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La politica estera ai tempi del governo tecnico.

Creato il 11 dicembre 2011 da Basil7

di Beniamino Franceschini

da IL CENTRO, dicembre 2011

Tralasciando le dispute sorte con l’avvicendamento tra Berlusconi e Monti, è innegabile che l’Italia abbia profondamente bisogno di un riassetto del proprio sistema. L’emergenza primaria è il risanamento economico del Paese, con la necessità di misure che incentivino la crescita e rimedino alle problematiche del debito pubblico. Tuttavia, c’è un altro fondamentale aspetto strettamente connesso al precedente, ossia la ricostruzione della reputazione internazionale dell’Italia. Tutto il mondo mantiene una stringente attenzione su Roma e Milano, mostrando una pressoché totale sfiducia nella ripresa italiana in breve tempo. Di fatto, all’estero non si crede che l’Italia sia politicamente ed economicamente affidabile: la questione, quindi, è anche internazionale.

Il governo Monti, che ha un mandato sostanzialmente volto al raggiungimento della stabilità finanziaria e produttiva, dovrà affrontare l’arduo compito di convincere l’Europa e gli Stati Uniti della capacità italiana di mantenere concretamente gli impegni. Tutto ciò impone che l’Italia riprenda una posizione decisa in politica estera, riallacciando relazioni consone al Paese e storicamente legittimate. Naturalmente, un governo tecnico non può tracciare linee di international policy: questo è compito dei politici. La presenza agli Esteri di Giulio Terzi di Sant’Agata, diplomatico di lunghissimo corso, sarà fondamentale, però, per ricostruire i rapporti con gli Stati Uniti (dove egli era ambasciatore fino all’incarico di governo), considerando anche che il dialogo con l’Europa appare sin d’ora essere prerogativa di Monti. Washington e Londra ci chiedono il ritorno a una diplomazia lineare, la ripresa dell’asse tipico della storia italiana e il rispetto delle alleanze, evitando, ad esempio, di coltivare un’eccessiva amicizia con la Russia di Putin, i cui piani energetici e militari collidono evidentemente con i progetti statunitensi.

La forma del governo Monti non permetterà di attuare una politica estera nella quale l’Italia spicchi per l’intraprendenza mediterranea tipica degli anni ’80, o per la capacità di mediazione nei conflitti: nonostante la presenza del pacificatore Riccardi, le relazioni internazionali saranno condotte dal corpo diplomatico, cui spetterà la gestione ordinaria delle situazioni in corso (Afghanistan e rivolte arabe, per citarne due), nelle quali, comunque, l’Italia subisce la propria posizione di basso profilo. Tutto ciò nella speranza che non emergano crisi politiche, ossia, per intenderci, sul modello libico.

Beniamino Franceschini
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