La precarietà del filo d’acqua calda

Creato il 05 dicembre 2011 da Pazienteautrice @PazienteAutrice
Una lavoratrice precaria, quando abita lontano dal paese natìo, non può che avere precaria dimora.
Che sia casa o camera in affitto, ciò varia a seconda delle disponibilità economiche. Più spesso si tratta di una camera in un appartamento coabitato da un numero variabile di inquilini, che condividono, più o meno, lo stesso stile di vita, improntato sulla più assoluta mancanza di certezze che abbraccia ogni ambito della vita quotidiana, e che a volte si trasferisce misteriosamente, come per osmosi, agli oggetti che ne fanno parte.
L’intonaco del soffitto della miacamera in affitto, per esempio, ha sicuramente assorbito la instabilità della mia situazione ed è diventato incerto anch’esso, essendo da due anni, infatti,sospeso penzoloni a pochi palmi dal mio naso, indeciso se collidere a terra orestare aggrappato ad un ultimo, tenace millimetro quadrato di speranza. Questosentimento d’indecisione perenne accomuna l’intonaco, poi, ad altri elementifondamentali nella logistica domestica: l’acqua calda che s’infreddolisce aintermittenza, il bottone schizofrenico della lavatrice, che scatta incontinuazione, la tv che dubita se accendersi o meno e la testata semovente del mio letto, grazie alla quale, l’altrogiorno, ho rimediato un decisamente antiestetico bernoccolo.
La botta in testa mi ha fatto riflettere sul livello di comfort delle case in cui ho vissuto negli ultimi anni, notandone la parabola discendente e, soprattutto, i risvolti negativi in termini d’umore.
La precarietà del filo d’acqua calda che scorre dalla doccia, per esempio, non aiuta a lavar via lo stress accumulato in una lunga e faticosa giornata, giornata in cui magari si è lavorato oltre l’orario (ore che - si sa - non verranno mai retribuite), o si è passati per il supermercato lontano da casa distanze siderali (solo per far man bassa dell’offerta della settimana e risparmiare qualche cent), o magari si è rientrati a tarda ora causa  lavoretto extra (ingrato, ma utile per arrivare a fine mese).
In casi come questi, il gettito che esce dalla doccia - gonfio e impetuoso come un torrente in secca - in funesta combinazione con la caldaia/residuato bellico del ‘15-’18 - che funziona a intermittenza e va riaccesa a mano utilizzando un accendigas perché, naturalmente, anche il pulsante d’accensione è fuori uso - pone degna fine alla gradevole giornata appena trascorsa.
Mi viene da sorridere, allora, quando, cercando un’idea-regalo per i miei per questo Natale, trovo un annuncio che, tradotto, suona così: “Sei in crisi per i regali di Natale? Oggi voglio portare tutto il benessere della cromoterapia direttamente a casa tua! Che la tua doccia si tinga di rosso non significa, infatti, che il cattivo di Psycho si sia intrufolato nel tuo bagno. Ho preparato per te un soffione doccia al led che cambierà colore con la temperatura dell'acqua […] Infatti ha tre colori diversi di rilevazione: calda in rosso, tiepida in blu e fredda in verde. […] E buon benessere a tutti!” ...Tre colori di rilevazione dell’acqua...E pensare che a me basterebbe semplicemente avere...l’acqua...
Naturalmente, so che il mio non è un caso isolato.
Qualche giorno fa facevo due chiacchiere con una ragazza che mi raccontava, in maniera entusiastica, come, dopo varie vicissitudini, avesse finalmente trovato una casa “con finestre e tutto”... Ed ho avuto la conferma che le preoccupazioni legate alla precarietà dell’intonaco/dell’acqua calda/del quadro elettrico…sono un problema generalizzato, complice la razza maligna ed infìda dei proprietari-locatori.
Ad ogni modo, ho deciso di regalarmi per Natale il led per il benessere cromoterapico, il primo pezzo attorno al quale, prima o poi, costruirò una casa che di precario e cangiante avrà solo i colori per la termorilevazione dell’acqua della doccia, color rosso-Psycho incluso. E buon benessere e tutti. :)

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