La parola è un bastone consunto, testimone d'una staffetta infinita: è, nella sua leggerezza, infinitamente pesante, e ricca, la parola: molto più ricca e potente di chi la pronuncia. La parola che passa di bocca in bocca, stralunandosi e caricandosi di aliti pestiferi; la parola che puzza di anime morte, ha sottofondi di rantoli e di gole sgretolate, di squallide dentiere...
La parola che ci siamo tolti di bocca prima che ci resti incastrata tra i denti, la parola slabbrata come un sottofondo allusivo per passaggi finanziari, la parola che si strozza in gola o si perde nel vento mentre il cavaliere crociato si lancia al galoppo...
La parola infilata negli strumenti a fiato, nei clarini che parlano in falsetto, i tromboni che fan la voce grossa... anche il tamburo detta il tempo alla banda musicale La Legionaria di cui si è persa traccia...
A Cairo Montenotte un maestro di musica provetto saliva su di una cassetta e davanti al leggio con la bacchetta tracciava segni nell'aria, in piazza Stallani nel 1934. Lo leggiamo nella fotografia che la figlia ha conservato e con gentilezza l'ha divulgata... lo stesso anno veniva a Cairo il sardo Pietro Pintor del 1880 per l'inaugurazione del busto di Abba e parlava con un reduce di guerra... lui era un generale di fanteria e dopo solo sei anni moriva ad Acqui, in volo...
Ogni parola, per quanto ce ne liberiamo da sbadati, ci arriva come un osso antico dal fondo del tempo: milioni di uomini, per miliardi di volte, per migliaia di anni, l'hanno usata, mutandone i significati e la forma, sfrangiandola in miriadi di varianti e di svarioni ....
Il busto di Abba veniva svelato in quel 1934 davanti ad una folla estiva radunata con sfarzo davanti alla Casa Littoria... e la fanfara militare suonava inni di gloria.
6 gennaio 2015 Bruno Chiarlone Debenedetti