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La lettera è già stata inviata al parlamento belga e a quello danese e presto arriverà anche a quello irlandese. Nei tre paesi sono in programma votazioni in favore del riconoscimento, come è già accaduto in Francia, Gran Bretagna e Spagna che hanno votato però solo per un eventuale riconoscimento, facendo così un sondaggio simbolico che non ha nessun valore giuridico,
Per Israele queste azioni "danneggiano la pace", e detta così, come d'altronde riportano tutti i giornali, sembra che queste azioni vadano contro ad Israele e che servano a riconoscere la Palestina. MA nella lettera i confini che vengono proclamati come giusti, non includono la Palestina, essendo quelli del 1948 che davano allo Stato di Israele la maggior parte del territorio e che hanno scatenato la sanguinosa guerra che conosciamo tutti e che dura appunto da allora...qua vengono spiegati meglio i confini del 1967 http://www.ilpost.it/2011/05/20/cosa-sono-i-confini-del-1967/
Recentemente, quando la Svezia ha riconosciuto ufficialmente (e in modo diretto, come d'altronde può fare uno Stato) lo stato di Palestina, Israele ha richiamato in patria il suo ambasciatore a Stoccolma con effetto immediato, cosa che non è avvenuta a seguito delle elezioni simboliche di Francia e Gran Bretagna, come mai? Queste votazioni non danneggiano la pace, sono semplicemente inutili. La lettera degli scrittori israeliani potrebbe sembrare un apertura, ma non è altro che uno slogan pubblicitario a favore degli israeliani che vengono presentati come quelli che vogliono cedere parte del territorio in nome della pace. I giornali titolavano "I maggiori scrittori israeliani firmano una petizione per riconoscere la Palestina", il punto è che la Palestina non vuole essere riconosciuta secondo le disposizioni dell'Onu e questo è proprio il motivo della guerra, da ben cinquanta anni. Se venissero accettati i confini imposti dall'Onu nel 1948 sarebbe una resa per i Palestinesi, che non li hanno mai voluti accettare dal '48 a oggi, e non una vittoria come vogliono farci credere i media,
Come disse una volta il presidente israeliano Peres «non è che non ci sia luce in fondo al tunnel, è proprio che non troviamo il tunnel».
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