Sono i cosiddetti “pet”, i nostri migliori amici, ossia gli animali da compagnia.
Vivono con noi in case e appartamenti. Tra i più amati, senza dubbio, il cane e il gatto. Ci fanno compagnia da secoli, rallegrano le nostre case e i nostri giardini.
La ragione del potere antistress degli animali, secondo numerosi etologi e psicologi, viene fatta risalire all’abitudine che avevano i nostri antenati preistorici di tenere animali nell’accampamento, per fare la guardia: se gli animali erano tranquilli significava che non c’era alcun pericolo, cioè vi era da escludere la presenza di predatori o nemici nelle vicinanze.
Giocare a rincorrersi con il proprio cane, spazzolarlo, dargli da mangiare, accudirlo quotidianamente rilassa, rende più sereni. Chi ama gli animali lo sa bene. Lo stesso effetto ce lo fa accarezzare il gatto che, accoccolandosi sulle nostre ginocchia, ci fa le fuse e ci rende più calmi..
Secondo recenti dati si calcola che in Italia la popolazione degli animali da compagnia si aggiri intorno ai 6° milioni di esemplari.
Considerando il forte legame affettivo, tenendo conto che il 97% dei possessori di “pet” parla ai propri animali, l’80% gli si rivolge come fosse una persone e non un animale e, infine, il 28% gli fa delle confidenze e discorre con loro dei fatti del giorno, ci si domanda quale sia la reale funzione degli animali da compagnia.
Dal punto di vista prettamente medico bisogna sottolineare che le persone che interagiscono con animali, sperimentano un abbassamento della pressione arteriosa e in generale condizioni vantaggiose per tutto il sistema cardiocircolatorio.
Si è evidenziato, infatti, come la sopravvivenza dei pazienti affetti da infarto del miocardio, risulti correlata in modo significativo con il possesso degli animali da compagnia.
Diversi studi sperimentali hanno dimostrato che, dopo un infarto, coloro che avevano un animale in casa registravano una maggiore probabilità di vivere più a lungo, a prescindere dalla gravità dell’episodio.
Oltre a questo, chi viveva in casa con un animale, metteva in atto comportamenti osservabili che indicavano un evidente stato di rilassamento con deducibili benefici per tutto l’organismo.
La pet therapy aiuta a ridurre la pressione arteriosa, riduce i tassi di colesterolo e di trigliceridi e stimola la produzione di endorfine. Queste ultime sono neuro-trasmettitori prodotti dal cervello sotto l’influsso delle emozioni. Potenziano le difese immunitarie accrescendo la resistenza alle infezioni.
In altre parole, gli animali fanno bene alla salute; rappresentano un’importante fonte di supporto sociale, capace di agire come “efficace modulatore” dello stress quotidiano in difesa della salute.
Le funzioni dell’animale da compagnia, identificate dagli studiosi, sono fondamentalmente di quattro tipi:
a) una funzione proiettiva, che si collega alla relazione tra le caratteristiche della persona e quelle dell’animale che ha scelto di adottare, il quale a sua volta può avere qualche legame con la sua personalità e con l’immagine che la persona ha di se stessa, come hanno rilevato alcuni autori effettuando ricerche sulle relazioni tra la personalità del proprietario ed il tipo di animale scelto.
b) una funzione di lubrificante sociale, nel senso che può incrementare la quantità e la qualità delle interazioni sociali tra le persone
a) una funzione proiettiva, che si collega alla relazione tra le caratteristiche della persona e quelle dell’animale che ha scelto di adottare, il quale a sua volta può avere qualche legame con la sua personalità e con l’immagine che la persona ha di se stessa, come hanno rilevato alcuni autori effettuando ricerche sulle relazioni tra la personalità del proprietario ed il tipo di animale scelto.
b) una funzione di lubrificante sociale, nel senso che può incrementare la quantità e la qualità delle interazioni sociali tra le persone
c) una funzione di surrogato, che si ha quando l’animale viene visto in senso prevalentemente antropomorfo, cioè gli si attribuiscono, in modo più o meno inconsapevole, caratteristiche umane. Ciò è evidente, ad esempio, quando il proprietario parla al proprio animale con lo stesso linguaggio che si usa tra le persone, nella convinzione che essi ne capiscano perfettamente il significato, oppure quando si coinvolge l’animale in una serie di attività tipicamente umane, come ad esempio, farlo dormire nel proprio letto, portarlo con sé a delle gite, condividere con lui il cibo della tavola, parlare con lui di questioni importanti, celebrargli il compleanno. L’animale può anche essere percepito come il surrogato di un amico oppure il sostituto di un bambino, per le coppie senza figli.
d) una funzione di “capro espiatorio”: il pet può diventare un elemento su cui scaricare le proprie ansie e frustrazioni, cioè una sorta di capro espiatorio.
