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A dire il vero, i più pessimisti vedono già i primi segnali di rigor mortis.
Lo scontro Letta – Renzi, più volte rimandato è scoppiato. Inevitabile.
Diciamolo subito: Letta ha dimostrato di tenere di più alla sua poltrona, faticosamente conquistata dopo anni di gavetta, che al bene del Paese. Ed in questo non si è distaccato molto dai suoi predecessori. L’aggravante è che il suo Governo era nato come un Governo di emergenza nazionale, un Governo che avrebbe dovuto dare risposte al Paese, poche ma chiarissime e drastiche per provare a dare una svolta. Invece si è messo lì a vivacchiare, ripetendo gli stessi errori di tutti, non affrontando con coraggio scelte che sono inevitabili.
D’altronde il Governo Letta nasce male sin dall’inizio. Un Governo di larghe intesa doveva necessariamente nascere sulla base di patti chiarissimi, con 2-3 priorità fondamentali da portare velocemente in porto e la immediata chiusura della legislatura con ritorno alle urne.
Invece il prode Letta si presenta con un programma vastissimo, con velleità di durare nel tempo. Il furbone spera(va) di poter agganciare il semestre europeo in modo da continuare a traccheggiare aspettando cosa? Aspettando che la ripresa mondiale possa trascinare il Belpaese verso un miglioramento dell’economia minimo, ma che basterebbe a far apparire mister “palle d’acciaio” come quel grande statista che non è.
Svariate volte si è presentato con aria trionfante davanti alla stampa, proclamando annunci di vittorie che nessuno ha neppure percepito. Anzi. Si è percepito chiarissimamente che le palle sono belle moscie. Ed allora il neo segratrio piddino “Renzie” ha cominciato sempre meno timidamente a scoccare i primi colpi. E non ne sono stati necessari molti per far traballare le palline del Premier, anche perchè pian piano, i suoi stessi luogotenenti hanno cominciato ad avviarsi verso il carro del vincitore designato, nella speranza di mantenere piccoli e grandi privilegi.
Toccherà ben presto a Renzi, è scritto. Capiremo a breve la consistenza dei suoi attributi.
Naturalmente il tutto sopra la testa di un Paese allo sbando, dove la disoccupazione aumenta, al di là della menzogne governative (che non tengono conto di chi neppure cerca il lavoro, un numero, questo, in forte ascesa, e fortemente sintomatico), dove i poveri aumentano, dove si allarga sempre più, in maniera inaccettabile e pericolosa, la forbice tra chi sta bene e chi no.
Un Paese che non ha bisogno di una ripresina, ha bisogno di una svolta potente e sistematica, per avere una minima speranza di salvezza. Semmai si possa ancora parlare di speranze nel Paese dei Mastrapasqua.
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