Da decenni si discute di riforme istituzionali, quanto meno dal 1987, ma non si sono mai fatte. Perché ?
Forse perché i politici italiani non le vogliono ? In parte. Esistono sicuramente persone che hanno un sincero desiderio di poter riformare lo Stato e la sua Costituzione repubblicana.
Sono però una minoranza.
In realtà la maggioranza dei parlamentari italiani, sia della prima che della seconda Repubblica stanno bene come stanno.
E d’altra parte dove trovare una Nazione occidentale e sviluppata che abbia un sistema in cui il segretario di un partito può mandare a catafascio un Governo, provocare le elezioni anticipate e condizionare così pesantemente le istituzioni, se non in Italia?
Lo schema si è appena ripetuto a Dicembre 2012, quando l’On.Alfano, ha sfiduciato informalmente (pure questa è cosa degna di nota….) il Governo in carica, provocandone le coerenti dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica, da cui sono conseguite le elezioni anticipate del 24/25 Febbraio scorso.
Ma lo stesso schema si è già visto all’opera diverse volte anche nella storia. Per non tornare molto indietro nel tempo, basti ricordare l’episodio Mastella nel 2008, con alcuni deputati che per sbeffeggiare l’allora capo del Governo, On.Prodi, si misero a mangiare con le mani larghe fette di mortadella in aula, sotto gli occhi degli italiani, alcuni dei quali (me, per esempio) inviperiti per lo scempio del Parlamento, così mangerecciamente perpetrato!
Ma come mai succede tutto questo in Italia?
Forse non tutti sanno che nel nostro sistema istituzionale il Governo è un concetto instabile e precario:
- Il Presidente della Repubblica lo nomina
- ma deve ottenere la fiducia delle Camere per operare con pienezza dei poteri
- se non ottiene la fiducia, il Presidente della Repubblica deve indire le elezioni, salvo che non trovi una maggioranza diversa in Parlamento, attraverso nuovi tentativi (i mandati “esplorativi”).
Il Governo dipende dalla fiducia del Parlamento, quindi, e non dal Presidente della Repubblica che pure lo nomina. Ma questo atto presidenziale – senza fiducia delle Camere – ottiene solo l’effetto di atto amministrativo, non politico; il Governo traghetta il paese verso le elezioni, se non ha la fiducia di entrambe le Camere.
Se il Governo dipende dal Parlamento, da chi dipende quest’ultimo ?
I parlamentari sono eletti dai cittadini, da noi, ma sulla base di liste bloccate formate dalle segreterie dei partiti politici, senza che si possano esprimere preferenze dall’elettore, bocciando questo o promuovendo quello.
E’ vero che il parlamentare italiano, Costituzione alla mano, non ha vincolo di mandato. Quindi potrebbe anche non obbedire alle direttive di partito. Ma questo avrebbe un certo peso, se fosse scelto dai cittadini con il sistema delle preferenze; che però non eliminano del tutto il problema del peso dei partiti, anche se certamente lo attenuano.
Questo in effetti spiega anche perché – alla fin fine – né Bersani, né Berlusconi, hanno fatto le corse per cambiare questa legge elettorale, non a caso definita come tutti sappiamo…..perchè in realtà il partito in questo modo – nominando di fatto i parlamentari, li condiziona in modo totale.
Tornando perciò al potere dei partiti, esso si manifesta in tutta la sua ampiezza quando si considera che tutte le pubbliche nomine di manager, amministratori, direttori ecc…ecc…che spettano al Governo, devono essere gradite ai partiti ed ai loro apparati, dato che il Governo dipende dal Parlamento che a sua volta dipende dai partiti.
L’ultimo Governo è riuscito ad effettuare alcune nomine in modo abbastanza libero, solo perché sapeva che nessuno dei due partiti maggiori che lo sostenevano avrebbero avuto il coraggio di staccargli la spina (si era nella Primavera 2012, se non sbaglio).
Quindi, il potere spetta ai partiti che lo esercitano sui parlamentari, che lo esercitano sul Governo, nei modi che sappiamo. Tutto questo si chiama “partitocrazia”.
Questo male, tutto italiano, attraverso il condizionamento sul Governo e sul Parlamento, finisce per sminuire di fatto quest’ultimo (i parlamentari ubbidienti definiti “schiaccia pulsanti”) dato che le leggi vengono approvate in realtà tramite accordi tra partiti, che il Parlamento si limita a ratificare.
