
Negli ultimi anni hanno seguitato a circolare, soprattutto su internet, e anche in via anche molto insistente, affermazioni circa la presunta avvenuta reintroduzione della pena di morte (o pena capitale) in Europa a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Il problema è stato per la prima volta sollevato da un giurista tedesco, Karl Albrecht Schachtschneider, durante una sua lezione sulla Carta di Nizza del 2007.
Il Trattato di Lisbona è un trattato internazionale in vigore dal 1º dicembre 2009, ratificato da tutti gli Stati membri dell’UE, che modifica ed integra due precedenti trattati relativi all’Unione Europea (il Trattato sull’Unione Europea, o TUE, ed il Trattato che istituisce la Comunità Europea), apportando sostanziali modifiche all’ordinamento di quest’ultima.
Quello della pena di morte nel Trattato di Lisbona (TdL d’ora in avanti) è un argomento che ha un fondamento reale: nella versione consolidata dei due Trattati modificati dal TdL (quindi nell’integrazione tra i tre testi), al secondo punto dell’articolo 6 (ex articolo 6 del TUE), si afferma che “l’Unione aderisce alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali” (CEDU), accettandone dunque il testo e considerando i suoi principi come “principi generali” propri.
La CEDU fu firmata nel 1953 e promossa dal Consiglio d’Europa, il quale redasse il testo originale nel 1949; attenzione però, va chiarito che il Consiglio d’Europa non è un organo dell’Unione Europea, ma come recita il sito ufficiale del Consiglio: “il Consiglio è un’organizzazione internazionale, con sede a Strasburgo, che riunisce 47 paesi democratici europei. La sua missione è quella di promuovere la democrazia e di proteggere i diritti umani e lo stato di diritto in Europa”. Nell’immediato dopoguerra tale organizzazione, fondata da 10 paesi europei, decise di proporre un testo comune che formalizzasse i diritti umani ritenuti inviolabili all’epoca, vincolando al loro rispetto gli stati che lo avessero ratificato, la CEDU, il quale articolo 2 così recita:
1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nei casi in cui il delitto sia punito dalla legge con tale pena.
2. La morte non è considerata inflitta in violazione di questo articolo quando derivasse da un ricorso alla forza reso assolutamente necessario:a. per assicurare la difesa di qualsiasi persona dalla violenza illegale;b. per effettuare un regolare arresto o per impedire l’evasione di una persona legalmente detenuta;c. per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o una insurrezione.
E’ chiaro ed evidente che in tale articolo la pena di morte non viene esclusa, anzi. Perché fu fatta tale scelta?
Innanzitutto bisogna tenere presente che il testo è del 1949, periodo in cui la pena di morte era ancora in uso in diversi paesi europei; secondariamente, il testo per essere accettato universalmente doveva tenere presente la legislazione dei paesi (o del paese, si pensi alla Russia) più arretrati in materia, dunque non è che la CEDU obbligasse tutti i paesi a ricorrere alla pena di morte nei casi citati, uno Stato poteva e può benissimo dotarsi di legislazione propria in merito, pure nei limiti della carta stessa (un paese poteva ad esempio abolire in ogni circostanza la pena capitale, rimanendo nel rispetto della CEDU).
Dal 1950 però sono trascorsi molti anni, nel corso dei quali in Europa si è diffuso sempre più un sentimento contrario alla pena di morte, la quale è caduta progressivamente in disuso. Per formalizzare la questione, si decise nei primi anni ’80 di intervenire sul testo della CEDU, che come ricordato nell’articolo 2 autorizzava il ricorso alla pena capitale, in modo da sancire le evoluzioni occorse in materia; a tal proposito venne elaborato e firmato il protocollo VI, protocollo addizionale allegato alla CEDU, che nei primi due articoli così recita:
Articolo 1 – Abolizione della pena di morte.La pena di morte è abolita. Nessuno può essere condannato a tale pena, né giustiziato.
Articolo 2 – Pena di morte in tempo di guerra.Uno Stato può prevedere nella sua legislazione la pena di morte per atti commessi in tempo di guerra o di pericolo imminente di guerra; una tale pena sarà applicata solo nei casi previsti dalla detta legislazione e conformemente alle sue disposizioni. Questo Stato comunicherà al Segretario Generale del Consiglio d’Europa le disposizioni in materia della suddetta legislazione.
Il protocollo è entrato in vigore dopo le prime 5 ratifiche avvenute, precisamente il 1/3/1985, ed ha assunto piena validità per tutti gli Stati che lo avessero ratificato successivamente. Tale protocollo quindi abolisce la pena di morte in tempo di pace, lasciando la possibilità di farvi ricorso in tempo di guerra o “pericolo imminente”; il processo di ratifica dei vari paesi procedette per la verità molto lentamente, con molti Stati che si allinearono solo verso la fine degli anni’90.
