La produzione, ricorrendo nei momenti topici alla tecnica dello split, affianca la ricostruzione dei fatti a materiale “autentico”, in una sorta di metacinema. Gli eventi “reali” sono affidati alla finzione (?) ed agli attori proprio come il rifacimento, con effetto straniante, talora cerebrale. Le immagini sgranate e vacillanti delle videocamere offrono un’illusione di verosimiglianza, ma sùbito sembrano smentirla nel gioco narrativo. Si rischia così di ignorare il messaggio che si è inteso forse veicolare con il film: alludiamo alla “questione sumera”. Gli spaventevoli alieni, che rapiscono alcuni residenti di Nome e la stessa figlia della psicologa, si esprimono nell’antico idioma parlato in Mesopotamia. Questo riferimento non sembra fortuito, ma un indizio che qualcuno ha voluto lasciare.
Da alcuni decenni, il “problema sumero” è diventato decisivo, oltre che nell’archeologia (ufficiale e no), nella linguistica, nella storia… persino in campi in cui non ci saremmo attesi che acquisisse particolare aggetto. Si pensi alle speculazioni sul Pianeta X identificabile con Nibiru, l’enigmatico corpo celeste della mitologia mesopotamica. L’astronomia e la cultura sumere non catalizzarono l’interesse soltanto del controverso Zecharia Sitchin e dei suoi epigoni, ma anche del cosmologo Sagan.
Carl Edward Sagan (1934-1996), noto soprattutto per aver indagato con zelo il tema della possibile esistenza di civiltà tecnologiche nel cosmo e l’eventualità di comunicare con loro, partecipò a questo fine, con esperimenti e progetti, ai programmi spaziali Mariner, Viking e Voyager. Questi programmi della N.A.S.A. erano volti all’esplorazione dei pianeti e dei satelliti. Sagan studiò anche l’evoluzione(?) della vita sulla Terra fino all’uomo tecnologico. Ispirò pure il film “Contact”, con protagonista l’attrice Jodie Foster. La sceneggiatura della pellicola dipende dall’omonimo romanzo scritto dal cosmologo.
Sagan era un uomo che sapeva assai più di quanto osasse ammettere di fronte alla comunità degli scienziati(?) ed all’opinione pubblica. Negli anni ’70 del XX secolo, lo studioso predispose per la sonda Pioneer 10 un messaggio destinato a civiltà stellari. La comunicazione comprendeva musiche di un complesso mariachi ed auguri scritti in sumero, per illustrare a nazioni extraterrestri i caratteri precipui della vita sul nostro pianeta.
Infatti, reputando che anche altre civiltà stessero compiendo le stesse ricerche, ebbe l'idea di collocare sulla Pioneer 10, attualmente ancora in viaggio fuori dal sistema solare verso la stella Proxima Centauri, una targa d'oro con incisi i simboli della Terra, dell'uomo e della donna, del D.N.A. ed altre informazioni sul nostro pianeta, affinché un giorno qualche intelligenza aliena potesse scoprire da dove proveniva la sonda.
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