THE ANGELS’ SHARE (Uk, Francia, Belgio, Italia 2012)
Nel processo di distillazione del whisky, la “parte degli angeli” è quella quantità di prodotto che, con il passare degli anni, evapora nell’aria, rendendo un po’ più leggere le botti di rovere per l’invecchiamento. Ed è proprio la tipica acquavite scozzese la vera protagonista di questa deliziosa e dolceamara commedia firmata Ken Loach. Perché del whisky si innamora perdutamente Robbie, ex teppistello di Glasgow deciso a cambiar vita dopo aver avuto il primo figlio. E grazie al whisky ci riuscirà, sebbene in un modo non del tutto ortodosso.
Scritto da Paul Laverty, consueto collaboratore del regista inglese, La parte degli angeli inizia come il più tipico dei film loachiani (squallide periferie urbane, diseredati che vivono al confine tra colpa e redenzione, povertà, mancanza di lavoro, qualche scena violenta ecc.), trasformandosi però, col passare dei minuti, in qualcosa di un po’ diverso. Non tanto nella forma (essenziale, come sempre quando si parla di Loach) o nel contenuto “ideologico” (la simpatia del regista e dello sceneggiatore sta come di consueto dalla parte dei reietti, spesso visti come vittime, magari ingenue ma non cattive, di una società crudele), quanto proprio nell’intreccio: La parte degli angeli è una sorta di “truffa perfetta”, un Ocean’s eleven dei poveri, una Stangata aggiornata ai nostri (grigi) tempi.
Divertente e appassionante, questo film è, pur nella sua estrema semplicità, forse il migliore di Loach dai tempi ormai lontani dell’inarrivabile Il vento che accarezza l’erba (2006). Attori per lo più sconosciuti, ma forse Roger Allam l’avete già visto in V per Vendetta e Tamara Drewe.
Alberto Gallo
(vedi anche In questo mondo libero…, Il mio amico Eric e L’altra verità)