Per questo motivo più volte il Consiglio d’Europa ha negli anni sollecitato i paesi membri a ratificare il Protocollo VI, eliminando la pena di morte in tempo di pace dalle loro legislazioni. Non ritenendo però il Protocollo VI sufficiente, nei primi anni 2000 si fece strada l’idea di bandirla in ogni sua forma, e il governo svedese si fece promotore della proposta di redigere un nuovo protocollo che stabilisse una volta per tutte e senza deroghe l’abolizione della pena di morte. A tal proposito fu redatto un progetto di protocollo addizionale alla CEDU, il numero XIII, che fu approvato ed aperto alle firme il 3/5/2002; il protocollo XIII così recita:
Articolo 1 – Abolizione della pena di morte.La pena di morte è abolita. Nessuno può essere condannato a tale pena né giustiziato.
Articolo 2 – Divieto di deroghe.Nessuna deroga è autorizzata alle norme del presente Protocollo ai sensi dell’articolo 15 della Convenzione.
Articolo 3 – Divieto di riserve.Nessuna riserva è ammessa alle norme del presente Protocollo ai sensi dell’articolo 57 della Convenzione.
Ai sensi di questo protocollo quindi, la pena di morte è abolita sia in tempo di pace che di guerra, e non sono ammesse deroghe di alcun tipo. Il protocollo, come previsto dall’articolo 7, è entrato in vigore subito dopo l’avvenuta decima ratifica, ed è quindi valido a tutti gli effetti dal 1/7/2003.
Il protocollo è ufficiale, è allegato alla CEDU, ed è quindi conseguenza diretta che, dal momento che il TdL sancisce l’adesione dell’UE alla CEDU, e dal momento che il protocollo XIII è allegato ad essa, ed interviene per modificare l’articolo 2 della stessa, vietando il ricorso alla pena capitale in ogni forma e contesto, il TdL conferma l’abolizione della pena di morte per tutti gli Stati che aderiscono alla CEDU (tra cui ci sono tutti e 27 i paesi aderenti all’Unione Europea) e hanno ratificato il protocollo XIII (cioè tutti i paesi membri del Consiglio, esclusi Armenia, Azerbaijan, Lettonia, Polonia, Russia e Spagna).
A questo punto, dovrebbe essere chiaro che non è vero che il TdL reintroduca la pena di morte in Europa. Ci si potrebbe domandare come mai non sia stato “cancellato” l’articolo 2 dalla CEDU allora, e perché ancora oggi nel testo ufficiale sia presente; è presto detto: i protocolli aggiuntivi sono un sistema che da la possibilità agli aderenti di allinearsi in tempi diversi, o di non farlo affatto. Difatti due Stati possono aderire allo stesso Trattato, ma non agli stessi protocolli che lo modificano, in modo da non rendere necessaria l’unanimità per qualsiasi modifica si desideri fare. Inoltre sarebbe necessaria una nuova conferenza con tutti gli Stati membri, allo scopo di redigere un nuovo testo, o di trovare l’accordo su modifiche del testo originale, mentre i protocolli e gli allegati offrono la possibilità di rendere molto più snelle le procedure di innovazione dei trattati.
La questione appena esaminata quindi può essere definita come una “bufala”, che ha ottenuto grande risonanza, anche se un semplice esame dei documenti liberamente fruibili sul web avrebbe potuto evitare il fraintendimento. A memoria, non mi pare di ricordare esecuzioni inflitte in nome dell’Unione Europea, ne ondate di repressione in nome della Comunità Europea, e i testi presi in esame confermano la tesi secondo la quale il TdL anziché reintrodurre la pena di morte in Europa ne confermi con forza l’abolizione.
Se qualche lettore ravvisasse errori nel ragionamento qui sopra esposto, o fosse a conoscenza di fatti non trattati o citati nel testo che possano smentire le affermazioni ivi contenute, è gentilmente pregato di segnalarle, se possibile con riferimenti e fonti verificabili. Sono lungi dall’essere infallibile, e per questo motivo si è deciso di pubblicare il testo aperto ai commenti degli utenti. Solo collaborando si può migliorare.
Si ringrazia Viator di Anticorpi.info per l’onestà intellettuale e la disponibilità.
Fonti:- il testo del TdL: http://www.consilium.europa.eu/showPage.aspx?id=1296&lang=it-il testo della CEDU: http://conventions.coe.int/Treaty/ita/Treaties/Html/005.htm-il testo del protocollo VI: http://conventions.coe.int/Treaty/ita/Treaties/Html/114.htm-il testo del protocollo XIII: http://conventions.coe.int/Treaty/ita/Treaties/Html/187.htm-firme e ratifiche del protocollo XIII: http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/ChercheSig.asp?NT=187&CM=8&DF=29/08/2009&CL=ITA-spiegazione del percorso compiuto dal Consiglio d’Europa per giungere dal testo originale della CEDU al protocollo XIII (in inglese): http://conventions.coe.int/Treaty/EN/Reports/Html/187.htm
Post correlati: Tag Trattato di Lisbona