Ma sminuisce anche il Governo, perché ogni suo atto dev’essere preventivamente gradito alle segreterie di partito. E questo condiziona pesantemente larghi settori dell’economia reale, perché in Italia la mano pubblica è ancora – nonostante tutto – molto presente sul mercato attraverso le partecipazioni pubbliche.
Ecco che i partiti possono quindi diventare anche centri di potere economico, come dimostra del resto la vicenda del Monte dei Paschi di Siena, arcinota, su cui non mi voglio dilungare, perché il mio ragionamento non è sui mali ma sulla cura.
Sui mali s’è già scritto parecchio: alcuni sono dell’opinione che a causa dei partiti e dei loro poteri si sia perso il senso dello Stato, del merito, si viva di raccomandazioni ecc..ecc…
Detto questo, come fare allora per guarire dalla partitocrazia?
Guardiamo cosa succede all’estero.
Se diamo per scontato che in Gran Bretagna, in Francia e negli USA, nonché in Germania, non si hanno casi di partitocrazia, almeno così devastanti come in Italia.
Ci siamo chiesti perché e come possono influire su questo i loro sistemi istituzionali ?
Io una risposta forse ce l’ho: in questi paesi i Governi – formalmente o di fatto – sono eletti dai cittadini e non dal Parlamento.
USA: sistema presidenziale puro. Il Presidente viene eletto dagli americani e resta in carica indipendentemente dall’avere una maggioranza nel Parlamento o meno. Anzi, il Parlamento viene eletto due anni dopo il Presidente, proprio per limitarne i poteri (si elegge una maggioranza democratica se il Presidente è Repubblicano o viceversa) o anche per aumentarne l’azione (quando si elegge una maggioranza dello stesso partito del Presidente).
Francia: sistema semipresidenziale. Il Presidente viene eletto dai francesi, separatamente dal Parlamento. Se questo gli è favorevole, attraverso il primo ministro il Presidente esercita pienamente le sue funzioni esecutive; se questo gli è ostile, deve di fatto limitarsi a rappresentare la Nazione e coabitare con un primo ministro che dovrà nominare nel campo avverso.
N.B. in entrambi i paesi, comunque, anche in presenza di Presidenza di un colore e Parlamento di un altro, non si sono verificati casi di stallo istituzionale tali da paralizzare la vita pubblica.
In Gran Bretagna la Monarchia ha un ruolo nell’esecutivo tale da impedire che i partiti possano condizionarlo eccessivamente (il Sovrano nomina i ministri ed il governo risponde solo al Sovrano ed alla Camera bassa), anche in virtù della possibilità che ha di non approvare le Leggi votate dal Parlamento (anche se sono più di 300 anni che questo non succede).
In Germania, infine, il sistema è parlamentare come da noi ma il Governo è nominato dal Parlamento e non dal Presidente (che si limita ad indicarlo); questo comporta il fatto che per mandare a casa un Governo, occorre averne un altro pronto a prendere il suo posto. Il sistema ha una sua stabilità per questo ed anche per via della serietà dei politici teutonici, che rispondono all’opinione pubblica in un sistema etico, figlio di una cultura politica molto diversa dalla nostra.
Ora, fermo restando che i meccanismi istituzionali contano molto soprattutto quando sono corroborati da un’opinione pubblica pronta a scandalizzarsi sul serio, da una stampa libera ed aggressiva e da una cultura popolare basata su valori etici di un certo tipo, non c’è dubbio che in tutti i casi appena visti, abbiamo trattato sistemi presidenziali o con un numero di partiti largamente inferiore al nostro.
A questo punto possiamo tirare una conclusione. Per eliminare la partitocrazia italiana occorre imitare uno dei paesi che ho citato e mutuarne il sistema istituzionale, ovviamente escludendo la Gran Bretagna, visto che non vogliamo diventare una monarchia.
Personalmente, ritengo che per motivi legati alla numerosità attuale dei partiti sia preferibile il modello francese, che ha dimostrato di aver ridotto fortemente quel numero da quando è stato introdotto. E non va dimenticato che prima, anche in Francia si diceva “due francesi, tre partiti”.
Ma ogni sistema può essere buono se riportiamo i cittadini in grado di scegliere per davvero i propri rappresentanti e i propri governanti. Gli esperti costituzionalisti possono certamente darci indicazioni valide. L’importante è che i cittadini italiani non sprechino altro tempo e lo richiedano con forza, manifestandolo in tutti i modi possibili.