La pioggia

Da Fabry2010

da qui

Sono partito con la pioggia, non si può avere tutto dalla vita. Mi faccio scivolare lo stress dalla pelle, dai neuroni, ascolto musica, cento canzoni italiane dei bei tempi. Mi sembra impossibile non rispondere a telefono, non aprire la porta, non essere chiamato, cercato, interpellato, non essere, non essere: forse è di questo che ho bisogno, fermare tutto, lasciare che il tempo si depositi nel fondo della micra, esausta per i duecentomila e passa chilometri digeriti a forza. Esco dall’autostrada, è il tratto che unisce Teramo con la Bologna-Bari. Piove a dirotto, le note di Emozioni rimbalzano sul vetro e fanno graffi sul cuore, mentre il tergicristallo fatica a sbrigare il suo dovere. Un momento, da dove è sbucato questo stop, lo vedo solo all’ultimo, freno, ma dubito che sortisca qualche effetto: la strada è imbevuta del diluvio che non accenna a smettere, sento la micra che slitta sull’incrocio senza che possa farci nulla, sbanda, non può più stare dritta, scarta a destra e a sinistra e accenna a un testa coda. Ecco, ora arriverà una macchina sulla perpendicolare, mi aspetto lo schianto da un momento all’altro, solo ora ricordo il consiglio del meccanico: don Fabrizio, se piove, devi andare piano, ma sono troppo sfinito per ricordare i consigli dei meccanici, ripenso in un istante alla mia vita, alle persone care, alla faccia che faranno sapendo che ero stanco morto e ora sono morto e basta. Mi chiedo come sarà il mondo senza don Fabrizio, ma la domanda giusta è un’altra: come sarà don Fabrizio senza il mondo? Riuscirà a portarne un pezzo dall’altra parte della scena, dietro le quinte, dove è stato predisposto con cura lo spettacolo? Continuo a slittare nell’incrocio dove la vita è appesa a un filo, alla remota possibilità che in un’ora di punta non passi un automobile né da sinistra né da destra, sarebbe un miracolo, ma non si possono pretendere i miracoli, anche se sono un prete, anche se un esercito di poveri si dispererebbe non per la mia morte, ma per quella dell’ipotesi di riuscire a sopravvivere, no, non si pretendono i miracoli, sono qui che aspetto, ora arriva l’urto, per me e chissà chi altro, arriverà la fine, o l’inizio, non lo so, non so più nulla, dentro la pioggia che mi acceca.



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