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La polemica infinita de “La vita è bella”

Creato il 24 marzo 2015 da Mattiabertaina

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“Difesi il film di Roberto all’epoca in cui uscì, e lo difendo ancora oggi. Benigni ha avuto immenso coraggio a raccontare una storia così delicata. Però ogni tanto rifletto su quello che ho vissuto io visitando i campi di concentramento. C’è un orrore che ti rimane dentro e ti porta a pensare se era il caso di raccontarlo in chiave favolistica“.

Questa è una parte della dichiarazione di Carlo Verdone a “Il Fatto Quotidiano” e le polemiche non sono mancate. Molti, spinti dalla sindrome di Sorrentino (che in soldoni afferma che l’uomo, spinto dalla voglia innata di insultare i pochi italiani che sono riusciti a emergere all’estero) ringraziano Verdone per aver espresso il loro pensiero tenuto dentro dal lontano ’99. Altri invece hanno iniziato, come accade spesso nei social network, a insultarlo pesantemente, puntando più che altro a screditare la persona e i suoi film anziché a costruire un discorso serio (cosa impossibile in 140 caratteri o in un misero commento su Facebook).

La dichiarazione odierna di Verdone è condivisibile. Come lui stesso ha sottolineato, ci sono documentari in grado di offrire forti emozioni mischiate con informazioni utili al pubblico per capire l’evento in questione (in questo caso i campi di concentramento nazisti). Da aggiungere ad esempio il film su Hannah Arendt o il lavoro di Spielberg “Schindler’s List”, dove in modo completamente difforme si raccontano le medesime esperienze di quel periodo (la prima è una scrittrice, l’altro è invece un potente industriale).

Quello che è sbagliato nel ragionamento di Verdone sta nel l’intento stesso del regista Roberto Benigni. L’obiettivo del regista in questo caso non era raccontare la tragedia dei lager, mostrandone la crudeltà e la violenza (ci sono per l’appunto documentari in grado di ovviare a queste mancanze). Al contrario, Benigni, come fa con il proprio figlio, cerca di mettere una maschera agli occhi del pubblico,  nascondendo al pubblico quella  realtà e mostrandoci quel briciolo di speranza che, nonostante la guerra, si trovava insito nei pensieri del protagonista. Poco importa chi è stato a liberare i prigionieri (in realtà sono i russi non gli americani a entrare ad Auschwitz). La genialità di Benigni sta proprio in questo: creare una favola piena di gioia e speranza anche nel periodo più buio della nostra storia. Per questa ragione “La vita è bella” sarà difficile da dimenticare. Su questo non ci sono dubbi.


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