Nel novembre del 1961, a dieci chilometri a nord di Preveza (ex Nicopoli), vicino al villaggio Mihalici - nel cimitero di un antica città tesprotica ancora sconosciuta (forse Berenica, fondata da Pirro Molosso) - è stata rinvenuta un'iscrizione risalente al secolo V-IV a. C., sulla quale si legge chiaramente il nome DIOZOTOS.
In precedenza, vicino al paesino di Gurana, periferia della Pandosia tesprotica, 30 km a sud di Dodona, è stata rinvenuta un'altra iscrizione con lo stesso antroponimo DIOZOTOS, che viene datata intorno al IV secolo (360-365 a. C.).
Se dobbiamo andare ancora più indietro nel tempo, verso la seconda metà del XIX secolo, era molto conosciuta un'iscrizione del VI secolo a. C., rinvenuta su un vaso di ceramica, opera dell'artista pelasgico THEOZOTO, che era conosciuto nel mondo antico, originario forse della Beozia. A questo grande pittore i Greci avevano dato l’appellativo metek (straniero, non ellenico), per sminuire, con quel generico soprannome, la sua vera origine, con molta probabilità pelasgica.
Vaso raffigurante scena con animali (sotto il vaso, la riproduzione completa della scena). In calce, la firma dell'autore THEOZOTO.(secolo VI a. C. Museo del Louvre)
Particolare: la firma del maestro pelasgico THEOZOTO. Da notare che la firma è senza il suffisso finale greco S
La presenza, per niente casuale, della parola “ZOT” in queste tre iscrizioni, stranamente non è stata, fino ad oggi, approfondita come meriterebbe dagli studiosi.
Gli antroponimi pelasgico – tesprotici DIOSZOTOS oppure DIOZOTOS, tradotti letteralmente, significano (uomo) di Zeus, di Dio; invece il nome THEOZOT/S/ (uomo) di Dio, del Signore è una tautologia del greco ZEUS-DIOS, THEÓ[S] e del pelasgico ZOT (in albanese Dio). Possiamo dire che appartiene alle tautologie studiate dal nostro ellenista Spiro Konda, come “MALOROS”, “MALEIAON ORO” e GURO-PETRA”, “GURAS PETRAS” che incontriamo in Omero.
Così si evidenzia che 26 secoli fa, grazie al mezzo di comunicazione più usato in tutta l’Europa e nel Mediterraneo, e cioè la lingua greca (scritta), è riuscita a diffondersi e a sopravvivere l’ancestrale parola pelasgica ZOT. Da queste tre iscrizioni possiamo dedurre che la parola pelasgica Zot è arrivata intatta alla odierna lingua albanese, e quindi possiamo considerarle come i primi documenti dell’albanese scritto.
Merita attenzione una fotografia di un vaso di ceramica rinvenuto a Taranto ed esposto nel museo di Benevento fino a prima della seconda guerra mondiale (sfortunatamente è andato perso durante un bombardamento), perché si nota l’iscrizione BASILEUS PYRRO (secolo III a. C.). Così come nell’antroponimo THEOZOTO (secolo VI a. C.), anche qui non troviamo il suffisso S, che è indispensabile nel greco antico. Anche nella seconda iscrizione fra DIO e ZOT non troviamo questo suffisso.
Comunque questi “errori” linguistici ci dimostrano che gli autori epiroti che hanno inciso le iscrizioni non adoperavano il greco antico come lingua madre, in quanto scrivevano secondo le regole di un'altra lingua che consideravano la propria: quella pelasgica.
Questi tre documenti epigrafici, che non si possono decifrare con il greco, hanno un inestimabile valore storico e linguistico perché sono testimonianze autentiche del passato, e come tali ci aiutano a confermare quello che ritroviamo costantemente nelle nostre fonti orali. Infatti, in alcuni racconti albanesi pubblicati nel 1875, il re degli dei, a Dodona e dintorni, molti secoli prima dei Greci, veniva chiamato solamente ZOT (che sta per Zeus, Dio, Signore, ecc.). In questa raccolta, pubblicata nella zona sud dell'Albania 136 anni fa (1875), si dice:
“[…] Zoti (Zeus),… secondo le credenze degli Epiroti, non è nato a Dodona, nei palazzi di suo padre Crono, ma a “Palavli”(paesino in Albania), dove si trovava uno dei tanti pascoli di Crono, e da lì è stato aiutato a fuggire dal porto di Saranda con destinazione Creta, dove è cresciuto e dove regnò […], non lontano dal castello di Crono si trova un paese che si chiama “Palavia e Zotit” (Palavia di Zeus) […] Lì arrivò Rea e partorì Zotin (Zeus) e lo aiutò nella sua fuga verso Creta. Poi Zoti (Zeus) andò in Asia e arrivò fino in India […].
Credo che ulteriori commenti siano superflui.
Liberamente tratto dal libro Pellazgët: origjina jonë e mohuar di Dhimitri Pilika
Traduzione dall’albanese di Elton Varfi