L’animale domestico sembra essere in grado di rispondere a diversi bisogni fondamentali nell’uomo, tra cui sicurezza, sensibilità, silenzio e stabilità.
Dal rapporto con gli animali scaturisce un rapporto sereno, spontaneo, sincero, corrisposto e tanto appagante da diventare un aiuto al benessere mentale e fisico dell’uomo.
Lo conferma la miriade di psicologi, educatori, psicanalisti, sociologi, medici e veterinari che, oggi, sono alle prese con una nuova forma di terapia adatta non solo alle persone con problemi psicofisici, ma a chiunque ami gli animali.
Tale approccio, oggetto di un crescente numero di ricerche, è conosciuto con il nome di pet therapy (o anche pet-facilitated therapy).
In Italia si inizia, seppur stentatamente, a distinguere tra “animal assisted activities (AAA)” e “animal assisted therapy (AAT)”. La prima ha un’impostazione più ludica e sociale; la seconda ha un’impronta prettamente terapeutica, dunque relativa alla risoluzione o al controllo di una sintomatologia precisa.
La pet therapy è nata nel 1953 in America grazie all’intuizione dello psichiatra Boris Levinson che mentre aveva in terapia un bambino autistico si rese conto di come il suo cane costituiva occasione di scambio affettivo, di gioco e rendeva più piacevoli le sedute. L ’utilizzo degli animali come coadiuvante terapeutico ha, dunque, una lunga tradizione, ma l’utilizzo estensivo, documentato e organizzato è abbastanza recente.
L’applicazione di questa terapia alternativa ha trovato utilizzo nella cura di molte malattie, sia di carattere fisiologico che psicologico.
La pet therapy, detta anche “terapia dolce” prevede l’uso co–terapeutico degli animali per il recupero e il mantenimento della salute umana attraverso un rapporto interpersonale tra l’uomo e l’animale.
È indicata anche per disturbi di origine psicosomatica (problemi di digestione, cefalee, anoressia). È indicata anche per le malattie fisiche, poiché è innegabile che una situazione psichica positiva influisce favorevolmente su tutto il sistema immunitario.
Dal punto di vista psico–emozionale, si evidenziano effetti benefici per il benessere della persona con evidente attenuazione dell’ansia e dello stress. Allo stesso tempo si rileva compensazione dei vuoti affettivi e della solitudine.
Aaron Katcher e Alan Beck hanno tracciato nove punti per cui la pet therapy è efficace:
1) gli animali forniscono compagnia;
2) ci offrono qualcosa da dover curare e che richiama la nostra attenzione (distogliendoci quindi dai pensieri angoscianti della vita);
3) essi sono esseri attivi, in movimento, vivi;
4) sono una presenza costante nelle diverse fasi evolutive della nostra vita;
5) ci fanno sentire accettati e quindi favoriscono il rapporto con le altre persone;
6) attraverso i loro giochi, e a volte i loro buffi modi di muoversi, ci spingono al sorriso (e non raramente alle risate);
7) rappresentano un ottimo stimolo all’esercizio fisico;
9) oltre ad essere piacevoli da accarezzare, sono piacevoli anche da guardare.
In una società che spesso costringe a rapide decisioni e ritmi pressanti, l’animale familiare diventa un punto di riferimento sicuro, in grado di garantire stabilità; con la sua sensibilità riesce a comunicare queste sensazioni, consentendoci di evadere da una situazione di caos e di ritagliarci un momento di tranquillo relax. Non dobbiamo stupirci più di tanto se, oggi, vediamo un cane assistere un malato terminale, dirigere i movimenti di un non vedente e di un sordo oppure se lo vediamo ridonare equilibrio psicofisico ad un bambino autistico.
La vicinanza di un amico a quattro zampe si rivela preziosa per colmare il vuoto che spesso si crea attorno ai tossicodipendenti, ai malati di Aids o ai malati terminali, fornendo un sostegno affettivo e psicologico insperato, disinteressato e fedele.
