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La patria che non è in te

Creato il 25 giugno 2011 da Andima
Quando leggo certe storie, ecco mi domando sempre quale sia più importante: la patria che hai in testa, semmai ce ne fosse una, o quella francobollata su qualche foglio o magnetizzata in qualche carta. E finisce che c'è sempre qualcuno che si divide, su qualcosa che non c'è, che si evolve, che si sente o che ci inducono ad amare, da piccoli, come le religioni, come quei luoghi comuni antichi ma sbagliati. E non basta la propria determinazione o l'autocoscienza delle cose, perché poi se non c'è l'hai burocraticamente parlando, finisce che ti mandano via, che se per qualcuno sei solo straniero, un immigrato perché nato altrove, per altri sei addirittura clandestino, di che patria sei non importa. Gramsci diceva che "i privilegi e le differenze sociali, essendo prodotto della società e non della natura, possono essere sorpassate", ma a noi certi sorpassi proprio non ci piacciono, spesso stiamo troppo bene incastonati in qualche idee secolare mascherata da tradizione e convenienza. E così finiamo col create figure non mitologiche ma reali, l'eroe clandestino, il fratello bastardo o il vicino extracomunitario, tutto perché quel bivio, la patria, si mischia con amministrazione e confini, leggi e stereotipi, che se non è in te non importa, son gli altri che applicano, che non dimenticano, che te lo ricordano, come una pirandelliana patria per gli altri e, poi all'improvviso, ti espellono, caro eroe clandestino.

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