La parte degli angeli è un film che ad un pubblico filisteo (così come sono alcuni personaggi) potrebbe apparire un miracolo sociale, un caso eccezionale, con tutte le riserve che la storia offre una vicenda deplorevole.
Ma il regista Ken Loach vuole offrirci un’analisi più sensibile, una parabola e una testimonianza di vita: come da radici malate e velenose sia possibile in realtà che sbocci una sagoma speranzosa e vittoriosa, un racconto complessivamente genuino ed umano, sostenuto dalla naturalezza e dalla bizzarria dei protagonisti, indiscutibilmente la forza propulsiva dell’intero film.
Robbie è un giovane spiantato, dal carattere impulsivo e riottoso, in attesa di diventare padre. A causa di un gratuito episodio di violenza viene condannato ai lavori sociali, qui imparerà a conoscere e a conoscersi, ridiscutendo il suo ruolo di padre e di uomo. Le cose cominceranno a farsi più scoppiettanti nel momento in cui scopre di possedere un sagace olfatto e un’inaspettata passione per il whisky; e quando si diffonde la notizia dell’asta di un barile da un milione di sterline ecco che l’astuzia dei quattro amici si accende per regalarci una divertente avventura.
La parte degli angeli si sostiene su una vasta rete di relazioni, amiche e nemiche, in cui il gruppo di reietti, dei socialmente falliti, irradia le peripezie con la loro simpatia e vitalità, e ciò che permette loro di prevalere su un’ambiente che li esclude è la loro sincera amicizia e solida collaborazione, che li inserirà in un progressivo processo di redenzione.
In realtà il racconto non vuole prendersi troppo sul serio, la stravaganza e l’eccentricità dei personaggi è indispensabile e irrinunciabile, così che i protagonisti preserveranno fino all’ultima scena il loro temperamento scanzonato, l’unico che diverge leggermente è Robbie, chiamato alle responsabilità paterne.
Nonostante il tanto whisky la storia non si piega (quasi) mai alla comicità strabordante e sbronza, ma suscita un sorriso e una risata felice e bonaria, perché La parte degli angeli mira a questo e altro: riesce ad appassionare con sviluppi e scoperte emozionanti, farci sperare e parteggiare per i quattro buoni ladri, e anche palpitare dalla tensione nelle scene più ansiose.
Non resta quindi che lasciarsi travolgere dai giovani protagonisti che dentro e fuori il film hanno un unico e naturale desiderio: essere compresi e apprezzati, una vita normale.
A cura di Gabriele Vertullo, titolare di “At The Movies”
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