Non sono d’accordo con l’intendere Internet propriamente come una rivoluzione. Nessuno può negare, ovviamente, che i suoi esiti siano rivoluzionari, qualcuno dice paragonabili, come impatto, all’introduzione della scrittura in Europa[1], ma non la sua essenza. Credo che su questo fraintendimento si giochi il sospetto verso le tecnologie, soprattutto dalle generazioni antecedenti la millenium.
La rivoluzione internet non è qualcosa di decostruttivo, che spazza via tutto, toglie naturalezza e semplicità e priva di qualcosa di speciale che si può perdere per sempre. Certo non si può negare il piacere del tenue fruscio della penna che danza sul foglio, ma io sarei dell’idea di un aggiungere più che un togliere.
Internet non ci ha tolto la penna di mano, ce ne ha dato un’altra, e più potente, sta a noi scegliere o usarle entrambe.
Proprio nell’ottica di un potenziamento e non di un togliere, si colloca l’e-learning.
L’e-learning non è di qualcosa di meno e più scadente e meno autorevole della lezione in presenza. E’ qualcosa di diverso, che si può integrare anche alle forme di insegnamento tradizionale. Non solo: è qualcosa di più, infinitamente, di più.
Oggi si discute sui costi della formazione pubblica, sul numero di docenti, sui tagli. Internet potenzialmente consente a chiunque abbia un computer di avere i migliori docenti a disposizione in qualunque momento a basso costo. Il concetto è quello dell’antico tutor, quello che era Aristotele per Alessandro Magno e Seneca per Nerone. Un insegnante eccellente al nostro servizio, ma non con i costi esorbitanti che richiederebbe la trasposizione integrale dell’esempio. Ai vantaggi del precettore privato, che si piega ai nostri ritmi di apprendimento e all’orario in cui preferiamo studiare (anche di notte), il vantaggio dell’interazione in aula. Ed entrambi i vantaggi potenziati.
Stanti così le cose, cosa c’è di meno rispetto alla formazione tradizionale? Dove si fonda il sospetto sull’e-learning?
Sicuramente sul fatto che si tratta su qualcosa di nuovo e l’Italia è tradizionalmente chiusa al nuovo e sempre in ritardo rispetto a fenomeni, che in altre parti del mondo hanno già una presenza autorevole e decisa. Questo, tuttavia, può risultare un vantaggio, per chi decide di dedicarsi al business della formazione on line, o implementarla, perché qualunque cosa farà, specie se di buon livello, farà scuola, aprirà una strada e diverrà faro e modello rispetto agli altri che si affacceranno sulla scena in seguito (sappiamo come la previsione sia una parte strategica della programmazione).
Il fatto che sia qualcosa del tutto nuovo, però, non dà garanzie di successo, perché non ci sono molti case history di successo documentati, o forse sì?
Esempi di successo della formazione a distanza (aumento delle potenzialità della formazione già col fatto di estendersi a dismisura, sopratutto in realtà dove è impossibile un altro tipo di formazione), se ci riflettiamo un poco, se ne presentano tanti, anche a molti decenni di distanza dal nostro XXI secolo.
Ad esempio, nell’Italia del Dopoguerra, tra le macerie, le divisioni dei dialetti, la povertà e l’analfabetismo al 13%[2], già il fatto dell’introduzione della televisione è servita all’inserimento della lingua nazionale, per certi versi. Della cultura e del vivere civile, per altri.
Se ricordiamo il pubblico ignorante e innocente del film di Tornatore, Nuovo cinema paradiso, possiamo avere un’idea di come fossero i nostri nonni e bisnonni alla età dei nostri genitori o alla nostra, e cosa ha comportato per loro la televisione. Significativamente accolta oggi, come ora l’e-learning, come una diavoleria tecnologica, la televisione, è riuscita a fare ancora di più, e la sua nascita è quasi coincisa con una intenzione pedagogica esplicitata da trasmissioni come “Non è mai troppo tardi“. È significativo che queste lezioni a distanza abbiano siano riuscite a far conseguire la licenza elementare a quasi un milione e mezzo di persone. Un numero impressionante, tenendo conto della bassa diffusione del mezzo televisivo a quei tempi.
Avvicinandoci a giorni più recenti per parlare del successo della formazione a distanza tout court, possiamo parlare di due grandi successi sportivi: Samuel Kamau Wansiru, 21enne atleta del Kenya, vincitore della maratona olimpica a Pechino lo scorso 24 agosto e la nazionale tedesca, al terzo posto negli scorsi mondiali in Germania.
Non tutti sanno che in entrambe le situazioni la vittoria non è stato frutto di un allenamento in presenza. Nel primo caso, come annunciato dallo stesso atleta, il programma di allenamento veniva spedito da un allenatore italiano; nell’altro l’allenatore Jürgen Klinsmann seguiva la squadra teutonica dalla Florida, dove abita, tramite computer ed e-mail.
Ovviamente, presi questi due esempi curiosi con le giuste distanze, siamo comunque di fronte a casi in cui la formazione non si è svolta in presenza. E se si riesce nello sport che, forse più di altro, richiede la vicinanza con il coach, perché non può avvenire la stessa cosa per materie universitarie o di management?
Appunto, avviene, come nelle maggiori università del mondo e italiane. L’e-learning rappresenta la possibilità di avere un collegio docente molto corposo e preparato anche al servizio di studenti di università minori, per esempio, o di manager o professionisti in luoghi d’Italia in cui non esistono scuole specializzate (cosa ancora più importante con l’imperversare della crisi economica, dal momento che si rende più pressante l’esigenza di strategicità nell’impresa, e contenendo i costi, già soltanto per rimanere a galla.
Dunque, l’e-learning, rivoluzione che ci priva di qualcosa o ci dà, in misura potenzialmente infinita, di più di quello che avevamo ieri?
[1] Borgman C.L., From Gutenberg to the global information infrastructure: access to information in the networked world, The MIT Press,Cambridge, 2000.
[2] Nel 1950, come illustrato dalla figura. È giusto segnalare appena che purtroppo oggi si registra un ritorno dell’analfabetismo in Italia con sei milioni di analfabeti conclamati e 13 sulla via dell’analfabetismo (Corriere della Sera, 06 settembre 2008). Cifre impressionanti che, sommate ai giganteschi numeri mondiali – 862 milioni nel 2000 - danno il polso dell’urgenza della domanda di istruzione a livello globale (http://www.zanichelli.it/scuola/geografia/dinucci/apr03a.htm).
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