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La Piramide – Juan Villoro

Creato il 03 marzo 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

di Rossella Gaudenzi

La Piramide – Juan Villoro
Chi ha paura delle perversioni umane? Una manciata di anime o poco più, a detta dello scrittore messicano Juan Villoro.
L’ultimo romanzo di Juan Villoro, La Piramide, è l’opera della ribalta: gli ha garantito il posto di finalista al prestigioso Premio Rómulo Gallegos 2013 e si sono aperte le danze per la ricerca di confronti eccellenti, riscontrandovi tracce di Chandler, Borges, Orwell; è il romanzo che ha dato il meritato lustro al romanziere, noto giornalista, autore di fiction e saggista.
Scrittore molto noto Juan Villoro nel nostro paese non lo è stato fino a quando a tradurre quest’opera ci ha pensato Maria Cristina Secci per la piccola casa editrice ternana gran vía.
La Piramide è un luogo reale e un luogo dell’anima. È un resort creato ad hoc dalla mente imprenditoriale di Mario Müller, calato nella realtà caraibica messicana in cui si mette in moto l’ingranaggio della finzione per terrorizzare gli ospiti. I villeggianti, gringos ed europei, che scelgono La Piramide, e quindi un clima malsano e infestato da zanzare, hanno puntato i piedi per vivere un’esperienza adrenalinica. Pagano profumatamente per essere preda di finti rapimenti, finti malviventi, finte armi. Fino a che il morto, anzi i morti ci scappano davvero, e dietro all’ingranaggio studiato ad arte emerge il vero marcio del sistema, il narcotraffico. Nel giro di pochi giorni due sommozzatori vengono trovati assassinati. E come in un effetto domino le investigazioni faranno luce non solo sulla morte dei due sciagurati ma sul mondo del narcotraffico tangente La Piramide, piaga che in Messico, ricorda l’autore, negli ultimi sette anni ha causato la morte di centomila persone.
Antonio-Tony Gongora, la voce narrante, è un ex bassista – della band heavy metal Extraditables – ed ex tossicodipendente cinquantatreenne, monco di un dito, con una gamba zoppa e quasi senza ricordi, divorati dalle sostanze stupefacenti assunte nella manciata di anni cruciali della sua vita. La Piramide l’ha messa in piedi l’amico d’infanzia nonché leader degli Extraditables Mario Müller, che ha pensato bene di riempirla con vecchie conoscenze: reietti, uomini e donne allo sbando, in più di un caso disperati alla canna del gas ai quali La Piramide promette redenzione o quanto meno un nuovo posto nel mondo. I personaggi, veri attori di una grande messa in scena, sono scolpiti magistralmente, delineati fin nelle venature sottili della pelle come della psiche, Juan Villoro ne svela i punti vulnerabili, il tallone di Achille di ognuno che compone il puzzle. Tony ha il compito di sonorizzare gli acquari della Piramide; Sandra è istruttrice di yoga, il suo lasciapassare droga e prostituzione; Leopoldo Támez è l’inviso e avido responsabile della sicurezza; il Gringo Peterson è il socio maggioritario della struttura che ha perso tragicamente figlio e moglie molti anni addietro non senza colpevolezza: «“Raccontami come si muovono le lucertole quando sei sotto l’effetto della droga” insisteva, mentre un sottile filo di saliva gli scendeva fino al mento. Io non volevo entrare in quell’inferno, ma avevo un debole per le lucertole, uno dei pochi ricordi piacevoli degli anni in cui mi ero limato il cervello. Una volta chiesi a Peterson perché non avesse condiviso l’eroina con il sopravvissuto di Saigon. “Non volevo la droga, volevo il castigo, volevo la guerra. L’eroina è la consolazione degli eroi; io non volevo una consolazione” spiegò. Gli dissi che io non mi ero drogato per una questione di guerra. Scoppiò in una risata: “Sei messicano, Tony. Voi non avete bisogno di una guerra per intossicarvi. Qui la realtà è già alterata”.»
Eppure Mario Müller ha progettato anche un posto per la consolazione, in quel meccanismo infernale destinato all’implosione. Una sorta di catarsi finale non del tutto attesa e necessaria sorprende il lettore. La terza possibilità. L’esergo: «Ho passato la prima parte della mia vita cercando di svegliarmi e la seconda cercando di dormire. Mi chiedo se ci sarà una terza parte».

Nota sull’autore
Juan Villoro nasce a Città del Messico nel 1956. Scrittore, giornalista, drammaturgo, traduttore, Villoro è, per la sua parabola letteraria, uno dei più conosciuti e apprezzati esponenti della cultura ispanica. Tra i testi pubblicati in Italia si ricordano: I colpevoli (Cuec 2009), Il libro selvaggio (Salani 2010), Chiamate da Amsterdam (Ponte alle Grazie 2013), mentre presso gran vía nel 2008 è apparso un suo racconto nella raccolta En la frontera. Con La Piramide (gran vía 2013), Juan Villoro ha vinto il Premio José María Arguedas 2014 ed è stato finalista al prestigioso Premio Rómulo Gallegos 2013.

Per approfondire
Leggi l’intervista a Juan Villoro  su La Repubblica.

Juan Villoro, La Piramide
traduzione di Maria Cristina Secci
gran vía edizioni, 2013
pp 237, euro 15


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