libri bartolomei
L’uomo socchiuse gli occhi e annuì con indolenza. Ci teneva a farle sapere che quella risposta l’aveva sentita migliaia di volte. Poi cambiò espressione.
«Come si sente?» le chiese. E fece un gesto con la mano, ad accompagnare l’uscita di parole che sapeva essere già sulla punta della lingua di Costanza.
«Direi… gioiosa. E fiduciosa».
«Bene bene» disse lui con soddisfazione.
«E mi dica, si ricorda come è arrivata qui?»
«Non saprei. Ero lì, e ora sono qui».
L’uomo ripose la cartellina nel cassetto, ne prese un’altra e per la prima volta le concesse un sorriso amichevole.
Costanza nemmeno se ne accorse.
Aveva inseguito il suo primo vero lavoro per anni, a partire da una settimana dopo la laurea, ed era passata dal: “Lei è ancora troppo giovane” al: “Lei è un po’ troppo in là con gli anni” senza che in mezzo ci fosse mai stata l’offerta di un impiego stabile o qualificato. In quel momento, impreparata com’era a godere di una normalità che si era abituata a considerare inesistente o semplicemente non riservata a lei, Costanza esitò. Non sapeva cosa avrebbe dovuto fare né cosa si aspettassero da lei, eppure si sentiva giusta, scelta, preferita. Le sembrò meraviglioso. A saperlo, sarebbe morta prima.

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Fabio Bartolomei


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