Tra i principali campi di applicazione della pet therapy, possiamo identificare diverse finalità:
a) Finalità psicologiche-educative
Trattamento dei disturbi comportamentali soprattutto nei bambini
Riduzione dell’aggressività in situazioni critiche (manicomi criminali, prigioni)
b) Finalità psichiatriche
Trattamento della Sindrome di Deprivazione (Autismo)
Trattamento e prevenzione delle Sindromi Depressive;
Stati di ansia e tensione neuro-psicologica;
c) Finalità mediche
Convalescenze a seguito di malattie;
Ipertensione;
Recupero dei cardiopatici;
Malattie croniche, soprattutto di tipo neuro-muscolare;
d) Finalità motorie-riabilitative
Trattamento e riabilitazione per deficit neuro-motori di diverso tipo(riabilitazione equestre).
Tenendo conto che la popolazione italiana sta costantemente invecchiando e che la società del domani dovrà farsi carico di interventi sanitari, ricreativi e culturali, oltre che economici, risulta evidente che la pet therapy possa rappresentare un solido strumento di aiuto dell’anziano e, più in generale, dell’intera collettività. Oggigiorno un’altra fascia sociale, cosiddetta a rischio, è l’infanzia. Non possiamo non tener conto dell’impoverimento sociale del contesto in cui è costretta a vivere la maggior parte dei bambini. Sempre più spesso la figura del genitore è surrogata dall’asilo, dalla baby sitter o dalla televisione. Bisogna ri-imparare, per poi insegnarlo ai bambini, che rappresentano il futuro del mondo, a dare il giusto valore alla naturalità, all’ambiente e soprattutto agli animali.
La pet therapy non fa miracoli anche se permette di raggiungere effetti sbalorditivi: accarezzare e guardare gli animali stimola la fantasia dei bambini, la loro curiosità e la loro capacità di osservazione, fa sentire il bambino in qualche modo partecipe e accettato, aiutandolo ad utilizzare canali di comunicazione privilegiati e ad istaurare relazioni affettive e di attaccamento.
Va ricordato che le attività e le terapie svolte con l’ausilio degli animali rappresentano un campo delicato e difficile dove diverse professionalità devono interagire. Anche senza produrre danni, se mal utilizzata, la pet therapy può essere inefficace. Non basta, infatti, affidare un gatto o un cane ad una persona sofferente od ammalata per vederla guarire automaticamente
Inoltre, se l’oggetto dell’attenzione è il paziente, non meno attenzione, deve essere data alle necessità dell’altro essere vivente coinvolto nella terapia: l’animale.
Il “neo darwinismo” ci ha imposto una riflessione e un riesame dell’interazione cooperativistica tra l’uomo e l’animale, anche se, più che di cooperazione si dovrebbe parlare di “relazione mutualistica”, ossia quella nella quale ciascuna delle due parti realizza il maggior numero di benefici e il minor numero di costi. In tal senso, l’attuale legislatura di tanti paesi si preoccupa anche del benessere/trattamento etico degli animali (“animal welfare laws”), prescrivendo che l’animale sia ospitato e trattato in modo tale che tutti i suoi bisogni “species-specific” possono essere soddisfatti e non debba soffrire stress o dolore. Al pari di qualsiasi altra cura, la “prescrizione” di un animale per una specifica esigenza richiede una precisa conoscenza del problema del paziente e del mezzo terapeutico (cioè dell’animale stesso, con i suoi “meccanismi d’azione” e le modalità per il corretto utilizzo).
La pet therapy non si propone come un rimedio facile ed infallibile, tanto meno di facile attuazione. Attuare un programma di terapia facilitata dagli animali significa anzitutto organizzare un piano di terapia specifico e articolato, mediante analisi e valutazioni che coinvolgono rappresentanti della medicina e delle varie altre discipline (e.g., psicologo, etologo, addestratore) coinvolte nel trattamento, che consideri tempi, metodi e mezzi.
di: Associazione l’Amaranta.
da:http://www.opsonline.it
Commento del Dott. Zambello
Non vorrei aggiungere niente all’esauriente articolo, se non il mio accordo con la tesi presentata. Certamente dobbiamo sapere che stiamo lavorando con strumenti primari. Ci riferiamo e alimentiamo linguaggi e sentimenti che sono del bambino. Impariamo, rispettando l’animale ad esprimere le nostre emozioni ma anche a contenerle. L’animale le stimola ma pone anche dei limiti. Ci obbliga al rispetto. Siamo però, ripeto, sempre nel mondo del bambino e quando parliamo di terapia, dobbiamo averne la consapevolezza.