Cominciai ad andare in giro con vestiti informi e jeans comprati nei negozi dei cinesi, che annoveravano taglie extra-large a prezzi abbordabili. Una giovane donna infelice, che già stava male e si sentiva brutta, veniva ancora più umiliata dalla società intorno che le imponeva la definitiva somiglianza con un sacco di patate perché incapace di stare per converso dentro una taglia e un modello che nello stereotipo collettivo coincide con la 'bellezza'. Sprofondai nella depressione.Ne venni fuori cominciando a riflettere sul senso della mia vita da una parte e su tutti questi processi, queste aspettative, questi stereotipi dall'altra, e giunsi da sola, con determinazione e impegno, facendo sport e mangiando regolamente a dimagrire di 1/5 del mio peso totale (mica cotiche!) per prendermi infine sul serio cura di me stessa dedicandomi al piacere in tutte le sue forme – cibo incluso. Un vero atto di forza – altro che il controllo del proprio corpo che attuano le anoressiche quando si sentono tanto dotate di volontà perché si privano del cibo (che a un certo punto non è neanche più questa grande vittoria, visto che il corpo si abitua a non riceverlo e a sopravvivere come può senza più dare alcuno stimolo di appetito)!
Ora sono una donna morbida e 'rotonda' – e a chiunque non mi conosca ancora dico che non si faccia illusioni sull'incontrare l'ennesima malata del mondo della pubblicità o della moda con camicia aperta sino all'ombelico, labbra dischiuse e sguardo spento da tossicodipendente.Vado piuttosto in giro con strani vestiti personalizzati disposti a strati, faccia buffa, orecchini grandi come il mio sorriso e un cartello virtuale appeso al collo che dice: “sono felice, sto bene, benvenuto nel mio mondo, ma non cambio per te: se ti va sono così, altrimenti ciao!”.Ho imparato che le persone che amo e con le quali reciprocamente ci si incanta, quelle che mi affascinano e con le quali voglio condividere il tempo della mia vita, hanno occhi che emettono luce e sono bellissime – qualsiasi sia la loro taglia.Ho imparato che ciò che guardo e che gli altri guardano in me non sono neanche i nostri corpi, ma il disegno che questi creano nell'aria e sulla strada quando camminiamo come danzando, e quando mi lascio prendere nell'altrui movimento facendolo diventare il mio.
Come ben sapete, non amo pubblicare mie immagini, ma qui innanzitutto non si vedono dettagli di me e, seconda cosa, volevo corredare questo post di un'immagine che sentissi 'bella' - se non altro per il contenuto di un corpo che sembra un paesaggio di dune e avallamenti. E se poi anche solo alcuni di voi commenteranno "vai così, sgnacchera!", forse qualche donna che legge questo blog sorriderà, la pianterà a sua volta di fare a pugni tra le lacrime con la bilancia e uscirà dall'essere vittima depressa e consenziente di stupidi stereotipi. Con il guadagno, per tutti noi, di un po' di più di verità, apprezzamento reciproco e quindi piacere in questa società altrimenti fasulla ;-)