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La Parola che crea il Mondo

Da Marialuisapesce @marialuisapesce
La Parola che crea il MondoAppassionata fin da piccola di mitologia, simbolismo e archetipi, devo aver trascorso interi pomeriggi a leggere di antichi dei e dee, che da sempre incrociano le nostre storie, frammenti di una stessa Idea che cambia continuamente forma, cangiante come la luce rifranta da un cristallo: uno il raggio, molteplici le emanazioni dei suoi colori. Ho sempre avvertito che il Mondo poggiava le sue radici su un calderone di racconti che fin dall'inizio dei tempi hanno accompagnano le notti dell'uomo. Per me, persa nei libri, era evidente che la Parola era la radice stessa della Magia. Incantare è solo una forma più raffinata del cantare, un mago è anche un bardo e non è un caso che anticamente la Scrittura fosse un sapere iniziatico che veniva trasmesso solo ad alcuni accoliti nei templi, così come la Musica e i Numeri. Poche cellule di sapere nel mondo tramandavano la Conoscenza che è la sacra arte di riflettere la Verità. La realtà è fatta di noi: la fisica quantistica ci spiega che l'osservatore è parte dell'osservato, che il fenomeno si modifica mentre viene “misurato”, che la materia che noi conosciamo è composta di particelle e di onde, che tutto ciò che ci circonda appare e scompare continuamente, con la reale possibilità che a ogni nuova materializzazione la configurazione di ciò che ci è noto si modifichi. Ora, se il mondo che viviamo e che siamo è davvero così inafferrabile, gli sciamani non erano troppo lontani dal vero quando affermavano di riuscire a viaggiare fra i vari piani della realtà. Il Mondo è un'Idea. Meglio. Il Mondo è un'idea che si modifica continuamente. Il costruttivismo ci ha insegnato che la realtà è negoziabile, che il vero è ciò in cui crediamo, e che valori ontologici assoluti come Bene e Male possono essere efficacemente sostituiti con idee di Bellezza e Armonia. Giusto e sbagliato sono convenzioni, Caos e Cosmos raccontano forse meglio in che modo la realtà si aggrega e si disgrega. Esiste sempre un principio ordinatore, all'inizio di ogni Cosmogonia, che dal Nulla, inteso come Possibilità del Tutto, trae le Forme del conosciuto. In principio c'è una possibilità che viene selezionata fra mille, un po' come quando la nostra rete neurale predilige alcune sinapsi a discapito di altre e crea la Forma della nostra identità, l'orma lasciata dal nostro passo. Chi è questo principio ordinatore? Dio? Io? La coscienza? La Consapevolezza? È ovvio che ho qualche idea al riguardo. Se è reale la stanza in cui scrivo, per lo stesso principio lo sono gli dei in cui credo. Soprattutto se quell'idea prende forza dal focus di più persone nel corso del tempo. Quell'idea ha un potere, il mio, unito a quello di molti altri. In Magia questa è un'eggregora. Noi la chiameremo semplicemente Forma. Come viene magnificamente spiegato nelle Nebbie di Avalon, il romanzo della compianta Marion Zimmer Bradley, tutti gli Dei sono Uno, perché dall'Uno, che non può essere detto poiché nessuna lingua può comprenderlo (l'Uno è al di là della lingua, essendo precedente al pensiero) scaturiscono tutte le identità degli Dei che veneriamo. Perché qualcosa nasca basta “chiamarla”, invocarla. Se i nostri pensieri fossero puri, noi parlando opereremo magie ogni giorno. Tale è il potere della parola. Un Dio è un'Idea, e in un'idea, soprattutto quando è condivisa, c'è sempre molta forza. Questo è il punto. Gli Aborigeni Australiani raccontano che noi sogniamo il Mondo, tutti insieme. Il Mondo è una costruzione più o meno condivisa nelle sue varie parti: laddove due o tre di noi si riuniscono per fare lo stesso Sogno, ne generano un pezzetto. Nella Bibbia, e soprattutto in quel meraviglioso Vangelo iniziatico che è il testo di Giovanni, Dio è una Parola che soffia sulle acque del Nulla e genera tutte le cose. 
In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l'hanno accolta .

Nella Genesi Dio dice e col semplice atto di dire fa il mondo. Se, come credo, Dio e Io coincidono, allora raccontare storie racchiude potere. Benedire e maledire hanno potere e generano karma, ovvero un solco, una preferenza, una selezione di alcune possibilità a discapito di altre. Se le mie parole creano il mio Mondo, allora è decisamente il caso che io ne parli bene. Da questo mio peregrinare all'origine di tutti i racconti si intuisce perché io passi la mia vita a raccogliere storie che hanno potere e fanno Anima, nel senso più letterale del termine: perché esse partoriscono pezzi di questo calderone che è l'Anima del Mondo, il Sogno universale in cui tutti siamo immersi, come all'interno di un grembo materno, continuamente partorendoci. Nel racconto del Re Pescatore, mentre i convitati sono seduti a tavolo durante una festa al Castello, appare una coppa magica dalla quale ognuno estrae tutto ciò che desidera, benché essa al suo interno sia vuota. E' interessante ricordare che i due re feriti non guariscono perché Parsifal non pone loro domande sulla natura del Graal e che il racconto rimane senza finale. Non è forse il racconto stesso una domanda lasciata aperta? E come mai il semplice atto di porre domande ha insito in esso il potere di guarire? Raccontare storie può guarire la nostra idea semplicemente modificandola e, se l'idea si modifica,, il nostro mondo sana le sue ferite. Questo è il potere delle favole, questo è il potere del mito, da sempre.

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